Settimana: 5
Missione: M2
Prompt: 14 Exit 12
Titolo: Segreti in equilibrio
Fandom: Originale
Rating: sfw
Warning: /
Note: a fine racconto il meme che lo ha ispirato
Il brutto di avere una cotta stratosferica è che se tale cotta ti dice “sali e guida”, tu sali e guidi. Sam non ha chiesto cosa ci faceva Cas nel suo vialetto di casa, dove dovevano andare, perché dovesse essere proprio lui a guidare, che anno fosse e altre inezie simili, sebbene l’essere stato buttato giù dal letto alle cinque del mattino non lo ha reso abbastanza lucido da perorare la causa.
Cas lo ha svegliato con un’energica scrollata e un sorriso abbacinante, lo ha fatto alzare, lo ha aiutato a vestirsi - e per un terrificante momento Sam ha creduto di stare ancora sognando e che gli fosse permesso allungare le mani - e gli ha ficcato un muffin in bocca. Poi lo ha abbracciato, caldo e morbido e profumato di ammorbidente, mormorando “buongiorno” nel suo orecchio e lasciandogli un bacio sulla tempia. Quando si è ritratto dall’abbraccio, Sam aveva in mano le chiavi della sua station wagon.
Cosa avrebbe dovuto fare? (chied) Si è messo in auto e ha guidato.
Cas gli ha fornito come indicazione un generico “vai verso l’autostrada” e, seduto sul sedile del passeggero, ha tirato fuori dallo zaino il proprio pc.
Il pc di Cas ha la straordinaria capacità di funzionare in qualsiasi condizione, nonostante abbia più bozze e graffi della station wagon e Sam non l’abbia visto in carica una volta sola in vita sua. Deve ricavare energia dall’etere e dagli sticker dei Pokémon attaccati sul dorso, un po’ come il suo proprietario.
Cas si è messo subito a smanettare alla tastiera, finestre e righe di codice che comparivano una dietro l’altra sul desktop.
Dopo una decina di minuti di guida, Sam è abbastanza sveglio da cominciare ad avere bisogno di qualche risposta.
“Dove stiamo andando?”
“In autostrada, verso la A34.”
“Cas, cosa sta succedendo?”
Cas mette la mano sopra la sua sul cambio manuale, una stretta delicata. Si sporge verso di lui e gli lascia un altro bacio, questa volta sulla guancia. “Va tutto bene, non è successo niente di grave. Voglio solo farti una piccola sorpresa.”
Per quanto Sam vorrebbe che fosse la normalità, non sono da lui, da loro, quelle effusioni. C’è effettivamente un campanellino d’allarme che risuona nella sua testa. è solo che la baraonda di festa per il bacio è molto più forte, quindi sta zitto e continua a guidare.
Quando entrano in autostrada e Cas lo istruisce di rimanerci per almeno cinquanta chilometri, Sam riprova a chiedere dove sono diretti. Riceve un altro bacio come risposta e si zittisce.
Alla terza volta, comincia a intravedere uno schema. Il desktop di Cas lo inquieta sempre di più, con file criptati e una pipeline di sicurezza alquanto lunga. Accetta il bacio sulla guancia e la carezza sulla mano, ricambiando persino, ma poi passa al contrattacco.
“Cas, ho bisogno che mi dici qualcosa di più, sorpresa o non sorpresa.”
“Ti fidi di me?”
“Mi fido che non mi stai facendo guidare fino al posto dove mi ucciderai e seppellirai, non è questo che mi spaventa. Ma ho comunque paura di te. Dimmi qualcosa o accosto su una piazzola d’emergenza.”
Cas tenta un’ultima disperata coccola.
Sam si sforza di non impanicarsi per quella questione, per la sua cotta che probabilmente è stata scoperta e viene usata come strumento di manipolazione - o, se non la sua cotta, certamente il suo debole per un Cas affettuoso e propenso al contatto fisico. È un problema per dopo.
Fortunatamente, basta che faccia segno di accendere una freccia per sbloccare Cas.
“Ok! Ok! Ti dico dove andiamo, ma prima promettimi che non inchioderai in mezzo all’autostrada.”
Preoccupante. Sam fa appello all’autocontrollo di cui non di rado si vanta e promette.
“Stiamo andando alla base segreta della Lega dei Supereroi.”
A favore di Sam, effettivamente non inchioda. Per contro, si lancia sulla prima rampa di uscita che vede, tagliando due corsie e rischiando un incidente stradale di proporzioni gravissime. I rumori dei clacson e l’urlo di Cas è un sottofondo flebile paragonato alla sua voce interiore che urla “la base segreta!”.
La sua voce interiore è quella di suo padre, Dark Shadow, e suona vittoriosa più che mai.
“Hey! Sam! Ma sei impazzito?”
Sam stringe con forza il volante cercando di calmarsi mentre si avvicina al casello. “Sei tu impazzito? Come ti viene in mente di portarmi a…” non riesce neanche a dirlo, “... in un posto del genere.”
