HUECTOBER

Oct. 28th, 2024 08:49 am
 

28/10
Chiesa del Rame di Ottima Qualità
LISTA MAGENTA
3 – Melograno

Giorni felici

Oggi è un giorno buono. I giorni buoni sono sempre più numerosi ormai. Prima, prima non c’erano giorni e non c’era del buono. Solo tormento, dopo tormento, dopo altro tormento. Ora ci sono giorni buoni e giorni un po’ meno buoni, ma anche i momenti peggiori sono solo nella sua testa. Fa male solo nella testa.

Oggi però è un giorno buono, perché Jun ha trovato un melograno. O un pomomore, come lo chiama Van.

Se li ricorda i melograni, da una precedente vita. Una precedente terra, piena di dorsali e foreste, venti impetuosi e luci nel cielo. Allora aveva un altro nome. Crede… crede di essere stato felice, allora. Il melograno gli mette allegria, oltre che dargli un senso di nostalgia, quindi sì, deve essere stato felice.

A volte, quando la notte è ancora giovane e ha in bocca il sapore della cena appena consumata, quando affonda nei cuscini di un letto troppo grande e Van mormora «Jun’ta mori», crede di poter essere felice di nuovo.

Decide di portare il melograno a Van. Non ha mai ricambiato la gentilezza dell’uomo finora. Quello sarà il suo primo regalo: un ricordo felice.




HUECTOBER

Oct. 27th, 2024 06:39 pm

27/10
Chiesa del Rame di Ottima Qualità
LISTA VIOLA
9 – Occhiaie

Il male che posso sopportare

«Cielo, che occhiaie che ha! Povera creatura!»

Il viso di Jun è un mosaico di sofferenza e pericolo. La pelle, dove non è giallo-violacea per i lividi o spaccata a causa dei tagli, è tirata per la stanchezza e la disidratazione. Gli occhi sono pesti, ma visibilmente felini, con le pupille verticali da predatore. C’è l’impronta di una benda legata troppo stretta sopra di essi, e quella di una cinghia a metà fronte che deve essere stata usata per immobilizzargli la testa. Il naso è rotto e tumefatto. Ci sono chiazze di pelle irritata dove gli sono stati strappati i capelli e intorno alle corna tagliate malamente.

Ma, ovviamente, sua madre nota per primo il dettaglio più insignificante.

Vaniard sospira, stanco ancor prima di iniziare quella conversazione. «Non credo dorma bene da mesi. Non credo neanche si ricordi cosa significa.»

«C’è questa pozioncina che il cerusico mi ha-»

«Non lo drogherò, madre. Mi sento già in colpa a costringerlo a bere il tonico che gli ha preparato Luthor. Il Cielo solo sa con cosa lo ingozzasse il Profeta Pazzo.»

Sua madre sventola l’aria tra loro con il ventaglio in piume, scacciando gli argomenti sgraditi come zanzare. «Polvere di camomilla negli occhi e un massaggio ai piedi»

«Mh?»

«Quando ero in attesa di te e tutto mi nauseava» che infelice scelta di parole «queste erano le uniche cose che mi facevano dormire la notte.»

Vaniard dubita che la chimera si farà spruzzare della polvere negli occhi. E, per quanto riguarda il massaggio, ha visto le piante dei suoi piedi durante il bagno: una ragnatela di sfregi di tizzone rovente e scudisciate, atti a rendere la fuga del tutto impraticabile. Con un trattamento così, non pensa proprio che Jun si sentirà a suo agio a farsi toccare.

Ma questo a sua madre non può dirlo. Non alla donna che ha posato gli occhi sulla prova di mesi di torture e la cui mente ha coperto tutto sotto un velo protettivo, reputando sopportabile solo le occhiaie.

«Grazie, madre. Glielo proporrò e ti farò sapere.»


HUECTOBER

Oct. 26th, 2024 01:15 pm
 

26/10
Chiesa del Rame di Ottima Qualità
LISTA MAGENTA
4 – Sangue

Secondi tentativi

Il primo bagno di Jun è stato un disastro. Al secondo, Vaniard è più preparato, o almeno spera.

