COWT14

Apr. 5th, 2025 08:05 pm
 

Settimana: 5

Missione: M2

Prompt: 05 Three Headed Dragon

Titolo: Ostilità e Gentilezza

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: a fine racconto il meme che lo ha ispirato


Se c’era un periodo che metteva alla prova la pazienza del proprietario e dei ragazzi del Giglio Rosso, quello era il Festival del Pesce Luna. 

Non biasimavano il povero pesce, anzi gli erano inconsciamente grati che, nel suo cerchio di migrazioni, passasse nella baia di Rea Marina solo una volta l’anno, per non più di una settimana. Sfortunatamente, era un pesce che i Seguaci della Luna consideravano sacro. 

I fanatici religiosi scendevano nella città portuale ogni anno, puntuali, solo per cercare di catturare quei poveri animali e portarli alla loro fontana sacra - o qualsiasi cosa fosse quella vasca enorme intorno alla quale era stato costruito il Tempio Calante. Alloggiavano nelle locande di Rea Marina e infestavano il porto. Saturavano le strade dei loro sermoni e delle loro paternali sulla magnificenza della Via della Luna e sul degrado di qualsiasi altro stile di vita. Sfortunatamente, erano più attivi di notte, quando anche il Giglio Rosso era in pieno fermento. 

A detta dei Seguaci, la violenza era un male, il denaro era un male, la bellezza esteriore era un male, l’agiatezza era un male, la non castità era un male. C’erano un sacco di mali in giro.

E se c’era anche una sola cosa su cui Kiro e Yalo erano d’accordo, quella era il fastidio viscerale di essere trattati come ratti fetidi da degli zeloti repressi e ottusi, scheletrici e pallidi come morti.

Nei momenti di pausa tra un cliente e l’altro, non era raro che Kiro uscisse per farsi una passeggiata nei dintorni, o che Yalo bevesse un po’ di tè all'aria aperta, sul balcone, per godere del panorama della città. Nelle ultime notti, però, invece di sollievo trovavano Fratello Risse a infastidirli, proprio all’angolo della strada su cui si trovava il Giglio Rosso.

Fratello Risse li additava come traviati da compatire, figli perduti del peccato, e Kiro gli ringhiava contro, cambiando strada, mentre Yalo gettava dal terrazzo tè ancora caldo, che per sbadataggine sfuggiva dalla sua tazza - e quanto era sbadato, quelle sere. Fratello Risse rispondeva con sermoni più sentiti, a voce più alta, parole più dure. Kiro faceva marcia indietro e cominciava a insultarlo senza riserve. Yalo lanciava anche le tazze insieme al tè.

Nessuno degli altri ragazzi, più maturi, aveva reazioni così accese, ma nessuno negava che i Seguaci della Luna fossero una spina nel sedere. 

E poi c’era Hinni, l’angelico, dolce e pacifico Hinni, che ad ogni “traviato!” Rispondeva con un “buonasera” e “buon lavoro”.

La quarta notte uscì dal Giglio Rosso portando con sé una brocca d’acqua, chiedendo persino se il Seguace fosse assetato, visto il suo tanto parlare.

Kiro era corso da loro fuori di sé dallo sconvolgimento, mentre Yalo per poco non cadeva dal bancone, per quanto si era sporto - e se non cadeva lui, lo avrebbero fatto i suoi occhi, tanto li aveva spalancati. Anche Fratelo Risse si era ammutolito.

“Hinni!” Lo aveva chiamato Kiro, agguantandolo da un gomito, “cosa fai, mio tesoro?” 

Hinni era sembrato genuinamente perplesso dalla domanda. “Offro dell’acqua a Fratello Risse, è qui da molto.”

Fratello Risse che intanto si era scosso e li guardava ora in cagnesco. Kiro contraccambiò con tutto il suo astio.

“Vieni via, Hinni. Torniamo dentro.” Istintivamente, sospinse Hinni dietro di sé, proteggendolo dallo zelota.

Fratello Risse riprese le ingiurie, mentre Kiro si trattenne dal saltargli addosso verbalmente solo perché non avrebbe mai dato priorità a quell’individuo piuttosto che a Hinni.

“Hinni, porta l’acqua quassù! Vieni a bere un po’ di tè!” Arrivò dall’alto, dove Yalo ancora giocava all’equilibrista sul balcone.

Di fronte alla richiesta di entrambi, Hinni non si fece pregare e si lasciò trascinare da Kiro fino alla terrazza, dove Yalo li accolse con modi ben differenti.

Hinni fu fatto sedere tra i cuscini, una tazza piazzata subito in mano e una carezza tra i capelli biondi. Kiro venne fulminato sul posto da un “l’invito non era anche per te” per cui si rifiutò di sentirsi in errore.

I due ragazzi si guardarono, un tiro alla fune immaginario che durava da mesi. Eppure la tensione dovette piegarsi al fatto che, in quel caso, avevano sia un obiettivo che un nemico comune. Potevano seppellire l’ascia di guerra per una notte.

Annuirono e si voltarono verso Hinni.

Fu Kiro il primo a prendere parola. “Mio tesoro, perché continui a essere gentile verso i Seguaci della Luna?” 

Facendo una pausa dal sorseggiare il suo tè, Hinni lo guardo rispecchiando la sua stessa confusione. “Perché non dovrei essere gentile?”

“Perché sono cani bastardi con la rabbia da sopprimere.”

Yalo gli tirò un calcio sul polpaccio, facendolo sobbalzare, e anche Hinni lo guardò con disappunto.

“Sono persone,” disse quest’ultimo.

“Sono cattive persone,” puntualizzò Yalo. Sollevò le mani. “Sì, magari non tutti sono così, e c’è qualcuno di buono, ma la maggior parte è crudele e ci tratta come se fossimo inferiori a loro. Quello qua sotto in particolare. Non ti dà fastidio?”

Hinni prese un altro sorso di tè, gli occhi che sondavano la bevanda scura. “Non ascolto le loro parole. E in passato conoscevo un Seguace, Fratello Miran, che ha creduto in me quando nessuno lo faceva e mi ha dato un’opportunità. Gli devo, se non la vita, almeno il rispetto verso i suoi Fratelli.”

Kiro non si trattenne oltre. “Farsi insultare non è portare rispetto,” disse e si avvicinò per potersi sedere di fianco a Hinni. Prese una mano tra le sue, il sollievo di non vedersi rifiutare fu corroborante. “Se Fratello Miran fosse qui, probabilmente si vergognerebbe di suo Fratello.”

Yalo annuì. 

Hinni strinse la mano di Kiro, concedendogli un sorriso dolce che valeva più di mille “ti capisco”. Però, poi, disse: “Io non giudico la loro fede. Non mi piacciono le parole che dicono, ma mi basta non ascoltarle. Per il resto, Fratello Risse mi ricorda Fratello Miran e la sua gentilezza nei miei confronti, così mi viene naturale essere gentile a mia volta.”

In quel momento, dalla strada, la voce di Fratello Risse si sollevò in commenti davvero poco gentili.

Guardarono tutti e tre di sotto, Yalo con espressione fredda e ostile, Kiro con una smorfia disgustata e Hinni sorridente e persino agitando la mano in un saluto.

“Non so come tu faccia a non ascoltare le sue parole, ma io non ci riesco,” disse Yalo, alzandosi in piedi. “Andiamo a finire il tè nel soggiorno ovest?”

Il soggiorno ovest era dall’altra parte dell’edificio. Nessuno degli altri due trovò nulla da obbiettare.


COWT14

Mar. 11th, 2025 01:41 pm
 

Settimana: 2

Missione: M2

Prompt: 7. Equilibrio

Titolo: Un nuovo gioco

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: /


Il momento più tranquillo al Giglio Rosso era indubbiamente il primo pomeriggio, quando tutti erano ormai svegli e attivi, ma era ancora troppo presto per prepararsi per un’altra sera di lavoro. Sfortunatamente, quelle erano anche le ore più calde della giornata e l’estate torrida non invogliava certo ad uscire. I ragazzi si tenevano occupati come riuscivano al chiuso, decidendo a sorte chi mandare in strada per le commissioni.

Quel particolare giorno, Hinni e Yalo erano tornati dal centro-città con un pacco non richiesto. Hinni lo stringeva al petto sprizzando gioia da tutti i pori, mentre Yalo indossava la solita indifferenza, se non una punta di fastidio.

Attratto dal sorriso di Hinni, Kiro si era avvicinato per chiedere di cosa si trattasse. 

A quanto pareva, il ragazzo era riuscito a farsi vendere a metà prezzo un gioco molto di moda nella capitale in quel momento, che non vedeva l’ora di provare.

“Vuoi giocare con noi, Kiro?”

Ovviamente voleva giocare, se era Hinni a chiederlo.

Così si erano trovati tutti e tre, i ragazzi più giovani del Giglio Rosso, nella camera più fresca delle tre, quella di Yalo - per suo sommo dispiacere. 

“Si può giocare al chiuso?” Aveva chiesto Kiro, guardando Hinni tirar fuori dalla scatola una serie di corde colorate e robuste, simili a quelle usate dai marinai. Ce n’era una quantità sufficiente per fare il giro della stanza due volte. Di certo non era questo che si aspettava.

“Sì, purché ci siano dei buoni appigli.” Hinni batté la mano sulla colonna del letto a baldacchino e, vicino a lui, Yalo fece un verso di protesta.

“Se graffiate qualcosa, lo verniciate di nuovo."

“Come si gioca?” Chiese Kiro, a cui non poteva importare di meno delle condizioni in cui avrebbero ridotto quella stanza.

