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Settimana: 6
Missione: M6
Prompt: 400 parole
Fandom: Fullmetal Alchemist
Rating: G
Warning: /
Note: Future!AU
La pozza sacra
Tutti a festeggiare per quell’oasi rivoluzionaria, il miracolo dell’acqua nel deserto, risultato della comunione tra genio ingegneristico e alchemico. Volete il mio parere? Alla gente piace esagerare.
Una pozza. Non era niente più che una pozza d’acqua, neanche troppo limpida se si osservava bene. Circondata da muschi pallidi e arbusti dai tronchi sottili e le foglie carnose. La piscina nella villa dello zio Armstrong era più grande.
Il caldo era allucinante e mi sarei accontentata della pozza, davvero, per rinfrescarmi un po’, ma a quanto pareva era sacra e non ci si poteva fare il bagno. A che pro allora costruirla? Miracolo di ingegneria e quant’altro, e neanche si poteva usare. Bah.
Un ragazzino mi passò davanti, sventolando dei nastri azzurri che dovevano simulare rivoli d’acqua. Lo sapevo perché la governante, quella mattina, aveva insistito perché me ne mettessi alcuni tra i capelli, graziosamente annodati in fiocchetti. Bah. Non erano fatti di acqua vera e non mi avrebbero dato sollievo sulla testa accaldata, solo tirato fastidiosamente i capelli.
Il ragazzino ripassò davanti a me. Cominciava a darmi sui nervi. Fece svolazzare i nastri intorno a due bambine, che ridacchiarono deliziate tenendosi per mano, poi si guardò intorno fino a trovare me.
Il palco su cui mi trovavo con la mamma e la signora Shirley non era sopraelevato e chiunque poteva - e lo faceva - avvicinarsi per coinvolgerci nei festeggiamenti.
Il ragazzino fece un passo nella mia direzione, i nastri puntati come un fioretto. Aveva piedi scalzi e impolverati, trecce tra i capelli bianchi e gli occhi chiari dei meticci.
Lo fulminai con lo sguardo prima che arrivasse a portata di “svolazzo”.
Il ragazzino fu abbastanza saggio da fermarsi.
Purtroppo per me, era comunque arrivato nel raggio d’azione di madame Shirley, che gli fece cenno di avvicinarsi con un verso estatico, non dissimile da quello delle bambine di prima.
“Chi abbiamo qui? Che bel giovanotto, vieni, vieni, eccoti un nishva.” Gli porse uno di quei campanelli miniati che nella sua tradizione si accompagnavano alle feste.
Il ragazzino non osò rifiutare, si avvicinò e prese il nishva, attento a non sporcare con le dita impolverate i guanti in pizzo della signora. Legò il campanellino a un laccio dei pantaloni, insieme ad un altro paio.
A quel punto, madame Shirley puntò me. Insistentemente.
Mi rifiutai di esprimermi, anche perché non le sarebbe piaciuto ciò che avevo da dire.