Cas sta ancora arpionando lo sportello con una mano, l’altra stringe a sé il computer. Computer che ancora va tranquillo, nonostante l’ennesima botta che deve aver preso.
“Te ne ho parlato. Ti avevo detto che, ora che conosci il mio alias, gli altri supereroi avrebbero voluto fare un controllo su di te e conoscerti di persona.”
Sì, certo, ed era stato un colpo. Cas era Little Giant. Il suo amore era un vigilante mascherato. Peggio di tutto, i suoi amici in calzamaglia avrebbero passato i suoi files al setaccio, con un rischio potenziale di scoprire la sua di identità segreta da capogiro e nausea costante.
Sam si era aspettato una visita in casa sua, magari nel cuore della notte, e aveva eliminato qualsiasi dispositivo compromettente. Non si era aspettato di certo di venir portato direttamente nel cuore del territorio nemico.
“Non devi essere preoccupato, vogliono solo conoscerti.”
Cas non poteva capire: la parte analitica di Sam, indipendentemente dalla sua bussola morale, aveva già ristretto l’area in cui la base segreta si potesse trovare. I vari frames che aveva visto passare sul desktop di Cas? Livelli di sicurezza, appuntati. Password e requisiti d’accesso, appuntati. Tutte informazioni catalogate con cura. E se solo suo padre lo avesse scoperto…
Cas gli intimò di rientrare in autostrada. Sam lo fece solo per poter fare marcia indietro.
“No, dobbiamo andare verso-”
“Non mi dare altre informazioni!” Avrebbe voluto urlare Sam, che invece dovette ripiegare su un semplice “torniamo a casa.”
“Sam…”
“No, Cas, non voglio incontrarli.”
“Ma perché? Succederà comunque, in un modo o nell’altro. Così ci sarò anch’io e non permetterò che-”
Sam sentiva di poter schizzare fuori dalla propria pelle e non riusciva a concepire come Cas non sospettasse il pericolo. “Davvero puoi portare chiunque nella base segreta della Lega dei Supereroi? E se fossi una minaccia?”
Cas cambiò tono, scendendo a una serietà solenne. “Non sei chiunque, sei Sam. Mi fido di te. Non affiderei questo segreto a nessun altro.”
Altro che capogiri e nausea costante. Sam meritava di venir preso in pieno da un’auto-cisterna.
Si prese il tempo di un respiro, un lungo respiro a pieni polmoni per fare chiarezza nella propria testa. Non poteva farsi portare alla base segreta, dire il motivo per cui non voleva andarci,rivelare la propria identità segreta e tradire la fiducia di Cas. Poteva invece guidare fino a casa, dimenticarsi di quella mattina e ripagare la fiducia di Cas con qualsiasi cosa volesse. E poteva mettere la coscienza a tacere mentre gli raccontava balle, per non perderlo.
“Io non me la sento, Cas. Già ho il terrore di metterti in pericolo solo dicendo una parola sbagliata alla persona sbagliata, in un momento di distrazione. Conoscere anche altre informazioni sulla Lega dei Supereroi? Già mi immagino gli incubi, io che commento il colore di una action figure con quello del costume vero e parte una catena che porta allo smascheramento universale.”
Cas aveva cambiato espressione, con gli occhi bassi e le spalle arrese sul sedile. Tirò su un solo angolo della bocca, in un sorriso dispiaciuto. “Ora stai esagerando.”
Sam sapeva di aver già vinto. “Per favore, non c’è un altro modo? Immagino che l’agenda di un supereroe sia pienissima, ma non possono trovare cinque minuti per farmi visita loro?”
Cas sospirò. “Mi dispiace averti forzato in questo modo. Hai ragione, possiamo trovare un’altra soluzione. È solo che… l’idea di mostrarti dove lavoro, tutti i gadget fighi che posso usare, mi piaceva. Ma non a costo di farti vivere con più ansia di quella che ti ho già messo addosso.”
Sam detestava che si autoincolpasse della situazione, ma non c’era altro modo.
Viaggiarono per qualche momento in un silenzio pregno di biasimo verso sé stessi, poi Cas si sporse verso di lui, ancora una volta, per lasciargli un bacio all’angolo delle labbra. Fu il più lungo di tutti e il più delicato.
“Posso offrirti la colazione per farmi perdonare?”
“È per questo che lo faccio,” si disse Sam. Per quel piccolo ritaglio di deliziosa normalità nel buco nero che era la sua vita.
“Abbiamo già fatto colazione,” gli ricordò, ma mentalmente stava già vagliando la mappa in cerca del diner più vicino.
“Non come si deve. Parlo di torri di pancakes e milkshake alla frutta.”
Sorrise. “Se proprio insisti,” disse e guidò entrambi verso una più rassicurante e superhero-free quotidianità.
