COWT12

Mar. 19th, 2022 02:31 pm
Settimana: 4
Missione:
 M2
Prompt:
 Errare humanum est, perseverare autem diabolicum
Titolo:
 Trappola sotto al glicine
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: Spin-off di "Il rumore della felicità"

Invitare Erik ad un appuntamento era stato facile. Oliver lo aveva fatto senza pensarci, se ne era reso conto solo più tardi, steso sul letto con Bon Jovi nelle casse, di aver preso per la prima volta l’iniziativa. 
“Domenica usciamo” era presto diventato “Dove diamine ti porto?”, “Passo a prenderti alle sei” suonava piuttosto come “Ho due ore per prepararmi”.
Oliver si era scervellato su dove portare il suo ragazzo. Voleva qualcosa di romantico, ma non troppo melenso. E, sebbene fosse sicuro che per la fine della serata sarebbero finiti con i pantaloni alle caviglie, gli sarebbe piaciuto fare qualcosa prima di calarli. 
Erik adorava i dolci, perciò lo avrebbe portato in una pasticceria. Sua nonna Gabrielle gli aveva consigliato un locale “squisito” che aveva preso in considerazione solo per sbaglio, ma su cui si era ricreduto. 
La pasticceria aveva una terrazza con dei graticci fioriti su cui sarebbe stato piacevole chiacchierare al sole. Anche l’interno del locale era apprezzabile e il menù prometteva un Erik soddisfatto e accondiscendente. Lo avrebbe portato lì.
La domenica girò per la sua camera in preda all’ansia, prima di darsi del ridicolo, arrabbiarsi con sé stesso e indossare la prima cosa che gli capitò a tiro. Arrivò da Erik con mezz’ora d’anticipo, aspettando nell’auto con l’aria condizionata al massimo e le dita conficcate nel volante. Il suo ragazzo comparve sulla soglia cercando di trattenere il sorriso e fallendo clamorosamente.
Erik, come predetto, fu entusiasta del locale. Insisté per sedersi dalla stessa parte del tavolino, così da potergli rubare baci e i bocconi più succulenti, oltre che qualche scatto con il glicine a far loro da cornice.
<Pensavo che con il tuo lavoro non potessi postare certe cose.>
<In che senso?> 
Oliver aveva cercato parole delicate con cui spiegarsi, come capitava spesso parlando di quell'argomento.
<Magari ai clienti dà fastidio, se sbatti loro in faccia che hai un fidanzato? E poi se qualcuno lo scoprisse mentre fai il finto ragazzo di qualcun altro?>
Erik aveva sorvolato con <Ciò che pubblico sui miei social sono affari miei> molto discutibile, ma Oliver non aveva insistito. 
Si stava godendo il sole tiepido sulla pelle, le dita del suo ragazzo che gli massaggiavano un fianco sotto la maglietta e la crema al pistacchio della pasta davanti a sé, quando due dita gli batterono sulla spalla. Forte.
Riconobbe il tocco, da tutte le volte che aveva sopportato stoicamente quelle dita rachitiche che sembravano volergli scavare la clavicola alla ricerca del midollo.
<Nonna.>
La presa di Erik sul suo fianco si sciolse di colpo.
<Ciao, passerotto mio.> Nonna Gabrielle se ne stava rattrappita nella sua pelliccia marrone, al braccio di una mortificata Lola, la badante, e con Mathilda, la cagnolina, che le scodinzolava intorno alquanto isterica.
<Nonna.> Ripeté. Sospirò. Provò a sorridere ma doveva esserglisi accavallato un muscolo della guancia per protesta. 
<Salve, signora!> Erik, se era seccato quanto lui, non lo diede minimamente a vedere, così come sua nonna non si preoccupó minimamente di mascherare l'occhiataccia che gli rivolse. 
<Beh? Non mi offri la sedia, giovanotto? Chi pensi che ne abbia più bisogno?> 
Erik saltò sulla sedia come punto da uno spillo, ma Oliver lo trattenne con una mano sul ginocchio. <Non ti azzardare.> Sibilò al suo indirizzo.
<Signora, andiamo a sederci a un altro tavolo.> Stava intanto dicendo Lola. <Non è il caso di disturbarli, è chiaro che vogliono stare soli.> Oh, questo lo sapevano tutti a quel tavolo, sua nonna compresa. Non che la cosa l'avrebbe fermata. 
<Mio nipote mi ha detto che voleva venire qui. Io sono invitata.> Sì impuntó, infatti. 
<Nonna, ho detto che oggi sarei venuto con Erik.> Lo indicò. <Il mio ragazzo.>
Altra occhiataccia. <Devo essermi sbagliata. Beh, ora sono qui.> 
Fu il più strano appuntamento a quattro mai avuto.
 