“Le corde vanno tese per tutta la stanza, in qualsiasi direzione vogliate. Credo che quindici,” girò la testa da una parte all’altra per un paio di volte, “sì, quindici corde vanno bene.”

Diede loro le corde, poi pescò dalla scatola un dado a sei facce. “Uno alla volta, lanciamo il dado e il numero che esce è il numero di corde che dobbiamo riuscire a toccare contemporaneamente. Chi non riesce, perde.”

Sembrava facile. La camera non era poi così grande. Kiro tese una corda dal baldacchino del letto al pesante armadio in un angolo, sotto lo sguardo d’approvazione di Hinni. Poi Yalo appese una corda all’appendiabiti e la lasciò cadere in verticale, rasente muro, lontano da tutto il resto, e capì qual era la vera difficoltà del gioco: gli avversari.

Messe le quindici corde, divenne difficile camminare senza chinarsi ed iniziarono subito il gioco. Kiro e Yalo se la cavarono bene il primo turno, ma Hinni pescò subito un sei. 

Kiro era già pronto a consolarlo, quando questi gli fece letteralmente strabuzzare gli occhi issandosi sopra una corda tesa al centro della stanza. 

L’armadio cigolo un po’, ma non si mosse e Hinni mantenne un perfetto controllo e ed equilibrio, un piede davanti l’altro sulla fune, le braccia allargate a toccare altre corde. Riuscì davvero a toccarne sei, compresa quella su cui camminava. 

Non scese più da lì, giocando da quel momento in poi senza toccare terra. Kiro non riusciva a smettere di guardarlo, era ipnotico. 

“Dove hai imparato?”

“Ho lavorato in un circo, da bambino.”

“Eri un acrobata?”

“No, ero l’assistente del mago,” Hinni gli fece l’occhiolino, “ma gli acrobati avevano un debole per me e mi hanno insegnato qualche trucchetto. Vuoi provare?”

Kiro prese la mano che gli veniva offerta senza pensarci, per poi rendersi conto di dover salire effettivamente sulla corda, e soprattutto rimanerci. Prese lo slancio, tese ogni muscolo del corpo che gli rispose, ma finì comunque per perdere l’equilibrio e cadere dall’altra parte, trascinando con sé Hinni. Avvampò, mormorando scuse.

“Non fa niente, non viene mai al primo colpo. Riproviamo.”
Il gioco dimenticato, passarono la seguente ora così, con Kiro instabile su una corda, Hinni che cercava di reggerlo e Yalo che si godeva lo spettacolo stravaccato sul suo letto. Sentì di essere riuscito a stare in equilibrio, a un certo punto, ma la tentazione di appoggiarsi a Hinni era più forte di qualsiasi senso di gloria. Rimase appoggiato a lui per tutto il tempo.

 

prompt: 79. 


Pelle e pergamena


Una libreria è uno dei tanti piccoli lussi che essere il favorito del Giglio Rosso ha concesso ad Alain. Libreria forse è esagerato, si tratta di mezza dozzina di scaffali di legno in un angolo della camera, ma senza dubbio possiede più libri di qualsiasi altro inquilino dell’edificio - fatta forse eccezione per il contabile. E non li possiede a caso: gli piace leggere.

Compra almeno un paio di libri al mese e altrettanti gli vengono regalati dai clienti abituali che si sono disturbati a conoscerlo. Racconti eroici. Le storie dei grandi Cavalieri di Giada. Una vita alternativa, che può assaporare solo nei sogni e sulle pagine inchiostrate.

È una passione che gli piacerebbe condividere con Maej, sebbene abbia capito da tempo che i libri hanno ben poca attrattiva per il ragazzo, qualsiasi cosa ci sia scritta dentro. Però gli piace ascoltare il suono della sua voce quando legge. Con una buona tazza di thè caldo e dei cuscini belli imbottiti, Alain riesce a convincerlo ad accoccolarsi con lui per un paio d’ore, sul tappeto davanti al camino. 

Legge per Maej, accarezzando pagine e pelle, un sorso di thè ogni tanto, un biscotto e un bacio. Le vite di Myllon il Senza-paura, Tuktar lo Spezza-montagne e Savanna Figlia della Tempesta li cullano verso il sonno. 

Alain non ha idea di cosa sogni Maej, ma spera che le storie alternative di quel ragazzo sconsiderato siano appaganti tanto quanto le sue.





HUECTOBER

Oct. 29th, 2024 09:36 pm
 

29/10
Chiesa del Rame di Ottima Qualità
LISTA VIOLA
6 – Macchie di vino

Lungo la strada

Lori ha ascoltato storie, da bambino, di eroi che trovano la propria strada seguendo le stelle in cielo o l’ombra del sole sulla terra. Seguendo molliche di pane, fili di seta o persino ragni.

Mai sentito di macchie di vino.

Eppure eccolo lì, davanti al corridoio a chiazze – non che si consideri un eroe, lui, e forse le macchie di vino si addicono di più al suo mestiere, in effetti.

Ha visto Alain, quella mattina, portare una cassa di vino di Peralto in camera sua, pimpante come se il legno non pesasse più del cotone. E ha sentito Maej, più tardi, tessere le lodi della perfetta commistione tra vino rosso e formaggio speziato caldo. Un’ora dopo, Lori è stato invitato a un festino improvvisato.

Avrebbe giurato di doversi dirigere verso la camera di Alain, spaziosa e ben fornita. Invece le macchie raccontano un’altra storia, un’altra strada da prendere, giù verso i bagni comuni.

Raccontano anche altro. Lori non ci scommetterebbe, ma è facile immaginare Maej appeso al braccio del loro mentore, lungo il corridoio, solo per il gusto di stuzzicarlo. Alain non avrebbe mai fatto cadere così tanto vino solo per sbadataggine.

Buon per lui: la sua strada è chiara davanti a sé e le macchie di vino lo porteranno dritto verso una piacevole serata.



HUECTOBER

Oct. 20th, 2024 02:29 pm
 

20/10
Chiesa del Rame di Ottima Qualità
LISTA MAGENTA
8 – Estate

Vasca per due

L’estate a Rea Marina è abbastanza calda da scottare la pelle e causare un paio di svenimenti tra le signorine altolocate – e troppo vestite – all’anno. Il mare è un ottimo cuscinetto, ma nelle ore di sole alto è semplicemente troppo penoso stare all’aperto e bisogna cercare refrigerio in casa. Trovarlo, è tutta un’altra faccenda.

Al Giglio Rosso le vasche dei bagni comuni vengono tenute piene durante tutto il giorno, costantemente fornite di nuova acqua fresca dalle cantine. Un vero miraggio, se non fosse che ogni ragazzo del Giglio cerca di accaparrarsi un posto a mollo, spingendo e schiacciando, occupando ogni angolo. Un calderone di corpi che si scalda facilmente e, sebbene la compagnia sia piacevole, Lori ha bisogno dei suoi spazi.

Per questo percorre controcorrente i corridoi fino all’ala delle camere. Per questo, ignora la sua porta e tira dritto fino a quella di Alain. Il suo caro amico Alain, favorito e strapagato, a cui il Padrone ha fatto dono di una camera patronale. Con terrazzo, stufa e bagno privato.

Un bagno modesto, per carità, ma abbastanza capiente da contenere una tinozza in legno massello. Ci si sta comodi anche in due.

Bussa alla porta più forte di quanto si permetterebbe di solito. Alain è nel bagno, come crede, non lo sentirebbe altrimenti.

Dopo mezzo minuto passato a figurarsi l’abbraccio freddo dell’acqua sulla pelle, mitigato dalle carezze soffici di Alain, la porta si spalanca. Per sua sorpresa, sulla soglia non c’è il suo amico, ma il tornado del Giglio Rosso. Maej.

Gocciola da ogni punta, i capelli bagnati spalmati all’indietro sulla testa, un asciugamano striminzito a coprirlo sul pube. È scalzo e c’è giù una pozzanghera intorno ai suoi piedi.

«Oh, grazie alla Dea,» esclama, appena mette a fuoco Lori «sono ore che parlo solo con Alain. Potrei affogarlo prima di cena» e, prima che posso rispondergli, lo afferra per mano e lo tira nella stanza.

Lori lo saluta e si lascia guidare fino al bagno. La mano di Maej è fresca contro la sua, non gli dispiace affatto che non l’abbia ancora lasciata.

Nella vasca, come immaginato, trovano Alain steso nell’acqua, beato con la testa appoggiata al bordo e una ciotola di ciliegie a portata di mano sul tavolino. Il suo saluto è meno frettoloso di quello di Maej.

«Come mai questa visita?»

Maej sbuffa, ancora gocciolante, ancora con la mano nella sua. «Gli mancava la tua compagnia.» La voce gli gronda di sarcasmo, inequivocabile. «Ovvio che è qui per la vasca.»

Lori sente un’ondata di calore, questa volta dall’interno, colorargli le guance. «Non voglio disturbare, se siete impegnati. Non sapevo avessi appuntamento con Maej. Ho solo pensato che… insomma, se non ti dispiace condividere…» Fece un gesto vago verso la vasca, perché sì, sostanzialmente era lì per quella.

«Non disturbi affatto!» È l’esclamazione repentina di Maej. Allo stesso tempo, Alain ripete quel «appuntamento» con lo stesso tono sarcastico usato un secondo prima dal più giovane.

Poi si rivolge a Lori «sai che puoi usare questo bagno quando vuoi, non ti fare problemi.»

Alain si solleva in piedi in tutta la sua nuda, bagnata gloria e nessuno dei due – Maej ammiccante e Lori di sottecchi – ha davvero la modestia di guardare altrove.

«Vi lascio un po’ l’acqua, vado a prendere il giornale dall’ufficio di Gregory.»

