Settimana: 6
Missione: M3
Prompt: 30. tradimento
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /
Lo Spirito Audace
Emek era conosciuto nel Palazzo nel Cielo come “lo spirito che non perde mai il controllo”. Sempre preciso, sempre calmo e accorto, non c’era un imprevisto che non sapesse gestire; manovrava ogni situazione con la massima efficacia e se avevi un problema, potevi star certo che ti avrebbe indicato la soluzione. Lui stesso si vantava, con falsa modestia e orgoglio in egual misura, della sua efficienza e della fiducia che il Sommo Eros riponeva in lui. In altre parole, era più probabile che un intero stormo di cicogne andasse a schiantarsi sulle finestre del palazzo, piuttosto che vedere Emek agitato o preoccupato.
Per questo, un giorno iniziato come tutti quelli precedenti, bastò guardare lo spirito in questione correre come un forsennato verso la sala del Sommo, con il volto pallido e l’espressione atterrita, per mandare tutti nel panico. Gli altri assistenti si scambiavano occhiate sbigottite e allarmate al suo passaggio, commentavano tra loro. Alcuni provarono a richiamarlo e venivano ignorati. Altri decisero di seguirlo, cercando di capire cosa stesse succedendo.
Arrivato a destinazione, con il fiatone e il corteo al seguito, Emek spalancò impetuosamente il portone, come non si sarebbe mai permesso di fare in qualsiasi altra situazione, ed entrò.
«Esth! È stato Esth!» gridò, attirando l’attenzione di tutti i presenti.
La sala personale di Eros era di una bellezza incomparabile con le altre del Palazzo, come giustamente doveva essere. Il bianco del marmo ricopriva pareti e colonne, interrotto dai colori lucenti delle sete e dei tappeti. Piccole scrivanie formavano un anello verso l’esterno, mentre al centro stava il Pozzo delle Anime, affiancato da qualche divanetto per la comodità del Sommo. Musica soave si spandeva da ogni angolo della stanza, fino al momento in cui il fragore della porta che sbatteva non aveva fatto tacere tutto.
Pochi spiriti avevano il permesso di entrare in quella sala, al momento ce ne erano tre, bloccati comicamente nell’atto di registrare e passarsi fogli.
Il Sommo si sollevò in piedi, e fece un passo nella direzione dei nuovi venuti.
«Mio caro Emek, cosa succede?» domandò, cercando di infondere tranquillità nel tono. In millenni di vita ne aveva affrontate tante, poco ormai riusciva a stupirlo, ma anche lui doveva ammettere che vedere quel suo fidato assisteste così agitato era destabilizzante.
Lo spirito indugiò qualche secondo per recuperare fiato e un minimo di compostezza. Resosi conto di essere il centro dell’attenzione generale, si raddrizzò un poco, lisciandosi nervosamente il completo.
«Mio signore, è una tragedia!» parlò infine, torcendosi le dita delle mani. «Quel poco di buono, è sempre colpa sua, ma questa volta… questa volta, mio signore, ha davvero fatto un disastro! Ha riscritto i registri, ha legato le anime sbagliate!»
Nel sentire le ultime parole, un coro di esclamazioni esterrefatte si alzò dalla folla di assistenti. Il viso di Eros si era rabbuiato, l’espressione pacata scivolata via come olio.
Prima che Emek potesse fornirgli più dettagli, chiese a tutti gli altri di lasciarli, trattenendo solo uno spirito che aveva accanto.
«Si gentile, va a cercare Esth e digli di raggiungerci qui.» comandò e questi scattò subito verso l’uscita, richiudendo le pesanti porte dietro di sé.
L’assistente riprese a strattonarsi impaziente i vestiti, in attesa di ottenere parola non appena il Sommo gli diede il permesso, attaccò come una macchinetta nel descrivere la grande sciagura alla quale il collega aveva dato vita.
Emek stava controllando i registri dei legami consolidati, come ogni mattina. In questi giorni c’erano state molte nascite nelle Terre Fredde, soprattutto nel villaggio di Char, e voleva assicurarsi che ogni nuova anima appena reincarnata fosse stata registrata correttamente. Mentre svolgeva il suo lavoro, bevendo una tazza di ambrosia calda per rinvigorirsi, un altro spirito aveva accidentalmente urtato la sua scrivania, nella fretta di arrivare alla sua postazione. Dopo averlo strigliato per bene, per la disattenzione e il ritardo, si era chinato a raccogliere il registro e assicurarsi che non si fosse sporcato, e in quel momento aveva visto l’errore.