Settimana: 4
Missione:
 M1
Prompt:
 Interruzione
Titolo:
 Questione di forza di volontà 
Fandom: Originale
Rating: T
Warning: /
Note: Spin-off di "Il rumore della felicità"

Oliver solitamente non si masturbava. Sapeva benissimo che la sua media settimanale era inferiore a quella dei suoi coetanei. Il problema non era la mancanza di eccitazione, no, fantasticava più che volentieri su un bel culo o una bocca bagnata; il problema era la difficoltà per arrivare all’orgasmo. Faticava, dio se faticava, perfino da solo doveva aspettare di essere dell’umore giusto e prendersi del tempo e impegnarsi. 
La maggior parte delle volte si dava una toccatina e cinque minuti dopo lasciava stare. Altre neanche ci provava: canticchiava mentalmente una canzone di Madonna e via, fastidio risolto.
L’argomento era anche spuntato fuori una sera con Erik, l’ultimo di una serie imbarazzante. Gli aveva offerto un passaggio dopo un lavoro - come cavolo gli era venuto in mente? La gelosia gli aveva rosicchiato lo stomaco per tutto il pomeriggio - e Erik era entrato in auto con una nuvola temporalesca sopra la testa.
Alla sua domanda su cosa fosse successo, aveva rotto il tabù di non parlare dei clienti, a cui solitamente era molto attento, confidandosi con lui. Il clown del giorno, tale represso che era il fratello della ragazza che lo pagava per fingersi il suo fidanzato, si era masturbato guardandolo, nascosto dal tavolo. Ne era sorta una lite di tutto rispetto tra lui, la sorella e il povero Erik che non sapeva di star lavorando doppio al prezzo di uno. 
Oliver aveva cercato di addolcire i suoi lineamenti seccati dirottando un po’ la conversazione, magari su qualcosa di altrettanto piccante ma compiacente a Erik. Ed era caduto nella sua stessa rete.
<Vuoi dire che non riesci a venire o che non ti piace quando lo fai da solo? Perché non c’è nulla di male. L’orgasmo non è tutto.>
La nuvoletta temporalesca si era spostata sopra Oliver in men che non si dica. <Stiamo facendo una seduta psichiatrica?>
Erik aveva subito ammorbidito il tono, avvicinandosi in cerca di coccole. <No, certo. E’ solo che se riesco tranquillamente a farti venire io… Non vedo perché non possa riuscirci anche tu.> 
“Tranquillamente” era un eufemismo, ma Oliver si era perfino stancato di farglielo notare, o farlo notare a sé stesso.
Poi Erik aveva rovinato tutto chiedendogli di poterlo guardare mentre si masturbava. 