Ha ben studiato cosa è piaciuto alla chimera dalla prima volta e cosa, invece, è andato storto. L’acqua tiepida, il sapone delicato, una mano cauta sulla schiena vanno bene. Spingere la testa verso l’acqua non va bene.

Si è attrezzato con un paio di brocche in terracotta e più pezze di stoffa, e ha deciso che entrerà anche lui nella tinozza. Rimanere fuori, aggirarsi intorno a Jun come un avvoltoio, con le mani che calano dall’alto, sembra troppo impositivo ora, alla luce delle precedenti reazioni.

Aiuta Jun a liberarsi del lenzuolo con cui è andato in giro dal bagno precedente. È semplice, ma del cotone più pregiato che abbia, soffice quanto un abbraccio. Ne ha pronto un altro, per quando il bagno sarà finito, e teme che dovranno usarlo: questo si è sporcato di sangue in un’infinità di piccoli punti, come papaveri in un campo di grando bianco. Non se ne sorprende. Jun ha passato una notte agitata e un giorno immerso nella propria mente, con le dita impegnate a scacciare un dolore fantasma sulle ferite appena chiuse.

La prima cosa che Vaniard fa, quando la chimera è in acqua, è grattare via il sangue rappreso da sotto le unghie.

Mantiene la promessa fatta a sé stesso e sacrifica la casacca e il pantalone che ha addosso, entrando nella vasca sotto lo sguardo guardingo di Jun.

«Così posso aiutarti più facilmente» dice, facendogli segno di spostarsi un poco.

Prende a sfregargli la pelle come il giorno prima, cercando di essere il più delicato possibile, e intanto mormora una litania di «va tutto bene», «rilassati» e «presto starai meglio».

L’acqua si colora velocemente di rosa e così i suoi abiti. Sa già che le massaie non riusciranno a togliere quella sfumatura, così come non riusciranno a toglierla dagli stracci che sta usando per frizionare la pelle di Jun. Il sangue impregna i vestiti con la stessa facilità con cui scivola via dalle vene. Un ricordo indelebile e doloroso quanto una cicatrice.

Hanno tante cicatrici davanti a loro, ma va bene, purché Jun smetta di sanguinare.




HUECTOBER

Oct. 25th, 2024 09:11 am


25/10

Chiesa del Rame di Ottima Qualità
LISTA VIOLA
11 – Spettro

Lo spettro di Collevento

Normalmente uno spettro che infesta le rovine di un castello non sarebbe stato un problema affidato al generale Vaniard. Prima di tutto, perché gli spettri non esistevano. In secondo luogo, il generale dell’Ordine dei Giusti non avrebbe tempo e modo di occuparsi di un castello di modeste dimensioni, ufficialmente in disuso da almeno vent’anni, senza più proprietari di diritto. Normalmente Vaniard non saprebbe neanche dell’esistenza di quelle rovine.

Ma i paesani di Collevento si erano lamentati di rumori agghiaccianti nelle già fredde notti d’inverno. Poi era spuntato fuori un traffico illegale di tessuti e organi di presunti-animali-ma-probabilmente-anche-qualche-povero-bastardo, ingredienti famosi per la magia oscura. La notizia che un negromante avesse usato la pellaccia di qualcuno per evocare uno spettro nel castello aveva fatto il giro della regione.

Infine, la pattuglia del conte mandata a indagare aveva scoperto che sì, qualcuno si dilettava con la magia nera nel fu castello dei Massei, ma non era un negromante. Magari fosse stato un negromante. No, a infestare le rovine, nascosto per mesi, si era fermato Kolle il Profeta Pazzo. Lui si che era un problema all’altezza di Viniard.

Non gli era rimasta altra scelta che mettersi in viaggio, a quel punto, con un piccolo reggimento che potesse viaggiare veloce e la speranza di non trovare i soliti orrori che il Profeta Pazzo si lasciava dietro. In cuor suo, sapeva di non avere molte speranze. Infondo, Kolle si era dileguato immediatamente dopo il suo avvistamento, ma uno “spettro” ancora terrorizzava quelle rovine.