La pagina in questione riportava i neonati venuti al mondo in quel villaggio diciotto anni prima, tra la prima e l’ultima notte d’inverno. Terza colonna, ventisettesima riga. Un nome, Loga, spiccava tra tutti gli altri, poiché quello di fianco al suo – l’anima che il Sommo Eros aveva decretato fosse la sua complementare – era stato barrato più e più volte, fino a risultare illeggibile.
Emek aveva sentito il pavimento mancargli da sotto i piedi e la stanza vorticare come se si trovasse in una tromba d’aria. Le pagine di quei tomi erano la memoria stessa del Sommo, la sua volontà scriveva quelle parole. Impossibile trovare scarabocchi o sbavature con comune inchiostro: quelle cancellature erano opera di uno spirito, così come il nome che era stato aggiunto sopra le righe in una calligrafia stentata.
Con l’urgenza dettata dal panico si era fiondato nella sezione Risorse Spiriti e aveva esortato – minacciato – l’assistente di turno per fargli controllare il fascicolo di quell’area geografica nell’anno in questione. Scorto il responsabile, il pavimento scomparso poco prima gli era franato in testa. Esth. Lo spirito che aveva avuto il compito di legare le anime del villaggio di Char diciotto anni prima, seguendo le indicazioni del registro, e accompagnarle sulla terra per farle nascere era quel pestifero e presuntuoso di Esth.
«Dopodiché sono immediatamente corso qui, mio signore, per mettervi al corrente.»
L’espressione di Eros si era fatta man mano sempre più preoccupata e smentiva le parole che pronunciò alla fine del racconto.
«Non è il caso di allarmarsi subito, non sappiamo ancora se Esth ha fatto davvero ciò che dici. Aspettiamo che arrivi e ascoltiamo la sua versione.»
Non fu un’attesa troppo lungo, otto minuti al massimo, percepiti quaranta nel caso di Emek.
Esth fece la sua entrata nella sala con educazione spontanea e tranquillità. Bussò alla porta, rimase defilato finché non gli fu permesso di farsi avanti. Un sorriso disteso a modellarli le labbra esprimeva la sua felicità di essere stato chiamato dal Sommo, appena un po’ di incertezza dovuta alla confusione dell’improvvisa convocazione. Sembrava genuinamente ignaro del motivo per cui si trovava lì.
«Buongiorno, mio signore.» esordì verso il signore del palazzo e il suo sorriso si fece più ampio. Ignorò completamente l’altro. «In cosa posso esservi utile?»
«Potresti sparire! Ecco cosa puoi fare, liberarci della tua presenza!» esplose subito la voce di Emek.
Il Sommo Eros lo ammonì con un’occhiata severa, che lo fece demordere dal continuare a sfogarsi. Quando spostò lo sguardo sull’altro spirito al suo servizio, ora stupito e offeso, non lo addolcì.
«Esth.» richiamò la sua attenzione. «Ho una cosa molto importante da chiederti. Rispondi sinceramente.»
Non era ne una richiesta ne un ordine. Quando il Sommo usava quel tono, quando ti guardava dentro in quel modo, quando teneva la tua essenza in mano, compiacerlo diventava un bisogno. Gli spiriti del Palazzo nel Cielo non sentivano la fame, la sete o il sonno. Provavano emozioni, da loro si facevano trascinare più spesso degli esseri umani, ma un solo istinto li dominava: il volere del loro signore.
«Hai mai ignorato le mie disposizioni scritte nei registri, scegliendo al mio posto quali anime combinare?»
La domanda rimase sospesa tra di loro per qualche secondo, poi l’espressione dell’assistente cambiò, diventando sempre più dispiaciuta.
«Sì, mio signore, l’ho fatto, ma non per fare un dispetto a voi, non mi permetterei mai. Volevo solo aiutarvi, ve lo giuro, volevo solo-»
«Come hai osato disubbidire al Sommo?! Come hai osato legare di testa tua-» si intromise Emek, oltraggiato come fosse lui il diretto interessato, venendo a sua volta interrotto da Esth, la cui voce accorata si levò più alta.
«L’ho fatto per voi, pensavo di aiutarvi, volevo dimostrarvi-»
L’altro spirito lo bloccò di nuovo «Dimostrare cosa? Di essere migliore del nostro signore? Credi di saperne più di lui tanto da correggerlo?» per poi dargli le spalle e rivolgersi solo al Sommo. «Mio signore, questa volta Esth ha superato ogni limite. Merita di essere punito e cacciato.»
«Sta zitto, tu!» urlò l’accusato, concentrandosi sull’altro spirito. Rabbia e disperazione combattevano dentro di lui, facendogli stringere i pugni e tremare la voce. L’eco del suo grido rimbombò tra le colonne e si mischiò con quelli seguenti.
