COWT12

Mar. 24th, 2022 05:31 pm
Settimana: 5
Missione:
 M4
Prompt: 
Rinascimento italiano
Titolo:
 Randagi sotto la pioggia
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /

Il cielo piangeva da quasi tre giorni intorno alla bella Firenze e i contadini piangevano con lui, di pura gioia. Era stata un’estate particolarmente calda e secca, e la primavera che l’aveva preceduta si era lasciata sfuggire a malapena una manciata di lacrime. Quella pioggia torrenziale era una benedizione per i campi e per il raccolto, e per le bocche che avrebbe sfamato. 
In città, il giubilo non era altrettanto condiviso. Sì, ben venga l’acqua che rimpolpa le riserve e le fontane di ogni quartiere, che lava via piscio e escrementi dalle strade e porta sollievo dalla calura. Dopo tre giorni, però, i fiorentini non ne potevano più delle strade inagibili dall’acquazzone, i commerci rallentati, il mercato e le botteghe chiuse. 
I cittadini rispettabili se ne stavano in casa, a cercare di limitare le perdite lavorative o a ingegnarsi per passare il tempo, accompagnati dalla luce smorza delle candele e da quella ancora più fievole che riusciva ad oltrepassare le nubi. Tuoni e lampi terrorizzavano i bambini e gli animali, e terrorizzavano anche Mastro Calante da Vespro.
Lo speziale di Via Santa Lucia, al calduccio nel suo locale piccolo ma ben isolato dall’umidità, in realtà non era spaventato dal temporale in sé, piuttosto da quello che comportava per il suo amico disperso, Giovanni.
Il cielo ruggiva, dunque, e le strade erano fiumi di sporcizia e lacrime e di Giovanni non c’era traccia da quella notte.
Mastro Calante si torturava le mani seduto al tavolo in cucina, l’inventario dimenticato. Si alzò per ravvivare il fuoco, tornò a sedersi. Bevve un  infuso caldo, tornò a sedersi. Non osava respirare troppo forte per non perdersi il rumore del bussare alla porta tra l’infuriare dei tuoni.
Infine, dei colpi attutiti.
Mastro Calante corse alla porta e la aprì per un Giovanni bagnato e infreddolito, tremante come un pulcino sotto strati appesantiti di vestiti che gli ostacolavano i passi. Lo portò senza indugio davanti al camino, il cuore in una stretta a sentire sotto le dita quanto fosse fredda la sua pelle.
Giovanni prese un profondo respiro tremolante di fronte al fuoco, le mani protese in avanti come se volesse abbracciarlo. Mastro Calante gli ronzò intorno finché da quell’ammasso di tessuto scuro non spuntò fuori la testa castana del suo amico, la linea delle spalle cadenti, il torace minuto, i piedi spettrali. E un sorriso, infine, che era tutto un battere di denti. Mastro Calante corse a prendere una coperta.
<Non uscirai da questa casa fino alla fine della tempesta.> Disse, mentre lo avvolgeva di lana. Giovanni starnutì. <No, che dico, fino alla prossima primavera. Dimenticherai di che colore è il sole, se mai arriverai a vederlo ancora.>
Il ragazzo cercò il calore di Mastro Calante, lasciandosi avvolgere dalle sue braccia. Era freddo, paurosamente freddo, e l’uomo più grande passò in rassegna ogni malanno che avrebbe potuto prendere. 
<Siedi qui, ti preparo un infuso.> Quella la sua intenzione, ma Giovanni non lo lasciò andare.
<Restate con me.> Pigolò, superando i vestiti con le mani, in cerca di un contatto più soddisfacente. Era gelido e mai Mastro Calante avrebbe pensato di trovare il suo tocco così spiacevole. <Restate con me.>  Non era sicuro che le gambe lo avrebbero retto, se lo avesse lasciato. <Abbracciatemi.>
Non ci fu altro da fare. Nonostante il freddo, nonostante la paura. 
 