Lori cerca di protestare. Nei suoi piani l’ultima cosa che desiderava era scalzare via Alain dai suoi privilegi. Maej invece lo requisisce e lo pungola finché non è nudo e a mollo, tra le sue braccia e con l’orecchio a portata di pettegolezzo.

L’acqua è fantastica sulla pelle accaldata, tiepida ormai, ma profumata alla menta. C’è anche del ghiaccio su un secchio sotto al tavolino e Maej glie ne passa un cubetto su e giù sull’avambraccio, mentre gli racconta dell’ultimo scandalo del re.

In un minuto, Lori è rilassato e fluttuante in quell’angolo di paradiso. Per quando torna Alain, potrebbe perfino star sonnecchiando.




HUECTOBER

Oct. 18th, 2024 10:00 am

18/10
Chiesa del Rame di Ottima Qualità
LISTA MAGENTA
7 – Passione

Senza veli

C’è qualcosa di rassicurante nel venire condotto per mano in un luogo sconosciuto, a prescindere dal contesto o dall’età. Sono ormai tre mesi che Maej si aggrappa alla mano di Alain, mentre questi lo guida tra i sentieri dell’intimità fisica, della passione e della perversione.

Il sesso non è stata una novità. La fiducia lo è stata. C’è una bella differenza tra darsi piacere in fretta nel granaio con un garzone stagionale e prendersi il proprio tempo tra le braccia di un amico, ascoltando i desideri di entrambi. Quando era alla fattoria, non avrebbe permesso a nessuno di metterlo all’angolo. Al Giglio Rosso, paradossalmente, sente che potrebbe mettersi a nudo, scorticarsi ed esporre gli strati più intimi di sé, e ci sarebbero sempre braccia forti a schermarlo dal mondo.

Anche quella sera, come ogni sera, Alain lo conduce in una nuova sala, tenendolo per mano come un bambino. E Maej non ha paura. Lo pervade un brivido di eccitazione e tanta curiosità.

La Sala degli Occhi è riservata a chi è in vena di esibizionismo. Cuscini e stuoie imbottite ricoprono il grande spaio aperto, senza ostacoli per la vista se non qualche tendaggio leggero qua e là. Gli uomini e le donne sono adagiati ovunque, più o meno nudi, più o meno ubriachi, più o meno abbracciati gli uni agli altri, tanto che è difficile capire chi è cliente di chi.

Maej guarda i loro visi deliziati, presi dal piacere, senza un filo d’imbarazzo e ne è impressionato. Sono così esposti, eppure sembra che a nessuno possa importare di meno, lì dentro.

Alain lo guida su un tappeto, con la schiena alla parete, e scaccia ogni mano che ha tentato di afferrarlo. «Questa sera guardiamo soltanto» dice, e Maej sa che è una bugia. Che prima dell’alba, nessuno dei due resisterà al mettersi le mani addosso, specialmente con quello spettacolo davanti agli occhi.

Si chiede se torneranno in camera, o riuscirà a lasciarsi scopare lì, davanti a tutti. Se la passione vincerà il timore. A giudicare da ciò che lo circonda, probabilmente è così.

HUECTOBER

Oct. 16th, 2024 08:33 am

16/10
Chiesa del Rame di Ottima Qualità
LISTA MAGENTA
12 – Sorbetto

La vera ricchezza

Per capire che Alain era uno dei favoriti del Giglio Rosso, bastava mettere piede nella sua camera. Ancora meno, bastava buttare un occhio ai regali che riceveva dai suoi clienti. Gioielli? Banali. Monili? Buoni solo a prendere polvere. No, trovatevi un cliente che vi regali spezie esotiche e dolci freschi da un capo all’altro del mondo.

Quella mattina era arrivato un carico di ghiaccio – ghiaccio, in piena estate, a Rea Marina – a suo nome. E, nella ghiacciaia, semi-freddi, succhi e liquori perfettamente conservati.

Maej non riusciva ad immaginare niente di meglio, ora, che rinfrescarsi la gola riarsa con uno di quei sorbetti tanto invitanti. Invece, doveva accontentarsi di guardare Alain farlo, e con quale gusto.

Il suo mentore era un vero goloso. Geloso degli sfizi culinari di cui gli facevano dono. Assolutamente spietato nello sbatterglielo così in faccia.

«Dammene un po’.»

Maej non aveva acqua da sprecare per l’acquolina in bocca; non di meno sentiva la lingua attorcigliarglisi in bocca pregustando una cucchiaiata di ghiaccio tritato al limone.

Si sporse ancora un po’ su Alain, pelle sudata contro pelle sudata, ma l’altro ragazzo deviò prima il cucchiaino fuori dalla sua portata, poi velocemente nella propria bocca.

Maej lo inseguì fin lì.

Baciare Alain era un’esperienza sensoriale ogni volta, ma ora? Con le labbra aromatizzate al limone e al rum e l’interno della bocca fresco, oh, così fresco… non avrebbe mai voluto smettere. Si fermò solo quando ogni traccia di freddo scomparve.

«Ti prego,» uggiolò un po’, sperando di impietosirlo, «ancora.»

Alain sorrise, pieno di cattive intenzioni. «Vatti a stendere sul letto. Ho voglia di usare te come cucchiaino.»

Oh, non era niente male come idea.

«Solo se me ne lascerai bere un po’.»

HUECTOBER

Oct. 14th, 2024 09:07 am

14/10
Chiesa del Rame di Ottima Qualità
LISTA MAGENTA
9 – Fiocco di nascita

La prima notte

È la notte del debutto di Maej. Il che vuol dire che Maej è un vero disastro.

Oh, il ragazzo ci prova ad apparire sicuro di sé. Tranquillo. Con la situazione sotto controllo. Ma è un ragazzino iperattivo che verrà pagato per la prima volta per fare sesso con un uomo più grande di lui e meno interessato a dargli piacere di quanto non sia vero il contrario. Mesi di insegnamento, mesi di investimenti, un debito pendente che sfiora l’anno di paga di un manovale e la consapevolezza che se non dovesse andare bene, non potrà ripagarlo e finirà per strada.

È un pensiero che logorerebbe chiunque. Figuriamoci il suo dolce, intraprendente, ansioso Maej.

Ecco, Alain odia prendere apprendisti anche per questo: non può fare a meno di affezionarsi a loro, preoccuparsi per loro.

Maej è tra le sue braccia ora, a prendersi un’ultima dose di coccole – ottima per i nervi, prima e dopo del lavoro. I muscoli faticano a rilassarsi, per quanto li strofini. E non riesce a stare fermo o zitto, l’opposto di quando gli si spalma addosso in cerca di affetto.

«Ho un regalo per te.» Ha cercato di distrarlo nelle ultime ore in tutti i modi, ma questo è diverso.

«Un altro?» Maej non sembra troppo interessato, ma la luce nel suo sguardo cambia quando Alain tira fuori da una tasca una chiave.

È in platino, e solo per questo è costata un occhio nella testa. Come contraccolpo, hanno dovuto sacrificare un po’ sull’estetica, ma Maej aveva insistito: la qualità si vede dall’interno. Il manico è molto semplice, senza fronzoli, solo due ali con le piume appena abbozzate. Nessuna pietra incastonata, solo un nastro rosso porpora in cima.

Quest’ultimo è un’aggiunta di Alain, un fiocco simbolico per quel nuovo inizio.

«Ecco, proprio come l’avevi chiesta. Il nastro lo puoi togliere se vuoi, ma qua al Giglio Rosso è quasi una tradizione.»

Non per il colore però. Si cercano sempre colori nuovi, per distinguersi dagli altri. Il rosso porpora è il colore di Alain, della pittura sulla sua chiave, sulle palpebre e sulla veste. Delle cose che gli appartengono.

Maej afferra la chiave con deferenza, la saggia tra le dita, accarezzandone ogni parte. «È perfetta.» Se la stringe al petto, come un’ancora, «e mi piace il rosso.»

Alain lo stringe a sua volta, baciandogli la testa. Per il bene fisico del cliente e di tutti in quel posto, spera che la prima notte vada bene.


HUECTOBER

Oct. 13th, 2024 01:10 pm
 

13/10
Chiesa del Rame di Ottima Qualità
LISTA VIOLA
5 – Lividi

Bracciali

La colazione è in assoluto il pasto preferito di Alain e quello che condivide con più piacere con gli altri ragazzi del Giglio Rosso. Al di là delle prelibatezze che sforna la loro cucina e per cui il Padrone paga fior fior di moneta, è piacevole ascoltare le chiacchiere assonnate e leggere, le risate sommesse, i “buongiorno” accompagnati da un sorriso. Il sole è pacato quanto tutti loro e li accompagna con delicatezza nella nuova giornata. Persino l’aria è fresca e limpida, non ancora appesantita dalla lussuria del luogo.

E poi è divertente ascoltare i pettegolezzi sui clienti della notte prima, appuntarsi le facce insoddisfatte e quelle ancora sognanti.

Ultimamente, la colazione è piacevole anche per le reazioni di Maej, il nuovo apprendista che il Padrone ha deciso di accollargli. Da quando ha iniziato Maej al piacere fisico – un piacere coltivato con cura, in un ambiente controllato, senza forzature – il ragazzino non riesce a contenere l’entusiasmo. Praticamente vibra sulla sedia, ansioso di iniziare la giornata.