<E pensi che così sarà più facile per me venire?>
<Sì.>
No. 
Al ché Erik aveva cominciato a sciorinare una imbarazzantissima lista di tocchi, movimenti, combinazioni che, a suo detto, lo facevano impazzire quando li provava su di lui, istruendolo su come darsi piacere. Oliver avrebbe riso fino a casa, se non fosse stato tanto concentrato ad evitare l’autocombustione.
Aveva fatto un tentativo, però, un po’ per curiosità, un po’ per compiacere Erik. Aveva scelto un pomeriggio calmo per sé e pieno di impegni per la sua famiglia, così da tenerli adeguatamente fuori dai piedi. Aveva comprato un lubrificante consigliato da Erik, aveva indossato qualcosa che lo facesse sentire bello, sempre sotto consiglio di Erik, e aveva messo un porno sul laptop. 
Con un respiro profondo, si era deciso a iniziare a toccarsi.
Si era fermato subito. Aveva cominciato come avrebbe cominciato la prima voce della lista delle pulizie, un compito non troppo entusiasmante ma che andava fatto. 
Si girò a pancia in sotto e seppellì la faccia nel cuscino. Strinse i capelli della nuca tra le dita finché sotto le palpebre non comparvero, in ordine, Brad Pitt, Henry Cavill e Erik. Cominciò a muovere i fianchi sul copriletto.
Armeggiò con il lubrificante, lasciò perdere il video porno quasi subito e allontanò la fretta, l’insicurezza, la frustrazione dalla sua mente. Aveva tempo. Era solo. Tutto ciò che desiderava, doveva solo immaginarlo.
Fu bello, per quindici minuti fu bello e per qualche secondo smise persino di pensare. non aveva mente, era solo un ammasso di carne, brividi e piacere. L’euforia gli infiammò le terminazioni nervose, mentre sentiva, senza ombra di dubbio, l’orgasmo montare.
Il campanello suonò. Mathilda, il cane di sua nonna, abbaiò. <Oliver!> chiamò sua madre, da lontano.
Oliver spinse tutto fuori, rumori e respiro. 
il campanello suonò di nuovo, più a lungo. Mathilda non smetteva di abbaiare. <Oliver!> ripeté sua madre. <Vienimi ad aprire! Ho dimenticato le chiavi!>
Era peggio che non venire. Era peggio di dover smettere per noia.
Il campanello continuava a suonare. Oliver percepì distintamente ogni grammo di forza che gli ci volle per smettere di fare quello che stava facendo e correre a lavarsi le mani, ed era tanta forza, avrebbe dovuto essere fiero di sé. Magari sarebbe bastata perfino per non urlare contro sua madre.
Il suo interesse per l'autoerotismo morì quel giorno.
 
