Missione: M2
Prompt: Anomalia
Titolo: Rimedi inefficaci per sorelle depresse
Fandom: Percy Jackson
Rating: sfw
Warning: /
Note: OCs
"Diario di bordo, 30 settembre, pomeriggio. Sono passati cinque giorni dal Fattaccio e la cabina continua ad essere infestata dal Fantasma."
Sospirai. "Laila, dacci un taglio."
"Essa se ne sta principalmente nella sua camera, da dove arriva un oscuro e mortimero silenzio…"
"Mortifero, si dice mortifero."
"... Interrotto ogni tanto da gemiti disperati, grida di rabbia o oggetti che sbattono a terra. Essa non si fa mai vedere se non accidentalmente, quando esce per i suoi bisogni primari. Il Fantasma va in bagno. Il Fantasma si nutre di barrette al cioccolato dietetiche e zuppe precotte, oltre che della sua stessa amarezza. Il Fantasma non può evitare il suo turno delle pulizie. Quando incrocia un vivo sulla sua strada, usa lo sguardo raggelante della morte per farlo sentire un miserabile e portarlo al suo livello."
"Laila!" Mi guardai intorno. Jessica non sembrava a portata d’orecchio, grazie al cielo. "Ti ho detto di smetterla."
Dafnis, appollaiato sul bracciolo del divano comune, rise fino a rotolare a terra.
Quando Laila aprì di nuovo bocca, sicuramente per continuare quella sceneggiata, gli tirai una ciabatta.
“Slap!” Gridò la chiappa offesa e “Ah!” Gridò la sua proprietaria.
Nel rispedirla indietro, Laila mi mancò del tutto. In compenso, centrò in pieno i pirottini di alluminio dei muffin che Veronika aveva cucinato quella mattina e portato in cabina.
"Cosa state combinando?" Gridò proprio lei, dal bagno, quando questi caddero a terra facendo un frastuono della miseria.
"È il Fantasma!" Gridò Dafnis.
"Ehi!" Mi alzai in piedi, abbandonando il libro che stavo leggendo e raggiungendo i miei fratellini sul divano. "Tutto bene, Veronika!" Aggiunsi subito dopo, ricordandomi del macello che era appena diventato il pavimento del salotto. sarebbe stato un problema fra tre quarti d’ora, quando Veronika avrebbe finito di truccarsi.
Acchiappai Laila per la collottola e la guidai fino al portico, all’esterno. Dafnis ci seguì senza farsi pregare.
"Statemi a sentire, voi due."
Ancora ridacchiavano, i monelli. Dovetti pizzicarli sulle guance finché non ottenni la maggior parte della sua attenzione e un’espressione semiseria.
"Basta prendere in giro Jessica. Non è come quando ha rotto con il suo ragazzo due mesi fa, sta davvero male questa volta."
Laila sbuffò. Ancora non credeva possibile essere così depressi solo per non essere entrati in una “scuola per grandi”, per giunta nel “mondo normale”.
Jessica era tornata dal deposito posta cinque giorni prima con il sorriso smagliante e la lettera dell’università che tanto stava aspettando tra le mani. Essere accettata all’accademia di moda era tutto ciò che chiedeva alla vita quell’estate, ciò per cui si era rinchiusa in cabina a fare progetti su progetti invece che andare in spiaggia con le amiche. Aprire la busta per trovarvi un rifiuto, educato, motivato e ragionevole, ma pur sempre un rifiuto, l’aveva abbattuta come non ricordavo avesse mai fatto nient’altro.
"È come se…" Cercai un paragone azzeccato per i due bambini, "è come se aveste passato tutta la settimana a preparavi per il torneo di basket e all’ultimo vi dicessero che siete troppo bassi per partecipare.”
Se provarono anche un briciolo di compassione, non lo dimostrarono.
"Povero fantasma." Disse Dafnis, grondante sarcasmo e senza smuovere il sorriso sereno dalla faccia.
Laila aveva esaurito i pochi grammi di attenzione a disposizione di una tredicenne e si era messa a raccogliere le margherite sul portico.
Forse fu la loro spietata indifferenza a scuotermi, o forse uno slancio anomalo di empatia, a farmi decidere. "Dobbiamo tirarle su il morale. Siamo fratelli, dobbiamo almeno provarci." La situazione in cabina cominciava a essere soffocante e non era come se non ne dovessero almeno una a Jessica. "Lei lo farebbe per noi, anzi lo ha già fatto. Ricordate i compleanni a sorpresa? E lo striscione alla tua prima conquista? E le maledizioni verso gli ex." Un vero tocco di classe, quelle. "È ora di contraccambiare."