COWT13

Mar. 4th, 2023 04:59 pm
Settimana: 2
Missione:
 M1
Prompt:
 Un personaggio si prende cura di un altro personaggio infortunato, malato, e/o bisognoso di conforto 
Fandom: Originale
Rating: T
Warning: /
Note: /


Il cavaliere e la chimera

Vaniard di Castelbrullo, capitano dei cavalieri dell’Ordine dei Giusti, non aveva mai preparato un bagno in vita sua. Lo ammetteva con vergogna. Nato e cresciuto come nobile, c’era sempre stato qualcun altro ad occuparsi di quell’incombenza, lasciando a lui solo il compito di immergersi nell’acqua calda e profumata. La cosa non sembrava in procinto di cambiare in futuro, quindi non si era mai preso il disturbo di imparare. 
Nondimeno, chiedere alla serva - Agnes, principalmente al servizio di sua madre, discreta e affidabile - dove avrebbe dovuto scaldare l’acqua e quali prodotti si usavano per cosa fu umiliante. 
Si ripromise di non giudicare più i contadini incontrati nei campi ai lati delle strade maestre, che impugnavano bastoni e li agitavano in aria in modo ridicolo, sognando una vita onorevole. 
Immerse la mano nella vasca circolare per sentire la temperatura. Piacevolmente tiepida, adatta a una giornata di fine primavera. L’acqua riluceva del colore liquido della seta argentata, appena schiumosa, e tratteneva il profumo dei fiori di ciliegio che decoravano i giardini della tenuta. Agnes aveva sconsigliato odori troppo forti, sebbene la chimera fosse un maschio, e Vaniard aveva scelto quello perché gli ricordava le passeggiate a cavallo al tramonto, seguendo il ruscello verso valle. Sperava gli piacesse.
La chimera senza nome lo aspettava in camera, dove l’aveva lasciata. Si era ripromesso di scegliere come chiamarlo al più presto e forse aveva trovato una soluzione. Tra le mille proposte, infatti, una in particolare sembrava aver colpito la piccola creatura. 
Jun. Sogno. Jun’ta mori, gli aveva sussurrato una sera, usando la lingua di sua madre. “Bei sogni”. Lo aveva poi beccato, nei giorni seguenti, a tentare il suono di quelle parole tra i denti, storpiandole un po '. Jun. Jun. Jun. Si zittiva, quando si accorgeva di essere osservato. Ma la notte, prima di coricarsi, Vaniard sentiva la sua attenzione addosso, una certa aspettativa per quelle parole. 
“Il bagno è pronto” disse, facendogli cenno di raggiungerlo. “Vedrai che ti sentirai molto meglio.”
Spogliato delle molte coperte, la chimera era praticamente nuda. Non avevano ancora capito come vestirlo. Le ali per lo più spiumate ma imponenti, ciò che rimaneva delle corna e la coda erano impedimenti più problematici di quanto si direbbe a una prima occhiata. Non c’era modo di infilargli dei pantaloni o una casacca. 
“Devi essere originario di un clima caldo.” Rifletté a voce alta, senza aspettarsi risposta. Aveva preso quell’abitudine ormai. La chimera sembrava più tranquilla quando sapeva cosa gli passava per la testa, sebbene solitamente non partecipasse alle conversazioni.
Lo aiutò a entrare nella vasca. Fu un’operazione complessa già in partenza: dovette quasi immergercisi lui per primo, per dimostrargli che andava tutto bene, l’acqua era gradevole, non c’erano sotterfugi o trappole o strane torture in agguato. 
“Vedi? Va tutto bene, è solo un bagno. Per scaldarti e pulirti. Mi hanno assicurato che questo sapone non pizzica sulle ferite, anzi aiuta a lenire il rossore.” E di graffi da aggirare ce n’erano molti.