Quel giorno non fa eccezione. Maej continua a lanciargli occhiate impazienti da sopra le ciotole di frutta secca. Si sporge sopra la tavola, allunga un braccio per afferrare la caraffa del succo e nel farlo sfiora tutto ciò che di Alain può sfiorare, al suo fianco, senza salirgli direttamente in grembo. Si stiracchia come un gatto e…

Alain gli blocca la mano a poche dita dal manico della caraffa. Con presa ferrea, ma attento a non stringere, gli ruota il polso così da esporre la pelle delicata dell’interno, coperta in parte dalla manica del vestito. Non ha visto male, quando il tessuto si è ritratto: sulla pelle di Maej c’è un bracciale di lividi violacei.

«Questo come te lo sei fatto?»

Maej tenta di riprendersi la mano, inutilmente. Tace.

Un dubbio sorge in Alain e, con un gesto perentorio, fa segno al suo giovane apprendista di porgergli l’altra mano.

Maej tentenna, ma il secondo dopo sbuffa arreso. Lo conosce ormai abbastanza bene da sapere che Alain non si farà problemi a piazzare una scenata lì, davanti a tutti, pur di ottenere ciò che vuole. Attento a rimanere sotto il bordo del tavolo, espone anche l’altro polso. Un altro bracciale viola.

Per un occhio avvezzo, è facile riconoscere la forma di una corda, piuttosto che di altre dita. Grezza; la seta non lascerebbe ma segni così spessi, né il cuoio o la pelle lavorata.

La mente di Alain corre all’impazzata, mentre distrattamente comincia ad accarezzare i polsi offesi. Il responsabile non può essere un cliente, Maej ancora non ne può prendere. Non è neanche opera di Alain, non sarebbe così maldestro da lasciarne. Quello è il risultato di un principiante.

«Ti stai esercitando da solo vero?»

Il viso di Maej rimane impassibile, cesellato e innocente. È il breve tremore delle mani a tradirlo.

Alain sente la rabbia montare. Quando spoglierà Maej più tardi, è probabile che troverà altri sfregi sul suo corpo. «Non ci si esercita a immobilizzarsi da soli, ragazzino.»

Maej scrolla le spalle. «So che non avrei dovuto usare la corda, è che non ho trovato i nastri di seta. I segni spariranno.»

«Non è per i segni, è una questione di sicurezza. Può essere pericoloso.» Alain gli stringe i polsi, abbastanza da vedere l’angolo della bocca piegarsi in una smorfia, per sottolineare il concetto. «Ti sembra di essere già un esperto ma hai ancora molto da imparare.»

«È la pratica che rende perfetti. E tu non puoi passare tutto il tuo tempo con me.»

Abbastanza vero.

«E tu hai anche altro con cui esercitarti, giochi più sicuri. Quando vuoi provare il bondage, mi chiami o vieni da me. Non devo neanche partecipare, se non vuoi, ma sarò presente nel caso ti servisse aiuto. Promettimelo.»

Ci vuole qualche altro rimbrotto, e una mezza minaccia di astinenza, prima che riesca a strappargli effettivamente quella promessa. Maej non saltella più sulla sedia per il resto della colazione, ma ad Alain basta puntare gli occhi sui suoi polsi di tanto in tanto, per sapere che ha preso la decisione giusta.

HUECTOBER

Oct. 11th, 2024 08:51 pm

11/10
Chiesa del Rame di Ottima Qualità
LISTA VIOLA
13 – Sonno profondo

Sogni d’oro, dolcezza

Il sole è tramontato da ore e altrettante ore mancano prima che sorga di nuovo. La notte è così buia da fare un favore alle stelle, che brillano più luminose che mai, imitate ridicolmente dai lampioni in strada. Sono le ore più calme, quando è troppo tardi per gozzovigliare ancora in giro e troppo presto per cominciare a lavorare. Le botteghe sono chiuse. Le taverne sono chiuse. Tutti tornano a collassare a casa propria.

Anche i bordelli chiudono a quest’ora. O meglio, le porte chiudono: chi ha pagato fino all’alba può restare, chi non lo ha fatto se ne deve andare e non si prendono nuovi clienti fino alla sera dell’indomani. I ragazzi del Giglio Rosso possono finalmente cominciare a riposare.

Alain sente l’acqua calda della vasca cullarlo verso il sonno e vorrebbe solo abbandonarcisi. Ha promesso, tuttavia, di passare da Maej prima. Il ragazzo ha avuto i suoi primi clienti stanotte e, a prescindere dalla preparazione, non deve essere stata una passeggiata.

Alain ricorda bene le sensazioni della sua prima notte. Un po’ di compagnia e di affetto spassionati, innocenti, sono ciò che ci vuole ora. Magari insieme a della cioccolata calda.

Con un grugnito esausto si solleva dalla sua culla bagnata. Una volta asciutto e rivestito, fa tappa in cucina prima di dirigersi verso la camera del suo amico.

Entra senza bussare, sicuro di non trovarci altri che Maej ormai.

La stanza è, prevedibilmente, un macello. Maej è disordinato di natura. Per di più quando hai tre clienti di fila non hai davvero tempo di fare molto all’ambiente, se non gettare le lenzuola usate da una parte e far sparire i soldi nel doppio fondo di un cassetto.

Alain riconosce il letto a baldacchino al centro della camera, dove ha giocato con Maej per settimane in vista di quella notte, e il mucchietto di lenzuola ammonticchiato sotto il materasso. Sopra, steso e abbandonato a sé stesso, c’è il suo amico.

Una brutta sensazione si impadronisce di lui. Si avvicina velocemente al letto, cercando di scorgere il suo viso. Con un grado di abitudine sinceramente desolante, la vista corre a catalogare ogni segno fuori posto sul corpo di Maej, cercando sulla pelle scoperta e nei punti dove è più facile trovare delle abrasioni.

Non sembra ci sia niente di più serio di un sano rossore post-sesso.

«Maej?» Chiama dolcemente, chinandosi all’altezza del suo viso.

Con una mano gli scosta delicatamente i ricci da davanti gli occhi, scoprendoli chiusi. Il suo respiro, profondo e costante, arriva a riscaldargli la pelle del polso.

Ad un secondo richiamo, Maej risponde con un leggero russare.

Alain ridacchia e non se la sente proprio di disturbare quel meritato riposo. D'altronde, se il suo pupillo riesce a dormire così pacificamente, il suo animo non deve essere poi così turbato.

Recupera da un cassettone delle coperte pulite con cui avvolgerlo, rassetta un po’ in giro per la stanza e lo lascia con un bacio sulla fronte. Domani gli porterà una bella colazione.

HUECTOBER

Oct. 8th, 2024 09:19 am
 

08/10
Chiesa del Rame di Ottima Qualità
LISTA MAGENTA
1 – Fragola

I piaceri di un mercante

Gilliard McRoy adorava le fragole. Aspettava la primavera solo per quelle – e per le aste dei mercantili da oriente.

Ne era sempre stato ghiotto, fin da bambino, quando osservava con l’acquolina in bocca i campi intorno alla tenuta di famiglia riempirsi di macchie rossicce e invitanti. Gli piacevano con il limone, con la cioccolata o anche senza niente ad accompagnarle. Più di tutto, gli piaceva mangiarle con Lori, meglio ancora direttamente sulla sua pelle.

Il ragazzo conosceva bene questa sua abitudine e ogni cinque giorni, dall’inizio della stagione, si faceva trovare fresco di bagno, senza fronzoli e con una bella ciotola di frutti rossi a portata di mano. Valeva ogni centesimo che gli pagava.

Gilliard lo raggiunse sul letto, spogliandosi e lasciando cadere un capo dopo l’altro sul pavimento, fino ad affondare le ginocchia nel materasso. Lasciò la chiave sul comodino lì accanto, scambiandola per una prima, grossa fragola. Un morso al frutto e un bacio alle labbra morbide di Lori. Era già in paradiso.

«Vuoi parlarmi della tua giornata?» Chiese Lori, appena ebbe la bocca di nuovo libera per piegarla in un sorriso allusivo, «o ci mangiamo prima il dolce?»

Gilliard se lo strinse al petto, cercando una posizione comoda tra i cuscini. «Non c’è fretta, ho tutta la serata libera. E ho appena incassato i profitti della Serena.»

Lori si accoccolò su di lui come un lenzuolo, prendendo una seconda fragola e offrendogliela direttamente dalle dita. «La nave da Porto Volco? Quella che aveva fatto ritardo per una tromba d’aria sulla costa?»

Gilliard sorrise. «Te la ricordi?» Scese a premiarlo con un bacio sulla tempia e un altro sul collo. La fragola successiva gliela depositò nell’incavo della spalla, così che potesse assaporarlo con più devozione, prima di raccontargli dei suoi nuovi successi economici.

HUECTOBER

Oct. 6th, 2024 11:52 am
 

06/10
Chiesa del Rame di Ottima Qualità
LISTA MAGENTA
2 – Alba

Un cliente insolito

C’era un nuovo cliente al Giglio Rosso. O meglio, c’era una faccia nuova che si aggirava nella stanza delle chiavi; che diventasse un cliente era sempre più improbabile ogni minuto che passava, considerando che la nuova faccia era lì dall’inizio della serata.

«È ridicolo» commentò Eris, «è quasi l’alba. Che cosa sta aspettando?»

Aveva saputo della novità dopo il suo primo cliente. Era già quasi mezzanotte. Un piccolo pettegolezzo buttato lì nella sala dei bagni, una chiacchiera come un'altra nei momenti di pausa. A malapena ave

va registrato l’informazione, mentre si sfregava la pelle con l’olio di mandorla.

Ma, ora dopo ora, cliente dopo cliente, la notizia era sempre la stessa, riempiva sempre più bocche e accendeva di curiosità ogni puttana annoiata là dentro: un nuovo cliente, entrato appena il sole era scomparso oltre l’orizzonte, ancora ciondolava nella sala delle chiavi. E non per mancanza di suddette chiavi tra cui scegliere.