 
 

COWT12

Mar. 15th, 2022 10:46 pm
Settimana: 4
Missione:
 M2
Prompt:
 Errare humanum est, perseverare autem diabolicum
Titolo:
 Incubi ed errori
Fandom: Originale
Rating: T
Warning: /
Note: /

Ailo spalanca gli occhi nel buio della sua camera e sa di essere sveglio e terrorizzato. Combatte per ogni respiro, ansima cercando di sbrogliare le coperte che lo avvolgono. Non sente niente all’infuori del battito furioso del suo cuore che rimbomba nelle orecchie, nel petto, nella testa. Davanti agli occhi ha ancora le ombre che lo sbranano nei suoi incubi.
Delle mani forti lo afferrano per le spalle e lo fanno quasi schizzare fuori dalla pelle. Combatte contro il corpo che lo schiaccia, finché non realizza di conoscere quelle forme.
<Calmati.> Sussurra il Viandante, ancora miracolosamente al suo fianco invece che per la sua strada. <Non c’è niente di cui aver paura qui. Calmati.>
<Ho sbagliato. Ho sbagliato a fidarmi.> Ailo parla più a sé stesso che a lui. Le ombre assumono contorni definiti e volti precisi. <Non mi devo fidare. Ci casco sempre, perché ci casco sempre?>
<Di cosa parli, mio tesoro?>
Ailo fa una cosa che non avrebbe mai creduto possibile: si toglie l’uomo di dosso, allontanandosi da lui sul letto. Le membra investite dall’aria fresca si ricoprono di pelle d’oca in un istante ed è come se gli avessero gettato un secchio d’acqua gelida in faccia. I pensieri si schiariscono, dolorosamente. Torna nel nido che ha lasciato.
Il Viandante lo conforta con baci e carezze finché il cuore non minaccia più di sfondargli la cassa toracica. Asciuga il sudore freddo con le lenzuola consumate, gli sfrega le braccia per scaldarlo. Intreccia le dita con le sue per farlo smettere di martoriarsi le labbra.
Molto più calmo, Ailo sospira e si arrende al fatto che non chiuderà occhio per il resto della notte. 
<Ricordi il processo a quel mercante di Meknes? Te ne ho parlato fuori dal tribunale l’altro giorno. A quanto pare il mio inconscio si diverte a mettermi al suo posto, che stupido.> Minimizza, e dentro trema.
Meknes. Il mercante di spezie. Zafferano fine come polvere d’oro. Non si era fidato di lui, ma dei suoi rivali sì. Aveva creduto di essere uno spettatore intoccabile, il terzo giocatore che burla i due litiganti. Si era sentito sicuro. Per poco non lo avevano rovinato.
<Non succederà mai.> La calma sicurezza nel tono del Viandante lo rassicura un po’, sebbene non abbia alcun fondamento solido.
Ci scherza su, cacciando a forza i suoi timori nel fondo di una risata. <Ci sarai tu a impedirlo?> Magari un giorno si ritroverà a scappare con un Viandante, per evitare la forca.
<Fidati di me.>
Fidati di me. Non dovrebbe essere una lezione così difficile da imparare. 
Non fidarti di tuo padre, non fidarti dei tuoi simili, non fidarti di chi ti chiede aiuto, non fidarti di chi te lo offre. Non fidarti delle vie sicure, dei vicoli bui, della risposta più ovvia. Non fidarti di nessuno e nessuno ti deluderà.
Non fidarti di un Viandante. Ailo sa che sta sbagliando.
<Un giorno mi ucciderai.> Gli confida e non c’è possibilità di errore o appello. Ciò che è immutabile va accettato, ciò che si può cambiare affrontato. <Ma quegli idioti lì fuori? No, non valgono la metà di me.> E a loro non avrebbe concesso più niente.
 

COWT12

Mar. 15th, 2022 09:15 pm
Settimana: 4
Missione:
 M1
Prompt:
 Interruzione
Titolo:
 Per il mio piacere 
Fandom: Originale
Rating: M
Warning: /
Note: /