Una gamba dopo l’altra, infine la chimera si immerse fino alle clavicole, rimanendo fermamente aggrappata al bordo con le mani. Vaniard aspettò che si abituasse un poco. Appena sentì il più piccolo dei sospiri lasciare le sue labbra, prese un panno pulito nelle vicinanze e vi sfregò contro un tocco di sapone. Lo porse alla chimera.
“Devi strofinarlo dappertutto. Vuoi fare da solo o preferisci che io…?” Gesticolò verso le sue spalle e le ali dietro “Posso darti una mano dove non arrivi.”
La chimera non fece cenno di staccare neanche un dito dal suo appiglio. Si limitò a guardare la stoffa. 
Vaniard allora gli prese una mano come aveva fatto nella cella, la notte prima. Strinse come avrebbe stretto quella di un neonato e riprese a parlare. 
“Va tutto bene. Non ti succederà niente di male, te lo prometto. Sei al sicuro. Farai un bagno e poi una bella dormita, oppure potrai mangiare qualcosa se avrai ancora fame. Tutto quello che vuoi. Non devi avere paura. Va tutto bene.”
Accostò alle sue dita il panno umido, per fargliene sentire la consistenza. Il piano era sperare che lo afferrasse, ma Vaniard prese a passarglielo sul dorso e sul polso, grattando via lo strato di sporcizia. Cercò poi di pulirgli le unghie, di eliminare le vesciche raggrumate sul palmo e di ammorbidire per quanto possibile i calli. Con il pollice disegnava cerchi sulla sua pelle e gli stendeva le dita, ignorando i bozzi delle falangi rotte e rinsaldate malamente. Continuava a sussurrare morbide sciocchezze.
“Andrà tutto bene d’ora in poi. Vedi? La tua mano sta già molto meglio. Ci vorrà un po’ perché la pelle torni morbida, ma non abbiamo fretta. Puoi prenderti tutto il tempo che vuoi. E potrai fare il bagno tutti i giorni, se lo desideri. Non avere paura di chiedere. Non ti accadrà niente di male, mai più.”
Fece un tentativo e spostò il panno su per il braccio. La chimera si spostò leggermente nell’acqua per facilitargli i movimenti. Vaniard lo prese come il benestare definitivo. Un respiro d’orgoglio e strano compiacimento gli gonfiò il petto.
Per tutta l’ora successiva, fece ciò che i servi avevano sempre fatto a lui, e che mai avrebbe pensato di fare ad altri. Lavò la chimera lungo le braccia e le gambe, sulla schiena e sul petto fragile. Lasciò al ragazzo - Jun? Poteva cominciare a chiamarlo Jun? - l'intimità di occuparsi da solo del proprio addome, mentre lui si spostava alle sue spalle per pulirgli le ali. 
Dopo un paio di tentativi, capì come pettinare le piume senza che gli rimanessero in mano, per fortuna. La coda fu forse la parte più impegnativa, con tutti quei grumi di fango attaccati tenacemente ai peli. “Perdonami” non fece che ripetere, a ogni ciuffo strappato, con la chimera che sobbalzava. Furono molti sobbalzi.
Infine, mise via il panno e prese un’ampolla di terracotta, stappandola. L’aroma di timo riempì le narici di entrambi. 
“È troppo dolce per me, ma mi hanno assicurato che è l’ideale per la pelle della testa. Pensa che il cerusico della tenuta lo prescrive più spesso del miele per la tosse” gli spiegò. La chimera aveva inclinato la testa a quel nuovo odore. I punti dove gli avevano strappato i capelli si vedevano ancora meglio.
Vaniard se ne verso l’intera boccetta in mano, passandogli alle spalle. Diede per scontato che gli avrebbe lasciato occuparsi anche dei suoi capelli.  