Eris non aveva più resistito ed era dovuto scendere per sbirciare tra i tendaggi dell’ingresso, trovandovi già un sacco di ragazze e ragazzi, che come lui avevano ceduto alla curiosità.

Una sola occhiata era bastata a capire perché le guardie, nonostante il temporeggiare del possibile cliente, non lo avessero esortato a scegliere o andarsene. Quel tizio sprizzava soldi da tutti i pori. Vestito con sete pregiate, pochi gioielli ma di qualità, curato nell’aspetto, posato come se avesse tutto il tempo del mondo.

«Magari è indeciso.» La risposta di Daron ricalcò la parola più pronunciata della serata. «Siamo tutti troppo belli.»

Ciel, al suo fianco, fece un verso scettico. «Appunto: di solito il difficile è impedirgli di saltarci addosso appena ci mostriamo disponibili.»

Non era il caso del nuovo cliente. A detta di chi era arrivato prima di Eris, il signore era entrato, si era fatto spiegare come funzionavano le cose al Giglio Rosso da un servitore e si era messo a studiare le chiavi disponibili. Una ad una. Per un’ora.

Poi era passato ai dipinti sulle pareti, concentrandosi su ogni ragazzo e ragazza così intensamente da pensare che volesse vedere gli affreschi arrossire. Successivamente, era tornato al tavolo al centro della sala, con alcune chiavi nel frattempo ricomparse ed altre scomparse.

Si era fatto portare un bicchiere di vino. Era tornato alle pareti. Chiavi. Pareti. Non aveva proferito parola se non per ordinare altro vino.

«Magari è impotente. Forse è venuto solo ad ammirarci da lontano e struggersi per la sua mancanza.»

Eris sbuffò incredulo e non fu l’unico. Lanciò un’occhiata a Mael. Il poveretto diventava catastrofista quando era stanco, ed era chiaramente ora che andasse a dormire.

Diamine, avrebbero dovuto essere tutti a dormire, era quasi l’alba. Solo i clienti abituali e quelli che pagavano più che bene si meritavano quelle ore privilegiate.

Tornò a squadrare il forse-cliente. Era ridicolo. «È ridicolo.» Dove pensava di essere? «Questo non è un parco pubblico.» Quello era il Giglio Rosso. «Se non prende una chiave allora non ha motivo di stare qui.» Qualcuno avrebbe dovuto fare qualcosa.

Scostò il tendaggio e uscì allo scoperto, nel portico interno dell’ingresso. Dalle sue spalle esplose un coro neanche troppo sommesso di sorpresa ed eccitazione, udibile fino a metà sala.

Eris ignorò le puttane annoiate, i servitori allarmati e il buon senso. Era stanco. Voleva dormire, o farsi un’ultima scopata che lo stendesse fino all’ora di pranzo. E non avrebbe potuto fare nessuna delle due cose finché qualche coglione indeciso avesse continuato ad aggirarsi all’ingresso.

Gli arrivò di fronte. «Hai bisogno d’aiuto, dolcezza?»

L’uomo, che lo aveva notato tre passi prima e si era voltato ad aspettarlo, alzò un sopracciglio e, suo malgrado, un angolo della bocca.

Sì, Eris avrebbe potuto essere più fine. Magari qualche ora fa.

Fece cenno con la testa al tavolo accanto a loro.

«Io sono Eris.» Prese la sua chiave – legno scuro, smaltato, con intarsi di ferro battuto – e la spinse sul bordo del tavolo, davanti all’uomo. «Passi la prima volta, ma se questa attesa» e fece un gesto con la mano a circondarli «è una cosa di cui hai bisogno per scopare, dimenticati di me.»

L’angolo della bocca dell’uomo si alzò ancora di più. Aveva un aspetto piacente, ma Eris non era un approfittatore.

«Questo» prese un’altra chiave, la portò in avanti «è Ilya. È un vero micetto: devi stare attento agli artigli ma se sai dove grattare, miagolerà per te per ore.»

Un suono meno ovattato dei precedenti arrivò da dietro i tendaggi.

Eris scelse una terza chiave. «Questa è Jinora. È una vera peperina, non ci si annoia mai con lei.»

Valutò se presentare qualcun altro, ma decise che la sua coscienza era apposto così.

L’uomo lanciò una sola, breve occhiata alle chiavi. Poi si chinò per prendergli una mano – era alto, più di lui.

Sotto lo sguardo stupito di Eris, gli lasciò un bacio sul dorso.

«Piacere di conoscerti, Eris. Mi chiamo Descol e mi piacerebbe intrattenermi con te.»

Eris si trattenne dal fare più di un commento sarcastico, ma il nuovo cliente – Descol si mosse subito verso la porta.

L’uscita.

«Dove stai andando?» Eris era fuori di sé dalla sorpresa. Si chiese se non lo stesse prendendo in giro.

Descol sorrise, un sorriso aperto che non nascondeva la soddisfazione. «È l’alba ormai. Per questa notte sono soddisfatto.»

E, senza un’altra parola, lo lasciò lì più confuso che mai.

HUECTOBER

Oct. 4th, 2024 01:47 pm
 

04/10
Chiesa del Rame di Ottima Qualità
LISTA MAGENTA
6 – Rossetto

La Prima Volta

Lori superò l’ingresso del Giglio Rosso sperando fosse evidente la sua fretta. A quell’ora del giorno non c’era pericolo di incontrare potenziali nuovi clienti, ma la servitù e le guardie all’ingresso erano già a lavoro e non avrebbe negato loro un saluto o due parole gentili, se lo avessero fermato. Solo, sperava non lo facessero.

Non vedeva l’ora di essere in camera per provare il suo nuovo acquisto.

Si era deciso, finalmente, a fare quel passo. All’emporio aveva trascorso a malapena cinque minuti: aveva già scelto cosa comprare mesi prima, rallentando davanti alle vetrine ogni volta che passava in quella via, senza mai il coraggio d’entrare. Fino a quella mattina.

Il commerciante aveva degnato di attenzione più i suoi soldi che Lori stesso, ma a lui non importava purché gli consegnasse il sacchetto tanto agognato.

Lo strinse ancora nella mano, saggiando per l’ennesima volta la forma del suo contenuto, ancora e ancora mentre scompariva oltre i tendaggi all’ingresso. Salì le scale e percorse corridoi, ma non avrebbe saputo dire in che ordine. I piedi lo portarono presto dentro camera sua.

Le finestre erano spalancate e le lenzuola del letto abbastanza tirate da fargli credere che fossero state rifatte da poco. L’odore fresco di sapone per pavimenti e fiori di pesco contribuì a renderlo sereno.

Con un bel respiro profondo, Lori si avvicinò con calma alla toeletta, accomodandosi. Le dita gli prudevano, tanta era la voglia di scartare il piccolo regalo che si era concesso.

Aprì il sacchetto e ne tirò fuori con delicatezza prima il pennello, poi la scatolina in terracotta smaltata. Prese quest’ultima in mano e fece scivolare via il coperchio, esponendone il contenuto all’aria.

Rosso, intenso. Un punto incredibilmente acceso nella sua camera dai colori pastello, ammorbiditi dalla luce delicata del mattino. Un contrasto che non vedeva l’ora di sperimentare sulla sua pelle pallida.

Prese il pennello, intingendone la punta. La crema era più densa di qualsiasi sua altra, ma non abbastanza da lasciare grumi tra le setole.

Lori si leccò le labbra. Poi, pentito, se le asciugò sul dorso delle labbra. Con gli occhi incollati al riflesso sullo specchio, portò il pennello alla bocca. Ne dipinse i contorni, preciso, prendendosi il suo tempo. Prima il labbro inferiore, poi, dopo un momento di ammirazione, quello superiore.

Aveva scelto una sfumatura corallo, che gli ricordasse le bellissime collane che portava sua madre. Risaltava sul viso come il livido di uno schiaffo, ma infinitesimamente più piacevole.

Rimase ad ammirarsi per abbastanza tempo da vergognarsene, più tardi. Si sfiorava con le dita la pelle, voltava il viso da più angolazioni, provava più sorrisi. Trovava effettivamente difficile smettere di sorridere.


COWT13

Mar. 22nd, 2023 07:17 pm
Settimana: 5
Missione:
 M3
Prompt:
 04. La U: due persone hanno una relazione, ciascuno dei due ha una relazione anche con un'altra persona
Fandom: Originale
Rating: T
Warning: prostituzione
Note: /


Oro e pomice

Daron si ripresentò davanti alla porta della camera di Ciel dieci minuti dopo averla chiusa alle proprie spalle, imbarazzato. L’altro ragazzo Ne fu comprensibilmente sorpreso.

“Ho dimenticato la mia chiave qui.” Disse e indicò la scrivania dove era quasi certo di averla lasciata.

Se ne era reso conto quando aveva incrociato Enma lungo il corridoio, che scendeva con la propria in mano per andare a lasciarla all’ingresso.

E infatti eccola lì, tra un tagliacarte e una pila di manoscritti, luccicante alla luce del sole morente. La prese in mano. I dentelli arrotondati si erano fatti familiari nella sua presa, così come la consistenza levigata della pomice. Si rispecchiava molto in quella pietra piena di venatura e sfumature grigio cenere. Meno affilata dell’argento, più soffice del ferro, ma con lo stesso nucleo resiliente. 

Aggiustò gli occhielli del fiocchetto e si assicurò che tutti i lacci con le perline tenessero bene i loro nodi. Magari prima di scendere sarebbe passato in camera propria per aggiungere una spruzzata di profumo, non ne era rimasta che una debole traccia, per lo più di agrumi freschi. Meditava da qualche giorno di aggiungere anche un pizzico di olio d’argan, come quello che usava per i capelli. Ciel lo adorava e credeva che anche ai clienti sarebbe piaciuto.