COWT12

Mar. 24th, 2022 04:36 pm
Settimana: 5
Missione:
 M3
Prompt:
 Road trip
Titolo:
 Highway to Hell
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: werewolf (contesto)


Camillo aveva combattuto per fare il viaggio nell’auto di Billy. L’entusiasmo di Billy per il campeggio era sufficiente a dargli sui nervi, ma meglio dell’alternativa. Affrontare quattro ore di tragitto con i suoi? Per carità. Suo padre gli avrebbe lanciato occhiatacce dallo specchietto retrovisore ad ogni suo sbuffo. Sua madre non avrebbe chiuso bocca finché non li avesse messi al corrente di ogni pettegolezzo dell’ultimo anno su ognuno degli altri campeggiatori. I suoi fratellini, infine, piccole pesti iperattive, avrebbero fatto quello che i bambini sanno fare meglio: lamentarsi ininterrottamente. 
Billy, invece, aveva un briciolo di sensibilità per la sua condizione e, ogni volta che non riusciva a trattenere l’allegria e si lasciava sfuggire un commento sul campeggio, gli passava una liquirizia dalla sua scorta per farsi perdonare. In più trovava difficile concentrarsi su più cose contemporaneamente, quindi finché guidava era poco loquace.
Camillo si rinchiuse in un trincerato silenzio finché non entrarono in autostrada, beandosi dei rumori della città finché poté. Clacson, sirene intermittenti, motori che rombavano, lo scalpiccio di una moltitudine di passi sui marciapiedi, le voci. Avrebbe voluto impacchettare tutto e portarlo con sé sulle montagne.
Quando il panorama davanti a loro divennero sei corsie e macchine sfreccianti, Billy gli disse che poteva accendere la radio, se voleva. Lo disse con gli occhi bassi e arricciando appena il naso e Camillo seppe che ciò che intendeva realmente era: “Puoi accendere la radio se vuoi, ma preferirei che tu non lo facessi, preferirei parlare con te”. Si scusò con due pacche sulla mano sopra la leva del cambio e accese la radio.
Tre canzoni pop più tardi, Billy fremeva sul sedile come se la tappezzeria fosse ricoperta di ricci e stringeva il volante tanto forte da arrossare le punte delle dita. Camillo lo osservava con una certa curiosità, scommettendo su quando avrebbe ceduto. 
<Sento che quest’anno ci divertiremo molto.> Disse infine, sicuro delle sue parole ma esitante nel proporgliele. 
Camillo spinse fuori dal naso un verso beffardo e gli venne passata un’altra liquirizia.
<Staremo più tempo insieme e… e vincerò per te la caccia alla volpe e il tiro del tronco e tutti gli altri giochi.>
Lo trovava adorabile. Schifosamente sincero quando diceva che si sarebbe battuto per lui, che gli avrebbe dedicato ogni vittoria o che gli avrebbe regalato la luna. Camillo ne era lusingato, davvero, ma il suo malessere per quel viaggio era viscerale e non sarebbe stato cancellato da una manciata di coccole. 
Quasi si strozzò con la cintura di sicurezza per sporgersi sull’altro sedile, il tessuto rigido che gli segava la pelle del collo, per lasciare un bacio sulla mandibola del suo meraviglioso amico. Poi alzò il volume della radio finché la voce stridula del cantante non coprì perfino il rumore del motore.
Non guardò più Billy. Voltò la testa verso il finestrino, dove le transenne grigie della strada slittavano a una velocità tale da apparire come un’unica striscia mossa.Al dì sopra, qualche sparuta macchia d’albero compariva di tanto in tanto. Ancora più su, un cielo terso come acqua di fonte gli sbatteva in faccia il proprio buon umore, beffandosi di lui.
 

COWT12

Mar. 22nd, 2022 10:28 am
Settimana: 5
Missione:
 M2
Prompt:
E alla fine, niente lieto fine
Titolo:
 La grotta dei cristalli infranti
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /

Corallo ce la stava mettendo tutta per volare su un piano orizzontale, evitare i vortici di corrente più impetuosi e mantenere una presa salda intorno al principe Adrian senza stritorarlo. L’umano, però, non gliela stava rendendo facile. Continuava ad agitarsi tra i suoi artigli, apparentemente incurante di trovarsi ad una quota tale da rendere una caduta l’equivalente di morte certa.
Corallo avrebbe voluto tranquillizzarlo, dirgli che non aveva nulla da temere, che non lo avrebbe mai lasciato cadere, ma non aveva modo finché rimaneva in quella forma. Quando ci aveva provato, con il più mansueto dei ringhi, il principe si era divincolato talmente tanto che temeva si fosse slogato una spalla.
La soluzione più pratica era sbrigarsi a tornare a casa. 
Sorvolò la Terra dei Fiumi e l’Altopiano dei Profeti fino ad addentrarsi nella Foresta di Picchi. Mentre decine e decine di montagne scorrevano sotto di loro, individuò la Cima senza Perdono con un guizzo di sollievo. Le volò intorno fino a scendere di quota abbastanza da poter planare all’interno dell’ingresso a nord, il più piccolo e meno usato.
Sapeva che non avrebbe trovato nessuno, in quella serata particolare. Durante la Cerimonia della Prima Caccia, era disonorevole - per non dire patetico - per un giovane drago rientrare prima dell’alba del nuovo giorno. Ironico, però, che nessuno rimanesse a controllare l’effettiva ora di rientro dei cacciatori. Corallo aveva così la strada spianata per i suoi intenti, e qualche ora di privacy che tanto gli mancava nella gratificante ma caotica vita di branco.
La grotta dei cristalli era la sua preferita, all’interno della montagna. C’erano queste pietre traslucide che brillavano alla luce dei fuochi che rendevano il giorno più luminoso che mai e la notte un eterno tramonto. Posò il principe su un’altura di pietra dove aveva scavato per lui, nei giorni precedenti, così che nei solchi spuntasse un letto di cristalli.
Il principe Adrian tremò inginocchiato per qualche secondo, respirando a bocca aperta. Poi si voltò a guardarlo. 
Corallo gonfiò il petto squamoso. Si sentiva pervaso da una vanità tutta nuova, per cui i suoi compagni lo avrebbero preso in giro. Magari tra gli altri draghi non era il più maestoso, o quello con le scaglie più lucenti o con gli spuntoni cornei più lunghi, ma agli occhi di un umano? Voleva essere splendido e unico per il suo principe, così come Adrian lo era per lui.
Il principe Adrian, che era valoroso nei tornei, gentile con i sudditi e sensibile nel comporre le sue canzoni. Aveva l’animo di un poeta e il portamento di un vero re.
Corallo mutò, perché non poteva attendere oltre per parlargli. Si rimpicciolì, fino a che il soffitto della grotta non fu troppo lontano. Perse tutte le squame, sostituite da una pelle fragile e sensibile. I denti che ora sentiva sotto la lingua erano ridicoli, ma quella bocca poteva dare voce ai pensieri e ai sentimenti. 
Simile al suo principe, lo salutò abbozzando un inchino, un respiro, un sorriso. Ma Adrian non rispose e si appiattì a terra, gli occhi spalancati dal terrore.
<Non avere paura, non ti farò del male. Mi chiamo Corallo. Io…> Smise di avvicinarsi quando lo vide indietreggiare strisciando sul dorso. <Davvero, non hai nulla da temere. Vorrei solo… > parlarti, conoscerti, volare con te sopra il mare e addormentarci in un prato guardando le stelle. 
Abbassò lo sguardo e sentì le guance scottare. Stava cercando un modo per dimostrare il suo interesse senza dargli l’impressione di correre, quando una pietra lo colpì sopra un occhio. Sentì la pelle, dannata pelle sottile, aprirsi in un taglio e il sangue colare fino al sopracciglio. Cominciò subito a bruciare e, quando ci premette una mano sopra, bruciò ancora di più. 
Guardò allibito il suo principe. Aveva già un altro cristallo in mano.
<Stammi lontano, mostro!>
Corallo incespicò sui passi, combattuto tra il desiderio di avanzare e arretrare.
<No, aspetta, non c’è bisogno… Non voglio farti male! Non ti farei mai del male!>
Anche la seconda pietra fu scagliata. Corallo la vide, schivarla sarebbe stato facile, ma non si mosse. Questa gli graffiò una spalla e cadde con un tonfo ai suoi piedi. La guardò senza capire.
<Perché…?> Chiese in un sussurro, più a sé stesso che ad Adrian. 
Quando sollevò lo sguardo di nuovo, si accorse che lui era sparito, scappato, nascosto.
Non lo inseguì subito. <Perché?> Ripeté alla grotta. I cristalli rimasero muti.
 