“Piega un po’ la testa, così non ti scivolerà sugli occhi” con una mano premette all’indietro sulla fronte, cercando di fargli immergere per un momento i ciuffi e bagnarli.
Fu un errore. Peggio, fu un tradimento. 
“No!” Gridò la chimera, e si dimenò con una frenesia inaudita. Ondate d’acqua si riversarono fuori dalla vasca e addosso a Vaniard, seguite da gomitate volanti, colpi d’ala e proteste lamentose.
Sputacchiando sapone e piume, Vaniard indietreggiò di qualche passo, cercando di riprendere in mano la situazione. 
La chimera stava cercando di uscire dalla vasca, incurante di scivolare ad ogni passo. Gettandosi sul bordo con la disperazione di un naufrago, riuscì a rovinare per terra. Cadde male, sulla spalla. Vaniard riconobbe subito l’arrivo di una nuova contusione.
Corse da lui. “Aspetta, aspetta! Ti prego, fermo, non volevo-” Si costrinse a rallentare la voce, moderare il tono. “Ho sbagliato e ti chiedo perdono per questo. Non volevo farti del male, te lo giuro. Va tutto bene. Non voglio farti del male. Va tutto bene.”
La chimera si guardava intorno al modo delle volpi in trappola. Respirava faticosamente. Mormorava “No, no, no” e “lasciami stare, lasciami stare”
“Va tutto bene. Non laveremo i capelli oggi.” Vaniard si pulì i resti della lozione sul primo telo che gli capitò sottomano. Mise via tutti i prodotti da bagno che erano rimasti in bella vista e, in un tentativo che in quel momento non gli sembrò troppo insensato, aprì la feritoia per far defluire l’acqua dalla vasca. 
“Abbiamo finito, possiamo tornare di là. C’è il camino già acceso, ti asciugherai subito. Puoi coprirti e fare ciò che vuoi.” Prese il lenzuolo pulito che avrebbe dovuto usare come vestito. “Possiamo avvicinarmi?”
Non ottenne risposta. La cosa non lo aveva mai fermato.
Cautamente, si mosse fino a inginocchiarsi sul pavimento zuppo. 
“Tieni.” Tentò di mettergli il lenzuolo addosso senza incombere su di lui. 
Poi, per l’ennesima volta, cercò la sua mano e la strinse. “Fidati di me. Non voglio farti del male e non permetterò a nessun altro di fartene. Va tutto bene. Ti aiuto ad alzarti, ti appoggi a me?”
Così fu. Tremando e versando lacrime, ma permettendogli di toccarlo. Un passo malfermo dopo l’altro, fino al fuoco. 
Vaniard gli fornì tutti i cuscini e le coperte che aveva a disposizione, compreso sé stesso. Dalle punte bagnate dei suoi capelli, la chimera gocciolava polvere e sangue. 
“Posso passarti un’altra pezza umida sulla testa?” Provò su sé stesso, si assicurò che vedesse.
Mentre lo puliva delicatamente, gli raccontò di quando da bambino era caduto nel torrente. Aveva perso il suo cappello e ne aveva guadagnato uno di fango. Le serve lo avevano strigliato per ore, dandosi il cambio, sotto lo sguardo di disapprovazione di sua madre. Quando avevano finito, aveva la pelle così rossa che i suoi capelli sembravano di due tonalità più scure e sua sorella, ignara, aveva chiesto lo stesso trattamento. 
“Se io ho mantenuto i capelli in quella situazione, sicuramente anche i tuoi torneranno come prima.” Poteva già immaginare quella capigliatura folta e corvina, e le corna che la sovrastava. “E le corna ricresceranno, il cerusico me lo ha assicurato. Starai bene, vedrai. Tutto questo… presto sarà il passato. Il futuro sarà migliore. Te lo prometto, Jun.”
Se questa volta non ottenne risposta, fu perché parlò a una chimera addormentata.
 