Le braccia di lui lo avvolsero da dietro e il viso andò ad immergersi tra i ricci sulla sua nuca, lì dove il calore rendeva il profumo più forte. Un’ombra di un bacio vorace, lo sfiorare di denti che prometteva di divorarlo. 

“Pensavo fossi tornato per il bis.”

Le mani avevano preso a muoversi indolenti sul suo corpo, carezze leggere che però sapevano dove toccarlo, dove gli piaceva di più. La sorpresa era sparita velocemente, sostituita da una fame palpabile.

“Mi piacerebbe” Daron si appoggiò al petto che lo sorreggeva, debole alle sue lusinghe, “ma sono quasi certo che questa sera Nikolai verrà a trovarmi. Che cosa dovrei dirgli, se non riuscirò neanche a camminare dritto?”

La chiave gli venne sottratta dalle mani. Con un abile gioco di mano, Ciel la sostituì con la sua. 

Era l’unica d’oro tra tutte. Nessun altro usava quel materiale, e non solo per il suo costo. L’oro fissava uno standard di per sé, sbatteva in faccia ai modesti la sua irraggiungibilità e ricordava ai più ricchi che maneggiavano un tesoro elitario, non alla portata di tutti. Ci voleva una certa sicurezza, tutt’altro che frivola, per ammantarsi del metallo dei re. 

E Ciel quella sicurezza ce l’aveva. Lo dichiarava apertamente ogni volta che posava la chiave giù all’ingresso, spessa e pesante tra tanti monili fini ed eleganti. La sua era semplice, senza fronzoli non necessari. Senza nastri. Senza pietre preziose. Intarsiata con un motivo di uccelli ad ali spiegate e tanto bastava ad attirare lo sguardo.

Daron adorava sentire quei motivi sotto i polpastrelli, accarezzarli finché non spiccavano il volo.

“Come se dovessi camminare molto.” Disse Ciel, e non aveva tutti i torti. “E poi potresti dirgli semplicemente la verità, quella che io direi a Alicent: che sei stato con me.”

Non era così semplice, e lo sapeva. “Nikolai e Alicent sono molto comprensivi, ma sono comunque clienti. Un conto è sapere che ci frequentiamo e lasciarci le stesse serate libere, un conto e sbatterglielo in faccia ad ogni occasione. Non possiamo rischiare di indispettirli.”

Trovò la forza di staccarsi dal suo abbraccio. La chiave d’oro rimase nella sua mano, l’altra la porto alla sua guancia per lasciarvi un buffetto di scuse.

Ciel sospirò come se stesse scendendo a patti con la più amara delle concessioni. Non era serio - non riusciva a nascondere davvero il sorriso - ma gli fece comunque provare voglia di tornare nel suo abbraccio.

“D’accordo. Ma, per la cronaca, avrei tanto voluto quel bis.” Disse.

Non gli restituì la chiave e Daron non la chiese indietro. Lo seguì fuori dalla porta e insieme si diressero al piano inferiore, unendosi alla fiumana di ragazzi e ragazze che si rendevano disponibili per la serata. una volta arrivati nell’ingresso affrescato, lasciarono ognuno la chiave dell’altro sul tavolo al centro e rimasero a ciondolare per qualche momento, ognuno immerso nei propri pensieri.

Fu istintivo per Daron cercare il compagno sulla parete. Lo avevano dipinto sulla parete al lato sud, supino come se si fosse appena svegliato. Ariel, una delle ragazze, aveva una mano distrattamente appoggiata sulla sua spalla e il suo vestito di intangibile chiffon si allungava fino a coprire anche la nudità di Ciel. I suoi occhi trapassavano la parete e la seconda dimensione. Ricordava quanto l’artista avesse faticato a trovare i pigmenti giusti per replicare quel miscuglio di colori nocciola, verde e ambra.

Alicent aveva detto “Dì al pittore di lasciar perdere, solo Madre Natura è capace di realizzare tali bellezze.” 

Daron tendeva a concordare con lei, quando si parlava di Ciel.

“Lei verrà questa notte?” Chiese, strappandolo dalla contemplazione del nuovo vestito di Kaya.

“Probabile, se non la tratterrano in tribunale.”

“Falle i miei saluti.”

Ciel annuì e gli fece segno di incamminarsi. Mancava poco al primo rintocco della sera. Era ora di prepararsi a dovere. Di farsi belli quanto le loro chiavi.


CPWT13

Mar. 22nd, 2023 07:16 pm
Settimana: 5
Missione:
 M3
Prompt:
 03. La freccia: una persona ha una relazione con altre tre, che però non hanno una relazione tra loro
Fandom: Originale
Rating: T
Warning: prostituzione
Note: /


Il Lord, Il Messere e il Ragioniere

Lord Bering lo lasciò sui gradini del Giglio Rosso, con un bacio dolce come il miele e la promessa di rivedersi quella sera.

Enma si sciolse più che mai tra le sue braccia. Felice per la colazione nella migliore pasticceria della città, e ancora di più per tutti gli altri regali che gli appesantivano la borsa. Da quando il suo lord aveva ricevuto la nomina di tenutario della riserva di caccia del re, non faceva che riempirlo di regali e attenzioni. Non gli lasciava quasi più tempo per gli altri suoi clienti; cosa non necessariamente un male considerando che lo pagava più di quanto avrebbe guadagnato in una normale sera a palazzo. 

Sorridendo e sbatacchiando la borsa per il solo gusto di sentirla risuonare metallo contro metallo, entrò. Puntò dritto al secondo piano, verso gli uffici.

Era raro trovare qualcuno gironzolare in quei corridoi. I contabili non vivevano nel Giglio Rosso, arrivavano la mattina e se ne andavano la sera. Per il resto del tempo rimanevano per lo più seduti alle loro scrivanie, scartabellando numeri su numeri. Non avevano affari da sbrigare ai piani bassi. 

Enma era uno dei pochi ad avere un motivo per avventurarsi lassù, oltre quello mensile di versare la propria quota di vitto e alloggio. 

Come d’abitudine, superò una porta dopo l’altra fino alla penultima sul lato ovest. Entrò senza bussare. Schivò l’attaccapanni e il cesto per la carta straccia che sapeva trovarsi sulla strada per la scrivania e con un saltello si mise a sedere sul ripiano della scrivania.

“Ho la quota del mese, in anticipo” disse al contabile stupito che aveva davanti. E, incapace di contenere l’entusiasmo, si chinò a baciare anche lui.

Soffocò lo squittio di Rey sulle sue labbra e fu irremovibile finché non lo sentì partecipe.

“Pensavo che fossi già apposto questo mese?” Disse Rey, non appena tornò ad avere la bocca libera di parlare. 

Gli occhiali tondi gli erano scivolati sul naso e li spinse su con un dito, per poi cercare di sfilare alcuni fascicoli da sotto il suo sedere.

“Uhm?” 

Enma si portò a cavalcioni su di lui e, senza badare troppo alle sue parole, tirò fuori dalla borsa l’ultimo regalo di Lord Bering, per mostrarglielo. 

La sola confezione in madreperla valeva duecento archi, l’anello al suo interno almeno il triplo. “C’è da portarla al cambia-valori e togliere una parte per il servizio, ma dovrebbero comunque rimanermi più di settecentocinquanta archi.” La porse a Rey. “Te ne occupi tu? Per me?”

Rey puntò lo sguardo sull’oggetto e annuì distrattamente, ormai del tutto assorbito nella sua valutazione. Poteva immaginare gli ingranaggi in quel suo splendido cervello da matematico processare a più non posso, soppesando la qualità dei materiali, le oscillazioni del mercato, domanda e offerta. Non resistette nel rubargli un altro bacio, e uno ancora, e ancora.

“É stato il lord di Chiaravalle a regalartelo?”

Enma assentì. 

“È molto generoso”

Assentì di nuovo.

“È un bene, suppongo”

Enma sorrise affondato nel suo collo. Era così raro sorprendere Rey geloso, comprensivo di natura com’era. 

“Passerò dal cambia-valori domani. Comunque ero sincero prima, credo che il tuo conto sia apposto.”

Tirò indietro la testa per guardarlo storto, le sopracciglia aggrottate. “Non può essere. Tre giorni fa mi mancavano ancora mezzo migliaio di archi.”

Rey lo fece scendere dal suo grembo e si alzò dalla postazione alla scrivania. Dall’armadio a muro aprì un cassetto e scorse i fascicoli fino a trovarne uno in particolare. La aprì, assorto. Tornato a sedere, riprese Enma su di sé e gli indicò una riga del registro in particolare. 

“13 Vesprino, un versamento di seicento archi. Conto del mese saldato e sei in credito per il prossimo di sedici archi e tre falci.”

“Deve esserci un errore, ieri non sono neanche passato da te.”

“No, infatti il versamento è a nome di Ottavio Floras” Rey fece spallucce “Mi ha fatto portare l’acconto da un servo.”

Lo disse come se non ci fosse niente di strano.

Enma lo guardò come se fosse fosse diventato scemo tutto d’un botto.

“Ottaviano ti ha dato seicento archi per saldare il mio debito?”

“Sì? Era il pagamento per la notte scorsa, no? So che è venuto a trovarti. E lui sa che noi due…” Rey indicò entrambi, sempre più a disagio “che mi occupo io dei tuoi conti.”

Solo che messer Ottavio lo aveva già pagato, subito prima di augurargli la buonanotte e imboccare l’uscita del Giglio Rosso.

“Va tutto bene?”