"Che cosa hai in mente?" Chiese Laila, che subodorava le occasioni di combinare guai con ore di anticipo.
La mia mente, al momento, era vuota. "Non lo so. Mi farò venire un'idea."
§
Bussai alla porta di Jessica, con i tre muffin di Veronika sopravvissuti in mano. Nessuna risposta.
Bussai di nuovo. "Jessy?" Silenzio. "Veronika ha fatto i muffin, te ne ho portati un paio."
Aspettai ancora. Faticavo a trovare qualcosa di più terapeutico dei dolci fatti in casa per chi ha il morale a pezzi. Erano meglio della panacea: cuori infranti, delusioni sociali, fallimenti lavorativi, raffreddore… Impossibile resistere. E, infatti, dopo pochi secondi sentii l’inconfondibile ciabattare strascicato del Fantasma.
La porta si aprì, rivelando una Jessica ai minimi storici della sua forma.
Non aveva il trucco intorno agli occhi - non ricordavo l’ultima volta che l’avevo vista senza. Mia sorella non era frivola, ma adorava il modo in cui quelle linee nere risaltavano le sue occhiatacce penetranti.
“Vuoi apparire adulto e scazzato?” Diceva, “metti l’eyeliner”. Le uniche linee nere che ora portava erano quelle delle occhiaie.
Avvolta nel pigiama con gli avocado nonostante fossero le due del pomeriggio, la testa incassata nelle spalle, i capelli scomposti, alzò gli occhi rossi e gonfi su di me, poi li puntò sui muffin. La vidi sprofondare in una lotta interiore, il vaffanculo che gli nacque sulle labbra mentre l’odore dei dolci le riempiva le narici. Allungai la mano verso di lei. I muffin vinsero.
Jessica non mi mandò a quel paese, chiudendomi la porta in faccia; invece prese un muffin per portarselo alla bocca e, quando accennai un passo verso la sua camera, si spostò dall’uscio per permettermi di entrare.
Il letto sfatto non aveva un’aria invitante, con le lenzuola ammucchiate, fazzoletti e fogli accartocciati dappertutto e il cuscino sotterrato di post-it. Mi sembrò di scorgere persino uno scialle di seta pendere da un lato del materasso, accanto al portatile aperto. Rimasi in piedi.
Jessica non si fece questi problemi: si gettò sul materasso, prese il secondo muffin e abbandonò il pirottino del primo accanto a sé. Mi venne l’orticaria a vedere le relative molliche sparse su tutto il lenzuolo? Solo un pochino.
Con un sospiro, mi dedicai a mia sorella. "Domani sera i figli di Iris vogliono progliettare “Mangia, prega, ama” sulla parete della Casa Grande, ti va di andare a vederlo?" Julia Roberts di solito era un buon incentivo.
"No."
Piluccai una goccia di cioccolato dall’ultimo muffin, dissimulando interesse. "E se mi procurassi di contrabbando dei popcorn al caramello dalla Cabina di Ermes?"
"No."
"Ok."
Ragionai per un momento. Piegando la testa, lo sguardo mi finì su un paio di libri accuratamente sistemati su uno scaffale.
"Hai letto qualcosa di nuovo ultimamente?"
Jessica scrollò le spalle e mi rivolse un’occhiataccia dal suo nido pieno di briciole e seta e appunti stracciati. I muffin erano finiti e presto lo sarebbe stata anche la sua pazienza.
Le allungai il mio dolcetto per prendere tempo. "Potremmo andare in città a comprare un nuovo libro. Mi servirebbe anche un consiglio, non so più cosa leggere."
"Leggi Il Fratello, di Jo Nesbø. Un thriller pazzesco. Sai come finisce?"
Potevo immaginare e non ci tenevo granché ad avere la conferma. Avevo capito l’antifona, e magari mi sarebbe convenuto cambiare di nuovo strada.
"Jackson ha aggiustato la rete da ping pong. Modalità estrema, campo di gioco: il lettino da sdraio del Signor D. Ti sfido!"
"Perché non ti levi dalle palle?"
Tempo scaduto. Jessica gesticolò verso la porta così veementemente che temetti le si staccassero le mani dai polsi.
Non mi opposi e tornai nello spazio comune, recuperai gli auricolari dove li avevo lasciati e uscii dalla cabina, confidando che una passeggiata mi avrebbe fatto venire idee migliori. A costo di andare a chiedere aiuto ai sapientoni figli di Atena, avrei posto rimedio a quella faccenda.