«Non mi permetterei mai di correggere il Sommo! Non mi permetterai mai di pensare che abbia sbagliato, perché nessuno conosce più di lui le anime di questo mondo! Io volevo soltanto aiutarlo!»
«Sei solo un presuntuoso e un arruffone!»
«Silenzio!»
E la quiete ritornò nella stanza. Non era da Eros alzare la voce. Sempre pacato, accomodante, con movenze raffinate ed eleganti e il sorriso leggero dei saggi; si rivolgeva a tutti con dolcezza, era solito riprendere chi creava confusione con un tono troppo acceso.
Emek guardò eloquentemente il suo parigrado, a incolparlo anche di quell’anormalità.
«Esth.» pronunciò di nuovo il Sommo «In che modo ciò che hai fatto potrebbe aiutarmi? Ti rendi conto di aver condannato ben due anime ad amare qualcuno che non potrà mai renderle davvero felici?»
Si rendeva conto di essere andato contro il suo signore, certo, lo spirito non era ingenuo, ma lo aveva fatto nell’interesse di tutti ed era determinato a spiegarsi.
Il compito del Sommo Eros era scrutare nel Pozzo delle Anime, tutto il tempo, e studiare chi vi nuotava. Di ogni anima cercava la sua gemella, la compagna ideale. “Il mondo laggiù è già abbastanza crudele, anche senza doversi sentire soli” diceva sempre e svolgeva il suo dovere con piacere. Una volta trovata, affidava la coppia ai suoi assistenti, perché stipulassero un legame duraturo e la accompagnassero sulla terra, dove si sarebbero temporaneamente divisi per rinascere in un corpo mortale, con la promessa di ritrovarsi.
Solo Eros era in grado di scoprire due anime complementari, finché Esth non provò ad emularlo. Non perché volesse prendere il suo posto o mostrarsi superiore, su questo punto insistette particolarmente, ma perché se anche altri avessero saputo farlo, il carico di lavoro del Sommo sarebbe stato alleggerito.
Non c’era possibilità che a lui lasciassero fare una prova, poiché non c’erano precedenti di una cosa simile.
«Ci puoi scommettere che non te lo avremmo lasciato fare!»
«Senza provare a cambiare, come si può sperare in un miglioramento?»
Così Esth aveva agito di nascosto. Aveva scelto un’anima da registri e, mettendo da parte la complementare già trovata, si era messo ad analizzarne altre alla ricerca di una simile e altrettanto compatibile. Poi aveva scelto un altro nome dal registro e aveva fatto lo stesso.
«Hai… hai rovinato più di una coppia?! Tutte quelle povere anime nelle tue mani…»
«L’ho fatto solo due volte!»
Voleva dimostrare al Sommo di esserne capace; quando quelle persone avrebbero vissuto una vita felice insieme allora le avrebbe portate davanti al suo signore e a tutti gli altri spiriti. Con quel successo sotto gli occhi, nessuno avrebbe avuto niente da ridire.
Finì la sua spiegazione che ansimava dal fervore e guardava Eros risoluto.
«Ci sono riuscito, mio signore, vi assicuro che ci sono riuscito.» aggiunse, cercando di imprimere tutta la sua convinzione nella voce. «Mi dispiace di averlo fatto alle vostre spalle, ma non mi pento di aver agito.»
Questo manteneva l’espressione meditabonda che aveva tenuto durante il suo discorso e niente, nel suo volto, lasciava trapelare i suoi pensieri a riguardo.
Emek scuoteva il capo allibito, troppo incredulo della sua sfacciataggine per commentare con qualcosa di pungente ad alta voce.
Istintivamente, tutti i presenti rivolsero lo sguardo ad Eros, in attesa del suo verdetto. Il silenzio si dilatò fino a diventare opprimente, ma il Sommo Signore del palazzo si prese ogni momento disponibile per ponderare.
«Qualsiasi sia il risultato della tua impresa, non posso ignorare il fatto che tu abbia infranto le mie leggi. Esse debbono essere rispettate, o il caos prenderà il sopravvento in questa casa e nel mondo tutto. Verrai punito per questa tua mancanza.» La sentenza calò su Esth come un fallimento in sé, doloroso quanto umiliante. «E allo stesso modo, non posso ignorare la tua audacia nel deviare dal cammino già tracciato. Nuovi e magnifici sentieri possono essere scoperti solo in questo modo e grazie a esseri come te. E per questo verrai premiato.»
Emek fu il primo a riprendersi dallo sbalordimento e provò a protestare. Il gesto del Sommo, però, fu perentorio e definitivo. Esth era troppo commosso per esprimere la propria gratitudine.
«Ora vieni con me, Esth. Andiamo a vedere se il tuo sentiero porterà a qualcosa di buono.»