La prima volta che Ailo aveva provato a insinuarsi tra le gambe del Viandante, non avevano ancora una relazione stabile - non l’avevano neanche in quel momento, in realtà, perché la parola “stabile” non si associava a nessuno dei due. Ailo non era ancora follemente, perdutamente innamorato. Era annoiato, la maggior parte del tempo, e intrigato da qualcuno che non smetteva di essere una novità ogni volta che incrociava il suo cammino. 
Era la sera del ricevimento a casa Deanbridge e la scena era tutta degli amici di suo padre, un pomposo quartetto di ex ufficiali dell’esercito con idee ben precise su come il re avrebbe dovuto gestire le rivolte a nord. Il Viandante era stato invitato nella conversazione con il chiaro scopo di essere umiliato e invece aveva lasciato tutta la sala a bocca aperta, dando prova di un’eloquenza ammaliante. Non una volta aveva alzato la voce, contraddetto i suoi interlocutori o usato parole sconvenienti, ma ad Ailo era arrivato chiaro il messaggio “Siete un branco di bestie con l’elasticità mentale di una vongola” dritto nei pantaloni. E aveva deciso che quell’uomo meritava un pompino.
Il Viandante aveva dirottato la bocca di Ailo sulla sua finché al suo cervello non era rimasto ossigeno per pensare. 
La seconda volta, stava cominciando a rendersi conto di quanto contasse il Viandante per lui. Non era una scopata occasionale, né un passatempo che di tanto in tanto compariva per rubargli i pensieri. Quando era con lui, sentiva sollevato dalle spalle un peso che neanche sapeva di portare. Bramava le sue visite e le rimpiangeva quando partiva. 
Desiderava quel misterioso uomo per sé e quale modo migliore che essere desiderato a sua volta? Ailo sapeva bene come farsi desiderare. 
Vestito del suo profumo più costoso e di nient’altro, si era chinato tra le sue gambe fiducioso delle sue capacità. Non aveva fatto neanche in tempo a slacciargli i pantaloni, prima di essere fermato.
La terza volta aveva direttamente chiesto. <Perché non vuoi che ti prenda in bocca?>
E il Viandante aveva risposto con semplicità: <Perché non voglio essere l’unico a provare piacere.> 
<Ti assicuro> aveva detto Ailo, incredulo <che piace anche a me. Mi piace, mi piacerebbe da impazzire.> Non aveva voluto sentire altre ragioni.
La luce fioca delle candele era fioca abbastanza da mascherare il colore della sua pelle in bronzo liquido. Lo aveva spinto sul letto, piazzando le mani sulle sue cosce e pregustando i fremiti che le avrebbero percorse. Aveva sognato così spesso di assaggiarlo che sentire finalmente il sapore salato sulla lingua fu inebriante. 
Il pavimento cominciò a tremare. Letteralmente. Ad Ailo ci volle un secondo più del dovuto per realizzare che non era il rombo del cuore nel petto a scuoterlo, ma quello della terra.
Il Viandante lo raccolse tra le braccia con una tensione nuova. 
Ailo non avrebbe lasciato che una misera scossa di terremoto lo impensierisse tanto da distoglierlo dal suo nobile proposito, ma tenere in piedi un’erezione dopo l’irruzione di Lambert era tutta un’altra faccenda.
Suo cugino spalancò la porta come se volesse buttarla giù. <Ailo!> Gridò, la sagoma del suo corpo che si agitava dietro i numerosi veli che erano l’ultimo baluardo dell’intimità.
Oltrepassò anche quelli. <Oh cielo, Ailo, credo di aver causato una frattura nel suolo del-> Si bloccò.
Ailo sentì la mano del viandante coprirlo con il lenzuolo di lino, inutilmente. Non poteva importargli di meno di essere nudo in quel momento. 
La furia lo fece balzare in piedi. La voce proruppe fuori dalla sua gola come un leone che balza sulla preda. <Fuori!> Urlò. <Fuori!> E ancora <Fuori!> Finché suo cugino non sparì oltre la soglia.
 

COWT12

Mar. 15th, 2022 04:45 pm
Settimana: 4
Missione:
 M2
Prompt:
 Errare humanum est, perseverare autem diabolicum
Titolo:
 L'errore di un dio
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /

<Pensi che un dio possa commettere errori?>
Ailo non si sorprende della domanda che gli sfugge dalle labbra. Il sermone del nuovo e appassionato sacerdote Quinio - quello lì sarà una tale spina nel fianco come solo i fanatici sanno essere - ancora gli svolazza nella testa. E i suoi filtri verbali vengono fatti a brandelli ogni volta che è appagato. Il Viandante, poi, gli ispira quesiti filosofici e riflessivi tanto quanto lo eccita, cosa che ha stabilito una routine ormai consolidata: sesso e introspezione, conditi da un cestino di fragole.
Il Viandante non smette di accarezzargli la pelle nuda, osserva il focolare scoppiettante e comincia a raccontare.
<C’è una tribù, oltre la Dorsale delle Stelle, che crede che gli dei del cielo abbiano insegnato tutto agli uomini della terra, compreso a commettere errori. Era un concetto difficile da insegnare e gli dei discussero molto tempo su quale fosse il modo il più adatto. Ad un certo punto, un dio di nome Afi, testardo e per nulla paziente, si stancò della situazione e scese sulla terra. Radunò gli uomini intorno a sé e stese la mano sulla prima cosa che vide: un giovane albero di mele. La piante crebbe all’istante e fiorì e diede frutti succosi e rossi come le labbra consumate.> Si zittì un momento, gli ammirò le labbra lucide di saliva e succo di fragole e le accarezzò con un dito. Ailo pendeva dalle sue. <Gli uomini non batterono ciglio: i meli facevano mele rosse, era risaputo. Allora Afi stese ancora la mano e l’albero rifiorì e diede nuovi frutti. Questa volta, però, le mele erano verdi. Verdi e aspre e un poco più piccole. Gli uomini le guardavano confusi e le comparavano alle mele rosse, non capendo il perché di quella creazione. Afi stese ancora una volta la mano. Questa volta maturarono mele gialle, farinose, che si sgretolavano in bocca come sabbia umidiccia. “Perché queste mele sono così sgradevoli?” chiesero gli uomini. “Perché ho commesso un errore” rispose il dio e se ne tornò in cielo.>
Il Viandante tacque e Ailo non trovò niente di più intelligente da dire di un <A me piacciono le mele verdi.>
Il Viandante rise come se avesse raccontato una barzelletta e il suo petto vibrò sotto la guancia di Ailo.
<Qual è la morale di questa favola?> 
<Non c’è morale. Questa è la spiegazione della tribù Huna al colore delle mele.>
<E anche la risposta alla mia domanda? Quindi gli dei sono stati i primi a commettere errori.>
<Così la pensano gli uomini Huna.>
<Ma io non l’ho chiesto agli Huna. Io voglio sapere cosa ne pensi tu.>
Il Viandante ci pensò per un momento che si protrasse in una, due, tre carezze languide. 
<Credo che nessuno possa essere sempre nel giusto.> Rispose, infine.
Ailo, però, non era ancora soddisfatto. <E non è forse questa la differenza tra un uomo e un dio? Gli uomini sbagliano, i dei no.>
<I dei sono sempre nel giusto, secondo la tua opinione?>
La strage di Corisi gli sovvenne alla mente. Poi l’inondazione che aveva inghiottito metà Porto Nuovo due inverni addietro, e la malattia che quell’estate si era mangiata quasi metà del raccolto delle loro campagne. Ricordò Quinio che diceva “Nella prosperità e nella punizione, gli Dei sono sempre giusti”.
<Spero proprio di no.>
Il Viandante gli lasciò un’altra carezza, risalendo con la mano fino ai ciuffi intrecciati sulla sua nuca. Lo baciò su una tempia, il bacio che si dà a un fratellino impaurito. <A Navaha venerano due dei. C’è Il Giusto, che è rettitudine e ordine e progresso, e c’è L’Errante, che ti mette sul sentiero sbagliato e non ti fa mai imparare dagli errori, così da averti in pugno per sempre.>
 

COWT12

Mar. 15th, 2022 03:35 pm
Settimana: 4
Missione:
 M2
Prompt:
 Errare humanum est, perseverare autem diabolicum
Titolo:
 L'orgoglio del demonio 
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /

Il Consiglio Cittadino fu prevedibilmente clemente. Il generale Maxon sbraitò e agitò in aria le sue tozze braccia da toro appesantito, espresse la sua indignazione per l’offesa recata al figlio in tutti i modi possibili e fantasiosi, ma alla fine Ailo ne uscì con niente più di una tirata d’orecchi. Tutto merito della sua faccia angelica e di un atteggiamento opportunamente adattato al ruolo: l’ingenuo e pentito rampollo di buona famiglia, che ha commesso un errore a causa dell’esperienza, lo riconosce e china la testa di fronte a maestri più saggi di lui. I consiglieri apprezzarono. Il generale, meno.
<Quel demonio ha accecato mio figlio di proposito! E non è la prima volta! E’ stata una vendetta bella e buona!>
Ma il generale urlava troppo, fomentato dall’indignazione e dall’orgoglio, i consiglieri erano troppo in alto per accettare di essere trattati come bambini ripresi dal padre. Verso la fine dell’udienza, l’anziano Erode, in teoria un giudice imparziale e distaccato dalla faccenda, prese le parti di Ailo, definendo la sua bravata un “incidente dovuto a una mira non eccelsa”. 
Ailo non smise la maschera per un secondo, mostrando vergogna davanti al Consiglio e rimorso quando faceva cadere l’occhio sul generale. Le spalle gli facevano male tanto si sforzava di tenerle basse e temeva che il solco pieno di rimpianti sulla fronte gli sarebbe rimasto impresso in modo permanente. Tentò perfino di farsi venire gli occhi lucidi, ma gli veniva troppo da ridere e rischiava di scoppiare di fronte a tutta l’Aula.
Solo una volta vacillò: scorse un volto che non si aspettava nella folla di accademici venuti a ficcanasare e la sorpresa gli spianò il volto. Il Viandante era lì. Ailo non sapeva neanche che fosse tornato in città. 
In un lampo la sorpresa era stata soppiantata da un’euforia cocente. Un conto era spuntarla di fronte all’Accademia, al Consiglio Cittadino e ai rappresentanti della società tutta, un altro era pavoneggiarsi di fronte a lui. 
I suoi spocchiosi coetanei lo invidiavano. I vecchi burocrati ammiravano la sua faina astuzia. I suoi nemici si rodevano il fegato e sputavano fiele. Suo padre lo chiamava bestia politica ridacchiando e segretamente lo disprezzava. Ailo si beava tutto ciò, ma niente gli avrebbe dato più piacere che trionfare di fronte al Viandante. Voleva renderlo fiero. Voleva che fosse orgoglioso di possederlo.
Da quel momento, recitare fu incredibilmente più impegnativo e più facile allo stesso tempo.
A riunione conclusa, Ailo non rimase ad ascoltare le rimostranze di Maxon neanche un momento più del dovuto. Corse a cercare il Viandante tra la folla.
All’ombra di un arco bianco stava lui, in attesa. Il sole gli accarezzava gli abiti impolverati, il vento i sottili capelli rossi e nel complesso sembrava il protagonista di uno dei quadri della loro residenza estiva. Quadri che raccontavano dell’estate, delle vigne, dei colori semplici, delle colline che si gettavano sul mare, della brezza salmastra che rubava i cappelli e agitava le sottane.
Si gettò tra le sue braccia prima che potesse accorgersi di lui. Respirò sulla sua pelle l’odore di avventura. Quando il Viandante ricambiò la stretta, si sciolse in una risata incontrollabile. 
<Hai visto?> Chiese il suo cuore incontrollabile. <Mi sei mancato. Mi sei mancato tantissimo.> Aggiunse e poi, di nuovo: <Hai visto?>
Il Viandante gli avvolse una guancia con il palmo ruvido e polveroso. <Mio piccolo demonio.>
Ailo ignorò il nomignolo non proprio lusinghiero. Con quel tono soffice, avrebbe potuto chiamarlo con il peggiore degli insulti e sarebbe comunque stato come un sorso di miele. <Mi hai visto?>
<Ti ho visto.> 
Il suo ego volò in cielo.
<Che cosa hai fatto questa volta?>
Ailo si morse il labbro, mascherando malamente un sorriso compiaciuto che gli sollevò comunque gli angoli della bocca. <Preparavo un incanto e temo di aver lanciato la polvere sbagliata.>
<Sbagliata?> Il Viandante rise. <No, tu non sbagli mai.>
 

COWT12

Mar. 14th, 2022 05:36 pm
Settimana: 4
Missione:
 M1
Prompt:
 Interruzione
Titolo:
 Interruzioni indesiderate 
Fandom: Originale
Rating: E
Warning: /
Note: Spin-off di "Il rumore della felicità"