COWT12

Mar. 22nd, 2022 10:26 am
Settimana: 5
Missione:
 M3
Prompt:
 Road trip
Titolo:
 Ambiente ostile
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /

Dentro il carro coperto faceva un caldo bestiale. Ailo sentiva le goccioline di sudore colargli dalle tempie al collo, fino a bagnare una tunica più umida che asciutta. Tutto il ghiaccio si era sciolto più di un’ora prima  e l’acqua non dava più alcun ristoro. Inutile anche sventolarsi con i registri della contabilità: l’aria era pregna di calore come sotto alle coperte pesanti di un letto invernale.
Si sollevò dal suo giaciglio di cuscini, anch’essi zuppi, per sollevare un lembo del tessuto che lo divideva dalla cassetta del guidatore. Se dentro il carro il caldo era bestiale, fuori mozzava il fiato. I raggi del sole che arrivarono a lambirgli le dita erano spietati, ogni respiro rovente. 
Nakia, seduto mollemente sulla panca consumata, redini in mano e cappello dalla tesa larga come unica protezione, canticchiava una canzoncina nella sua lingua madre e sembrava molto meno provato di lui. 
<Dove siamo?>
Ailo sperava di sentirsi rispondere “Vicini alla meta” o “Fra cinque minuti arriviamo”; il paesaggio che li circondava, però, si faceva beffe di lui e delle sue speranze. Il deserto era l’orizzonte, tutti gli orizzonti.
Un deserto strano, Ailo ne era rimasto perfino affascinato per i primi quindici minuti di tragitto. Non sabbia, ma dura pietra senza spaccature per centinaia e centinaia di pietre, con dune frastagliate e improvvisi monoliti che spiccavano verso il cielo come dita protese verso la pioggia. L’erba era un’utopia, le uniche piante dei rampicanti avidi di ombra, dal colore lattiginoso e l’odore nauseante. Millenni di carovane che calpestavano la terra avevano tracciato delle strade più scure e levigate sulla superficie del deserto, ma a parte questo il paesaggio era uniforme quanto il cielo, statico, morto. E caldo, dannatamente caldo.
L’inferno me lo immagino così. 
<Siamo a un paio d’ore dall’oasi di Sardaukar.> Rispose Nakia, girandosi appena per concedergli un’occhiata impietosita e un mezzo sorriso con fossetta. <Vedi quella catena di colline laggiù?> Indicò una manciata di dune a est,  che Ailo non trovava diverse dalle altre centinaia che li circondavano. <Sono le Monir Martakar, le Piccole Punte. Ci indicano la direzione per l’oasi. Da Sardaukar ci vorrà un’altra giornata e mezza minimo per Porto-Luce.>
Ailo gemette. Due giorni ancora sotto quel sole, a calpestare una terra fuori dalle grazie di dio fino a rinsecchirsi. 
<Ti prego, dimmi che faremo una sosta a Sardak-Sarduk… all’oasi.>
<Faremo una sosta.> 
Ailo si sporse un poco per controllare il viso di Nakia, per coglierlo in fallo. Non di rado gli diceva ciò che voleva sentirsi dire, indipendentemente se fosse vero oppure no. La luce gli incendiò le guance e tornò a ripararsi sotto la copertura del carro. 
Si era scottato abbastanza il primo giorno, sottovalutando gli avvertimenti del suo compagno e del resto della carovana e rimanendo a cassetta con Nakia. La sua pelle deliziosamente pallida, di cui si faceva vanto, era diventata rossa nel giro di un paio d’ore. Poi aveva iniziato a dolere, un fastidio placato solo con degli unguenti oleosi di cui tutti sembravano avere una scorta. A quel punto aveva preso a pizzicare in maniera insopportabile, tanto che Ailo si sarebbe scorticato vivo se Nakia non avesse tenuto impegnate le sue mani in altro modo.
Era stato bandito dal dovere di guidatore e il suo compagno si era preso carico dei suoi turni. Lui, con la pelle spessa e olivastra che si trovava e la costituzione forgiata negli ambienti afosi delle Lande del Sole, non correva troppi rischi. 
<Hai detto un paio d’ore?> Ailo pensava. Si stava annoiando. L'acqua fresca era finita, il deserto neanche per sogno.
<Sì.> Confermò Nakia.
<Allora fatti dare il cambio e vieni dentro.>
Nakia lo guardò. I cavalli erano ben addestrati, tenevano la direzione naturalmente. 
Lui interpretò bene le sue intenzioni. <Dovremmo aspettare di arrivare all’oasi, non ci fa bene perdere liquidi in quel modo.>
<Tanto perdiamo liquidi comunque.> Ribatté Ailo. <Appena arrivati all’oasi ci disseteremo. Ora, vieni dentro.> Allungò due dita a sfiorargli la parte bassa della schiena, giù fino a dove c’era pelle da accarezzare. 
Nakia chiamò un altro guidatore.
 

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