“...Sì. Sì, meglio così” Enma scosse quei pensieri fuori dalla testa. Di un cliente generoso non si sarebbe mai lamentato. E in quel periodo sembrava che la fortuna lo avesse preso proprio in simpatia. 

Aveva il suo Lord Bering, e il suo messer Ottavio. E aveva anche Rey. Non poteva chiedere di più.

Tornò a stringersi al suo collo. “Fai una pausa” pretese. 

“Ho i bilanci dell’ultimo trimestre da…”

Lo zittì con un bacio, poi scosse la testa, sorridendo. “Riprova”

Un sospiro “Enma…”

Un altro bacio. “Fai una pausa.”

E Rey lasciò perdere i registri.


COWT13

Mar. 22nd, 2023 07:14 pm
Settimana: 5
Missione:
 M3
Prompt:
 03. La freccia: una persona ha una relazione con altre tre, che però non hanno una relazione tra loro
Fandom: Originale
Rating: T
Warning: prostituzione
Note: /


Tre Farfalle per un Giglio

I ritmi di Rea Marina erano scanditi per lo più dal mare, così come avrebbe dovuto essere per ogni città portuale. Il Giglio Rosso non faceva eccezione. Se il mare era agitato, il vento troppo forte e il cielo minacciava tempesta, poche navi avrebbero rischiato un attracco. I ragazzi e le ragazze del palazzo, dunque, potevano aspettarsi poco via vai quella sera, e occuparsi di altre faccende. Con le acque calme e il vento a favore, invece, c’era poco da fare se non tirarsi a lucido e bere un po’ di tisana rinvigorente, in attesa del calar del sole. 

Durante le settimane di inizio estate, poi, il tratto di mare che bagnava Rea Marina si riempiva di salmoni giganti, in piena migrazione verso correnti più fredde. Era pesca grossa. Insieme a loro migravano anche un bel po’ di pescherecci e mercantili, che li seguivano per tutta la costa fino all’estremo nord.

Il Giglio Rosso era pieno come in poche altre occasioni in quei giorni. Nessuno si prendeva una serata libera, o si dava malato. Con un pizzico di fortuna, tre settimane di lavoro avrebbero fruttato quanto tre mesi invernali. 

Ci fu solo un anno in cui questa tradizione venne interrotta. Un anno in cui i più ricchi e rinomati capitani della marina, mercanti e cuochi di pesce si presentarono al Giglio Rosso per scoprire che un’intera ala era chiusa al pubblico, solo metà dei ragazzi era disponibile ogni sera e che le tre punte di diamante del palazzo sarebbero state fuori dai giochi fino a data indefinita. 

“Perché mai?” Chiedevano, oltraggiati. Quella non era l’accoglienza che si aspettavano, la notorietà per cui avevano deciso di dilapidare patrimoni. Ma ogni ogni cliente dovette scendere a patti con il fatto che nessuno di loro avrebbe surclassato il padrone del palazzo.

Il Giglio Rosso, quello vero, il tenutario in carne e ossa stava tornando a casa, dopo un anno passato alla corte del re. 

Il palazzo era in fermento. I servitori correvano qua e là a sistemare il sistemabile. I contabili, con le mani tra i capelli, le tentavano tutte per far quadrare i conti, con il tempo ormai agli sgoccioli. E ragazzi e le ragazze del piacere spettegolavano eccitati, si assicuravano di essere in regola con i pagamenti e scommettevano su chi dei tre favoriti sarebbe ripartito per la corte il mese successivo.

Il padrone non aveva mai toccato nessun altro che non fosse Alain, Kaya o Jinora. 

Alain girava per i corridoi sventolando le sue lettere vergate di inchiostro rosso, tanto intime e care, come fossero la prova di una vittoria a tavolino. E quando non le sventolava, le teneva serrate nel pugno come un’ancora; le stropicciava e tentava di lisciarle, e le serrava di nuovo tra le dita. Quando i nuovi arrivati gli chiedevano di parlargli di quel padrone misterioso e di cui avevano solo sentito parlare, si gonfiava tutto e sviscerava ogni pregio che gli venisse in mente, ma mai come fossero finiti a letto insieme. O come lo avesse conquistato. 

Il Giglio Rosso lo aveva trovato battere sulla strada, gli aveva offerto una torta e si era beccato un pugno in un occhio quando aveva suggerito di chiamare uno dei più piccoli perché si unisse a loro. Invece di maledirlo, era scoppiato a ridere. E Alain si era ritrovato con un tetto sopra la testa, uno sgabuzzino da chiamare suo e un datore di lavoro decente, per una volta. Non se n’era più andato.

Jinora aveva svaligiato tutte le mercerie e profumerie della città, e cambiava mise come fossero fazzoletti per il naso. Sembrava la più in apprensione, sebbene negasse con forza appena glielo si facesse notare. Non aveva niente di cui preoccuparsi, diceva, perché il padrone l’aveva vista nel suo momento più buio e aveva comunque riconosciuto la sua immensa bellezza, e l’aveva voluta.

Il Giglio Rosso l’aveva strappata ad un amante tossico e abusivo, rimessa in piedi e mostrato una via quando la vita sembrava così vuota, incolore e senza senso. Ora era la donna più bella e adorata di Rea Marina. Non c’era proprio paragone.

Kaya si era rinchiusa nella sua stanza, in cerca della pace interiore o di chissà cos'altro. Si faceva portare i pasti, andava in bagno alle due di notte e a mezzogiorno, quando erano praticamente deserti. Le teorie fioccavano. Alain diceva che aveva avuto un esaurimento nervoso. Jinora, che un cliente l’avesse messa incinta nel momento peggiore.

Fu solo la fatidica sera che uscì finalmente dalla camera e si presentò con tutti gli altri all’ingresso. Non era incinta. Non sembrava neanche appena ripresa da un crollo di nervi. Era posata e splendida come sempre, i riccioli scuri acconciati in una cascata punteggiata di perle e truccata e vestita con i colori della luna, una dea incarnata.

Le ruote scricchiolarono sulle pietre, accompagnate dallo scalpiccio di zoccoli. La carrozza era arrivata. Il silenzio calò a fatica nel salottino, troppe persone, troppa eccitazione trattenuta a fatica.

Le tre punte di diamante si impettirono come corde di violino. Il Giglio Rosso era arrivato.


COWT13

Mar. 22nd, 2023 07:09 pm
Settimana: 5
Missione:
 M3
Prompt:
 01. La V: una persona ha una relazione con altre due, che però non hanno una relazione tra loro
Fandom: Originale
Rating: T
Warning: prostituzione
Note: /


Straordinari

Che un cliente chiamasse Ilya subito prima dell’alba era insolito. Quella era l’ora degli ubriachi che barcollavano verso casa, dei pescatori che spingevano con fatica in propri pescherecci verso l’acqua, degli adulteri che tornavano a casa dai propri consorti e si illudevano di essere i più furbi del mondo. Tutta gente che veniva zelantemente tenuta lontana dal Giglio Rosso - o che ne usciva, non certo entrava, a quell’ora.

Dopo quattro anni di esperienza come ragazzo di piacere - puttana ringhiava la voce di suo padre, e lui gli sventolava davanti alla faccia smunta i guadagni della settimana - gli venivano in mente solo due motivi per quella chiamata. Il primo era un cliente insoddisfatto da un altro ragazzo o ragazza, che non voleva dare la notte per vinta alla delusione. Difficile, dato il livello del servizio al Giglio Rosso, ma poteva capitare. Meglio per lui che era stato scelto. 

Il secondo motivo era un cliente soddisfatto che ne voleva ancora, così tanto da non poter aspettare un altro giorno, ma il suo favorito evidentemente non ce la faceva più. Ancora più raro. Pericoloso, perché la paga era troppo buona per permettere alla sola stanchezza di ostacolarti.

La consapevolezza di poter rifiutare qualsiasi cliente troppo violento o sadico era l’unica condizione che spingeva Ilya lungo il corridoio del palazzo, verso la proprio camera, dove quel mistero lo attendeva. Aveva dovuto lavarsi, dopo aver finito con i propri impegni della serata, e se l’era presa anche comoda. Il servitore con la sua chiave in mano, assonnato quanto lui, lo aveva sorpreso a crogiolarsi nella vasca comune. 

Ilya si era beccato le occhiate sorprese di tutti, e i le pacche di compassione: dopo il bagno la maggior parte dei ragazzi sarebbe andata a dormire. Solo a lui toccava del lavoro extra quella notte.

Dei, sperava davvero di non dover avere a che fare con un maniaco. Era troppo stanco, voleva solo fare il minimo indispensabile per poi lasciarsi andare al sonno. Il lato positivo era che era già rilassato e preparato dalle ore precedenti, poteva dare al cliente quello che voleva, in modo immediato e travolgente, e chiudere la notte con un altro successo e, magari, un nuovo abituale.

Si fermò davanti alla porta della sua camera, lasciata socchiusa. Con le dita ravvivò i capelli e cercò di darsi colore alle guance con leggeri schiaffetti. Il trucco della serata era finito nello scarico insieme all’acqua sporca e non poteva rifarlo perché le ciprie e le matite erano nella stanza. Di indossare i vestiti pregni dell’odore di sesso e di un altro uomo non se ne parlava proprio, così aveva dovuto accontentarsi di un asciugamano di lino. 

Guardò giù. Bianco sporco, informe, nemmeno troppo morbido. Cancellava la curva invitante della schiena e le fossette dei fianchi, nascondeva il petto perlato di gocce d’acqua. Lo fece scivolare a terra senza un ulteriore ripensamento. 

