Settimana: 5
Missione: M4
Prompt: Rinascimento italiano
Titolo: Randagi sotto la pioggia
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /
Missione: M4
Prompt: Rinascimento italiano
Titolo: Randagi sotto la pioggia
Fandom: Originale
Rating: G
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Il cielo piangeva da quasi tre giorni intorno alla bella Firenze e i contadini piangevano con lui, di pura gioia. Era stata un’estate particolarmente calda e secca, e la primavera che l’aveva preceduta si era lasciata sfuggire a malapena una manciata di lacrime. Quella pioggia torrenziale era una benedizione per i campi e per il raccolto, e per le bocche che avrebbe sfamato.
In città, il giubilo non era altrettanto condiviso. Sì, ben venga l’acqua che rimpolpa le riserve e le fontane di ogni quartiere, che lava via piscio e escrementi dalle strade e porta sollievo dalla calura. Dopo tre giorni, però, i fiorentini non ne potevano più delle strade inagibili dall’acquazzone, i commerci rallentati, il mercato e le botteghe chiuse.
I cittadini rispettabili se ne stavano in casa, a cercare di limitare le perdite lavorative o a ingegnarsi per passare il tempo, accompagnati dalla luce smorza delle candele e da quella ancora più fievole che riusciva ad oltrepassare le nubi. Tuoni e lampi terrorizzavano i bambini e gli animali, e terrorizzavano anche Mastro Calante da Vespro.
Lo speziale di Via Santa Lucia, al calduccio nel suo locale piccolo ma ben isolato dall’umidità, in realtà non era spaventato dal temporale in sé, piuttosto da quello che comportava per il suo amico disperso, Giovanni.
Il cielo ruggiva, dunque, e le strade erano fiumi di sporcizia e lacrime e di Giovanni non c’era traccia da quella notte.
Mastro Calante si torturava le mani seduto al tavolo in cucina, l’inventario dimenticato. Si alzò per ravvivare il fuoco, tornò a sedersi. Bevve un infuso caldo, tornò a sedersi. Non osava respirare troppo forte per non perdersi il rumore del bussare alla porta tra l’infuriare dei tuoni.
Infine, dei colpi attutiti.
Mastro Calante corse alla porta e la aprì per un Giovanni bagnato e infreddolito, tremante come un pulcino sotto strati appesantiti di vestiti che gli ostacolavano i passi. Lo portò senza indugio davanti al camino, il cuore in una stretta a sentire sotto le dita quanto fosse fredda la sua pelle.
Giovanni prese un profondo respiro tremolante di fronte al fuoco, le mani protese in avanti come se volesse abbracciarlo. Mastro Calante gli ronzò intorno finché da quell’ammasso di tessuto scuro non spuntò fuori la testa castana del suo amico, la linea delle spalle cadenti, il torace minuto, i piedi spettrali. E un sorriso, infine, che era tutto un battere di denti. Mastro Calante corse a prendere una coperta.
<Non uscirai da questa casa fino alla fine della tempesta.> Disse, mentre lo avvolgeva di lana. Giovanni starnutì. <No, che dico, fino alla prossima primavera. Dimenticherai di che colore è il sole, se mai arriverai a vederlo ancora.>
Il ragazzo cercò il calore di Mastro Calante, lasciandosi avvolgere dalle sue braccia. Era freddo, paurosamente freddo, e l’uomo più grande passò in rassegna ogni malanno che avrebbe potuto prendere.
<Siedi qui, ti preparo un infuso.> Quella la sua intenzione, ma Giovanni non lo lasciò andare.
<Restate con me.> Pigolò, superando i vestiti con le mani, in cerca di un contatto più soddisfacente. Era gelido e mai Mastro Calante avrebbe pensato di trovare il suo tocco così spiacevole. <Restate con me.> Non era sicuro che le gambe lo avrebbero retto, se lo avesse lasciato. <Abbracciatemi.>
Non ci fu altro da fare. Nonostante il freddo, nonostante la paura.