COWT13

Mar. 4th, 2023 02:29 pm
Settimana: 2
Missione:
 M1
Prompt:
 Un personaggio si prende cura di un altro personaggio infortunato, malato, e/o bisognoso di conforto 
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /                                                                                                                                                                               
Buon riposo e bei sogni

La chimera si rifiutò di farsi aiutare dai monaci, così come dal cerusico della tenuta. Non si faceva toccare, gridava e cercava di sfuggire a ogni mano protesa verso di lui, benevola che fosse. In effetti, rimase tranquillo solo finché tra le braccia del suo salvatore.
Vaniard aveva troppa pena di lui per risultarne infastidito. 
Alla fine, dispose che portassero gli unguenti e tutto l’occorrente medico nelle sue stanze. Diede ordine di preparare qualcosa di caldo da mangiare, magari un brodo, un bagno e dei vestiti asciutti e puliti che potessero adattarsi alle insolite forme della creatura.
“Che ne dici di Ama? Significa Vento nella lingua d’occidente. Ti piace?”
La chimera non rispose. Vaniard se lo aspettava. Negli ultimi dieci minuti aveva persino smesso di gemere, più o meno da quando aveva dovuto spogliarlo per valutare le sue ferite nella loro interezza. 
Gliel’avrebbe risparmiato volentieri, ma purtroppo non c’era alternativa. Aveva solo contusioni superficiali per fortuna, i danni maggiori sembravano derivare dalla stanchezza, la malnutrizione e probabilmente la mancanza di sonno. 
Vaniard lo aveva rivestito il prima possibile, toccato meno di quanto avrebbe toccato una nobile vergine e preso a parlare di sciocchezze per riempire il silenzio soffocante della stanza. 
“Soril? C’è una piccola cascata all’inizio della Grande Catena, a nord. I locali l’hanno chiamata così. È molto carina. La sua acqua è limpida e freschissima.”
Stretta l’ultima fasciatura, Vaniard andò a prendergli un’altra coperta. 
La chimera non lo guardava neanche più. Si spingeva sulla testiera del letto come, nella sua prigione, si era spinto contro la parete sudicia. Vaniard non sapeva come fargli capire che poteva smettere di aspettarsi dolore. 
Forse doveva portargli dei giocattoli. Il figlio di sua sorella aveva quasi la stessa età e ne aveva a bizzeffe, con alcuni ci dormiva persino. 
“Grima? Come il gioco, Grima-acchiappa-Grima. Conosci il gioco? Non mi era permesso giocarci, ma guardavo sempre gli altri bambini giocarsi e si divertivano molto.”
Vaniard si sedette accanto a lui, sul letto. Non badò all’ulteriore tensione che gravò sul corpo della chimera. Si tolse gli stivali e si stese. Da quella posizione, vedeva per lo più le sue ali e i moncherini delle corna. Qualche piuma si era già abbandonata sul materasso, incapace di rimanere attaccata. Ne avevano perse a bizzeffe, arrivando fin lì. 
“Io ora dormo un po’, ne ho bisogno. Ne avresti bisogno anche tu. Ti va di provare a dormire qui? Ti auguro buon riposo e bei sogni.”
Lasciò che la stanchezza lo raggiungesse. Sapeva che in pochi secondi sarebbe stato incosciente. Indifeso, accanto alla chimera, e forse così gli avrebbe dimostrato che poteva fare altrettanto.
“Sogno… Jun, Jun’ta mori.” Disse, come dicevano in occidente. Erano le ultime parole che sua madre gli avesse mai rivolto. “Sogni splendidi”.
§
“Jun’ta mori”
“Si dice quando si va a dormire, non certo quando ci si sveglia.”
Cinque anni di vita nella tenuta, a mangiare il cibo che servivano lì soprattutto, avevano fatto miracoli per quella chimera spaurita. Viniard aveva l’impressione di avere addosso un vitello, non certo una creatura adatta al volo. 
“Ma io sto sognando.”
No, io sto ancora sognando. Il volto che aveva davanti era il connubio di ferocia e dolcezza più spiazzante che avesse mai visto. Il palco di corna era appuntito quanto minaccioso e arriva quasi a sfiorare le gote rosse, ancora fanciullesche, che invitavano alle carezze. Le pupille dritte dicevano “Sono un cacciatore” con un solo sguardo. Le labbra piene, arrossate da un mordicchiarsi continuo, sussurravano “Vienici a prendere”. Ogni giorno che passava, diventava più difficile resistere.
“Sei sveglio, Jun. E lo sono anch’io, purtroppo. La prima campana ha già suonato?”
La chimera scosse la testa. “Ho tagliato le corde.”
“Cosa hai fatto?”
“Non avresti dovuto svegliarti. Dormi con me, finché non ti vengono a svegliare?”
Vaniard sospirò. Doveva alzarsi e andare a tirar giù dal letto l’intero castello. C’era tanto da fare quella mattina. Il pomeriggio sarebbe partito con un piccolo seguito verso la capitale. Per due settimane, la tenuta avrebbe dovuto cavarsela senza di lui, e così Jun. C’era tanto da fare quella mattina.
“Va bene.”
 