Entrò nella camera, nudo e sicuro. Prima ancora di vederlo, sapeva che il cliente sarebbe stato sul letto. Lo aspettavano tutti lì, tronfi sul materasso di piume rialzato, con ogni mobile e decoro che puntava in quella direzione, esattamente al centro della stanza. Oh, come si sentivano potenti nel fulcro di quel piccolo mondo di lussuria. Camminò senza guardare fino alla scrivania che usava anche per la toeletta e accese un incenso. Di spalle, con le gocce che dai capelli gli scivolavano giù per la schiena e il fumo che lo accarezzava, sapeva benissimo che impressione dava: toglieva…

“Togli il fiato come al solito, splendore.”

La voce, proveniente dalla sua sinistra, lo fece saltare mezzo metro più in là, contro lo spigolo del mobile. Gli salirono le lacrime agli occhi, mentre correva a premere con una mano il punto contuso. 

La voce ridacchiò.

Stupidamente, la prima cosa che Ilya guardò, appena fu in grado di riaprire gli occhi, fu il letto. Vuoto, ovviamente. Il capitano Morgan Delkirk lo conosceva meglio di così.

Si era accomodato sulla panca sotto lo specchio, al lato della porta, scansando gli acquisti settimanali fatti in città e che puntualmente Ilya si dimenticava di mettere in ordine. Era altrettanto nudo e non c’era traccia dei suoi vestiti. 

L’uomo più grande si fece ammirare prima di avvicinarsi, con la soddisfatta indolenza che, più tardi a mente fredda, avrebbe riconosciuto familiare. Non avrebbe mai potuto lavorare al Giglio Rosso, ma aveva la bellezza del mare agitato che si abbatte sugli scogli. Ruvido, flagellato dal sole, pieno di cicatrici e di storia e di avventure. Forte per necessità, non per fascino. Un eroe di imprese. 

“Ti sei fatto male?” Non si lasciò sfuggire l’occasione di accarezzargli a propria volta il fianco. “Mi dispiace.”

La mente di Ilya corse a mille per collegare gli ultimi pezzi, si inceppò e riscrisse completamente quella che sarebbe stata il resto della sua nottata. 

“E io che ho rinunciato alla tunica di seta ricamata, perché avevo paura che ci avresti trovato l’odore di un altro uomo” lo salutò così.

Sapeva invece quale odore avrebbe trovato addosso a lui. Non poteva essere sbarcato a quell’ora. Maej, era stato prima da Maej. 

Cercò dentro di sé quella punta di gelosia, ma non la trovò. Da quando aveva smesso di provare fastidio? Forse nemmeno lui era così tanto ipocrita. O forse capiva cosa trovasse il suo capitano di tanto affascinante in Maej.

Si lasciò accarezzare, dunque, e baciare gli occhi con delicatezza.

“Sei più bello così” Morgan spostò la mano lungo tutto il suo petto nudo, fino ad afferrargli la nuca. Pretese un bacio appassionato e Ilya fu più che felice di concederglielo. 

Gli strinse le braccia intorno al collo e per i successivi due minuti lenì il dolore così. Quando si staccò, non c’era neanche più la stanchezza dovuta all’alba che lo coglieva insonne. Solo tanta voglia di ricominciare.


COWT13

Mar. 22nd, 2023 07:06 pm
Settimana: 5
Missione:
 M3
Prompt:
 01. La V: una persona ha una relazione con altre due, che però non hanno una relazione tra loro
Fandom: Originale
Rating: T
Warning: prostituzione
Note: /

Le chiavi del Giglio Rosso

C’erano tre cose che, a parere di Morgan Delkirk, non dovevano mancare in una città portuale: un porto abbastanza grande da entrarci comodamente, buone locande dove sostituire la puzza di pesce con quella di birra scura e cacciagione arrosto, e gambe compiacenti in mezzo alle quali affondare con piacere. Rea Marina, discreto incrocio commerciale sul confine, era discretamente fornita delle prime due e insuperabile sulla terza. 

Magari i pellegrini di passaggio o i contadinotti di periferia non lo sapevano, ma l’attrazione principale della città, il Giglio Rosso, era la miglior casa di piacere di tutta la costa, se non del Mar Mesto tutto. Era il motivo per cui i nobili decidevano di piazzare le loro case di villeggiatura lì, piuttosto che altrove. Il motivo per cui nessun capitano di mare, pirata o corsaro o cacciatore di tesori che fosse, avrebbe mai dato noie alla città. Morgan si sarebbe erto a suo protettore, piuttosto, per preservarne le virtù.

Come tutte le volte che si apprestava a prendere il largo per mesi, prima aveva deciso di fare tappa a Rea Marina, così da portare dolci ricordi con sé lungo il suo viaggio. Il Giglio Rosso non l’aveva mai deluso.

Nonostante ormai si definisse un cliente abituale, all’ingresso le guardie lo squadravano ancora con piglio critico e mani alla cintura armata. La clientela si faceva più selezionata ogni anno che passava. I suoi uomini non avevano più speranze di entrare, ma Morgan Delkirk poteva vantare dita piene di gioielli e saccocce ancora più piene. 

“Ordunque, buonasera signori. Questa sera non si bada a spese.” Recuperò un paio di monete d’oro dalle tasche e le lanciò ai due omaccioni. “Ho un paio di fiorellini che mi aspettano dentro e tanta fame del loro nettare.”

Li lasciò a mordere il loro oro, superando le colonne screziate senza alcun ammonimento. 

All’interno, quello che ormai era un vero e proprio palazzo si apriva con un ingresso ovale, spoglio di suppellettili ma ricco di affreschi sulle pareti. Affreschi dei ragazzi e delle ragazze che lavoravano per il Giglio. Bellissimi, sinuosi e irraggiungibili. Niente di troppo dichiarato o lussurioso, ma abbastanza per catturare l’occhio e accendere la curiosità negli animi. Quel salottino era un assaggio delle pietanze della città, pietanze inebrianti, e il menù per ordinare era a pochi passi di distanza.

Morgan lasciò perdere gli affreschi, che tanto conosceva a menadito, e si avvicinò al tavolo centrale. Di marmo e rotondo come la stanza, era ulteriormente appesantito da una trentina di chiavi, diverse le une dalle altre per forma, materiale e decorazioni. Un paio di altri clienti imbellettati si aggirava lì intorno, valutando quegli oggettini come fossero complicati contratti mercantili. Due servi attendevano compiti in un angolo.

Il Giglio Rosso aveva un singolare quanto a suo parere divertente metodo per scegliere l’intrattenitore della serata. Quelle chiavi parlavano dei loro proprietari più di qualsiasi affresco. 

Trovò subito quelle a lui più familiari. Una era argentata con intarsi blu e rossi, affilata come un tagliacarte e circondata da un motivo a doppia elica, sempre in metallo, semplice ma elegante. Pesava al tatto come piombo e prometteva sicurezza, versatilità e nudo piacere.

L’altra, non distante, era infiocchettata di nastri verdi su una struttura principale a cerchio, spessa, brunata come la pelle del proprietario dopo una giornata di sole. Una pietra al centro, circondata da altre più piccole, catturava la luce delle candele e quella morente del tramonto. 

Morgan la prese e se la portò al viso. Il profumo di mandorle e melograno, morbido e intenso, bastò a cancellare l’acqua salmastra che per mesi gli aveva occupato le narici.

Sospirò. Qui veniva la parte difficile. Sia Ilya che Maej erano chiaramente disponibili quella sera. 

Un servo fattosi avanti al suo slancio di trasporto, tornò nel suo angolo appena lo vide prendere in mano anche l’altra chiave. Provocò in Morgan una punta di fastidio. Non era mica una decisione facile. Sarebbe stato molto più semplice averli entrambi contemporaneamente, ma i ragazzi accettavano che li frequentasse entrambi solo finché non erano nella stessa stanza. E sì che, se invece chiamava chiunque altro, anche metà bordello, erano felici di annegare con lui  in un’orgia di tutto rispetto. 

Magari quella notte poteva averli comunque entrambi, prima uno e poi l’altro. I soldi non gli mancavano e presto sarebbe partito per mare, diamine, meritava di goderseli tutti e due. E se nel mentre qualche altro cliente avesse reclamato uno di loro, avrebbe aspettato. Non aveva fretta. In effetti, poteva tranquillamente passare tutto il giorno successivo lì dentro.

Le due chiavi occupavano così bene i suoi palmi e nessuna delle due lo ispirava più dell’altra.

Fu invero uno degli altri clienti a forzargli la mano. Un tizio vestito di buon tessuto ma con pessimo gusto, con pochi peli in testa e troppi nelle orecchie. Puntò lo sguardo sulla chiave di rubini e zaffiri, come se fosse ancora sul tavolo, come se Morgan non la stesse accarezzando con dita possessive. 

Il capitano rimise la chiave infiocchettata sul tavolo. Afferrato un carboncino dal contenitore in porcellana al centro del tavolo, scrisse unicamente “Capitano” sul piccolo carnet legato all’altra chiave e la consegnò al servo che si fece avanti, con tutta l’ostentazione che quel patetico piccolo aristocratico si meritava. Il servitore sgattaiolò via attraverso una delle porte laterali.

Maej, dunque, sarebbe stato il primo. Morgan cullò la propria mente con il pensiero del ragazzo che tra qualche minuto sarebbe comparso tra le tende dello stesso ingresso. Vestito di seta fresca come piaceva a lui, appoggiato all’uscio di schiena, le braccia incrociate e le bellissime labbra serrate di disappunto. Come se l'avesse fatto aspettare troppo.

Sì, Morgan voleva proprio quello. Non vedeva l’ora. Avrebbe passato la notte nel letto di Maej, e sorpreso Ilya il giorno dopo con una colazione che desse un senso alla giornata.


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