Oliver strinse le coperte nei pugni. L’immagine mentale della relazione di istologia che lo aspettava sulla scrivania scomparve sotto un’ondata di piacere. Mugolò.
<Questo! Questo mi piace, questo…> Erik spinse di nuovo con le dita sul suo perineo, forte e deciso, mentre prendeva in bocca il membro. Mugolò di nuovo.
Adorava il modo in cui Erik affrontava la sua… “pigrizia sessuale”, come aveva deciso scherzosamente di chiamarla. Oliver aveva temuto che si stancasse della sua poca reattività, come Trevor.  Di dover sempre impegnarsi il doppio per ottenere la metà dei risultati. 
Erik invece l’affrontava come una sfida, ogni volta: non era soddisfatto finché Oliver non veniva soddisfatto, e più l’ostacolo sembrava insormontabile, più lui ci si incaponiva. 
<Come fai a non stancarti mai?> Gli chiese, in un momento di pura confusione. Sapeva che le sue inibizioni erano lì da qualche parte, ma non le vedeva più.
Erik salì con la bocca fino al suo orecchio, spalmandosi sopra di lui. Ridacchiò. <Ho una buona resistenza.>
<No, non era quello che intendevo.> Oliver fu distratto da un bacio vorace, prima di riprendere a parlare. <Come fai a…> A non darmi del frigido, piantandomi in asso? <... a non stancarti di darmi piacere?>
<Oh, Olly.> Erik premette di nuovo con le dita. <Non ci si può stancare di una cosa del genere.>
Temevo mi si sarebbe strappato qualche muscolo, tanto avevo le cosce tirate. Distrarsi a quel punto era impossibile, Erik era spietato. Aveva trovato un interruttore magico e aveva tutta l’intenzione di giocarci finché la lampadina non sarebbe esplosa. 
Fu terribile quando tutto andò a rotoli e non per colpa sua. 
Qualcuno bussò alla porta. Oliver spalancò gli occhi come se gli avessero gettato una secchiata d’acqua gelida addosso. La sua attenzione si focalizzò subito su quello stimolo entrato a forza nella sua bolla di appagamento. Si specchiò nello sguardo di Erik. Aveva sentito anche lui e sembrava indeciso se continuare quello che stava facendo o no.
La voce di sua madre lo chiamò. 
<Porca puttana.> Gli veniva da piangere. Stava andando tutto bene, una volta tanto. C’era vicino. 
Sua madre lo chiamò ancora. 
<Cosa c’è? Stiamo studiando!> Urlò all’indirizzo della porta.
Erik prese a lasciargli baci languidi sulla mandibola e colpì di nuovo il perineo, ma fu più fastidio che altro quella volta. 
<Sono le sei! Non avevi detto che andavi tu a far la spesa? Devo cucinare, sai?>
Sospirò. Sì, l’aveva detto, prima che Erik trasformasse quell’innocente pomeriggio in una sessione di sesso stratosferico. Ora, poteva mandare sua madre e la cena al diavolo? E a che pro? Sentiva già di starsi ammosciando, l’atmosfera stracciata. Da un angolino della sua testa, la lista della spesa alzò timidamente la mano.
Erik sospirò. Se ne era accorto. 
Oliver trattenne un ringhiò di pura frustrazione e non gli permise di sollevarsi da lui.
<Cinque minuti, ma’!> Gridò. <E arriviamo!> Poi si rivolse a Erik, sottovoce. <Vienimi addosso.>
<Ma…> La protesta di Erik morì sul nascere. Sapevano entrambi che in cinque minuti Oliver non avrebbe concluso, neanche con tutto l’impegno del mondo. Ciò non significava che Erik sarebbe dovuto andare in bianco per solidarietà.
<Avanti.> Lo strinse più forte. <Sfogati come vuoi.> Alzò il bacino per invogliarlo.
Erik protestò un po’, ma alla fine cedette, pronunciando quel suo <Olly> con tutto l’amore del mondo.

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