COWT13

Mar. 3rd, 2023 11:40 pm
Settimana: 2
Missione:
 M1
Prompt:
 Un personaggio si prende cura di un altro personaggio infortunato, malato, e/o bisognoso di conforto 
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Rating: T
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Note: /


L’antro della bestia

La cantina non aveva solo un odore umido e pietroso, già spiacevole di per sé, ma anche ferroso, del sangue versato e lasciato a impregnare la roccia. Era l’odore della disperazione e dell’abbandono totale. 
Vaniard non si sorprendeva che il conte non vi avesse mai messo piede, lasciando totalmente le sue vittime in mano al carceriere. Vaniard stesso ammetteva di star facendo fatica a non correre verso l’uscita, ed erano là sotto solo da dieci minuti. Non immaginava di riuscire a passarci giornate intere.
Non avevano ancora trovato ne la chimera, ne tracce di altri prigionieri. C’erano delle guardie, però, e ciò voleva dire che la cantina doveva essere abitata, almeno da una sfortunata anima.
Arrivato all’ultima cella, Vaniard seppe che la sua ricerca era conclusa. Al di là della porta, un ragazzo sudicio e infagottato in un angolo cercava di scomparire tra le ombre. La sua giovane età lo colpì. Non aveva un filo di barba sul mento, solo escoriazioni, e non sembrava più alto di un arco. Doveva avere dodici, tredici anni al massimo. Gli salì la nausea.
Alle ali era preparato, li avevano informati che quella chimera in particolare ne era in possesso. I moncherini di corna furono una sorpresa, e così la coda,
Vaniard si avvicinò con passo lento e misurato, le mani ben aperte e stese in avanti. “Sono Vaniard dell’Ordine dei Giusti, sono qui per liberarti. Non avere paura.”
“No! Non- Non toccarmi!” La chimera gridò, scivolando via dal tocco di Vaniard e appiattendosi alla parete. I suoi occhi erano spalancati, selvaggi e frenetici. Il suo respiro veloce e tremolante, interrotto frequentemente da singhiozzi strozzati. Il suo corpo intero tremava di incontrollabile paura.
“Non voglio farti del male”, Vaniard disse, prendendogli delicatamente una mano e stringendola fermamente. Non si azzardò a toccarlo da nessun’altra parte, né a farsi più vicino. 
I loro sguardi si incrociarono. “Ascoltami. Sei al sicuro ora, non permetterò che ti facciano ancora del male. Non lo permetterò, d’accordo? Fidati di me.”
Nel secondo di immobilità successiva, Vaniard si aspettò che la chimera ritirasse la mano dalla sua presa, che il suo panico aumentasse persino o che, come un animale messo alle strette, in un gesto estremo cercasse di ferirlo o ferire sé stesso. Non lo fece. Al contrario, attraverso le loro mani unite percepì che si era rilassato appena.
Le lacrime che fino ad allora avevano reso i suoi occhi lucidi ruppero la barriera e rotolarono giù per le guance sporche. La chimera si sforzò di fare finalmente un respiro degno di questo nome.
“Io…”
“Va tutto bene.” Vaniard sorrise e gli porse anche l’altra mano. “Andrà tutto bene, te lo prometto.” 
Non appena l’ebbe afferrato, Vaniard lo tirò su in piedi e questi gli cadde praticamente addosso, incapace di reggersi dritto. Era leggero, nonostante le ali d’aquila, troppo leggero. Tremava e gemeva sommessamente, e Vaniard non sapeva come sostenerlo senza premere su qualche contusione. Muovere i primi passi verso l’uscita fu uno strazio.
“Resisti ancora un po’, poi potrai riposare. Ti rimetteremo in sesto.” Vaniard si guardò intorno, lungo il sudicio corridoio, sperando che qualcuno dei suoi uomini si facesse vedere. Si guardò bene dal gridare per chiamarli. “Ce l’hai un nome?”
La chimera non rispose.  
“Va bene anche se non ce l’hai o non vuoi dirmelo. Te ne troveremo uno.”
Gemiti e tremolii, poi un bisbiglio più coerente degli altri. “Loro mi chiamavano Bestia.”
Vaniard avrebbe preferito che fosse rimasto in silenzio.
“Te ne troveremo uno migliore.”
 

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