COWT14

Apr. 5th, 2025 11:36 pm
 

Settimana: 5

Missione: M3

Prompt: Viaggio 

Titolo: Viaggio nello spazio (di una dormita)

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: Drabble


"Siete pronti a viaggiare nello spazio?"

Sam guardò lo stuart all'ingresso del planetario con caustica neutralità.

"Sono pronto a dormire per un'ora," disse a voce bassa, per non farsi sentire dal personale. Cas, invece, al suo fianco, sentì tutto e rise sotto i baffi. 

I gemelli erano già scattati all'interno e si erano impadroniti di due poltrone. Avevano un aspetto davvero invitante, quelle poltrone. Sam ci affondò con un sospiro, apprezzandone la morbidezza.

Le luci in sala calarono del tutto, una voce registrata partì insieme alla proiezione della volta celeste.

Il suo viaggio nel sonno poteva cominciare.


COWT14

Apr. 5th, 2025 11:26 pm
 

Settimana: 5

Missione: M3

Prompt: Viaggio 

Titolo: Viaggio di gruppo

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: Drabble


Cosa c'era di peggio che andare in viaggio con la tua famiglia, la tua cotta e la famiglia della tua cotta? Immaginatevi di aggiungere un pentolone di superpoteri e, soprattutto, bussole morali che puntano in direzioni opposte.

La tua famiglia di criminali geneticamente avanzati, la tua cotta che è un angelo sceso in terra in spandex e volto mascherato e la sua famiglia di supereroi abbonati alla Lega.

Sam dubitava sarebbe tornato a casa con le coronarie ancora intatte. 

Tutti quegli strati di segreti lo avrebbero fatto diventare matto. Aveva accettato di morire così solo per vedere Cas in bermuda.


COWT14

Apr. 5th, 2025 08:09 pm
 

Settimana: 5

Missione: M2

Prompt: 15 Uno Card

Titolo: Ritirate strategiche

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: a fine racconto il meme che lo ha ispirato


I musei seri, quelli che davvero tenevano alle proprie opere d’arte, avevano porte blindate. Non importava il costo.

Anche il sistema d’allarme più sensibile al mondo, una volta scattato, non può fare niente sul piano pratico per fermare un ladro che si porta via quadri da mezzo milione d’euro l’uno. Soprattutto se quel ladro è anche telecineta. Una porta chiusa? Ridicola. Una saracinesca? Cinque per l’impegno, ma comunque insufficiente. Una porta blindata con acciaio rinforzato? Quella sì che era una sfida.

Domino si stava giusto impegnando nel piegare il metallo dei cardini, quando questa esplose verso l’interno con un boato perfora-timpani. Sfortunatamente, non ne era stato lui il responsabile.

Little Giant superò la porta divelta piegandosi sotto l’arco, per poi ergersi in tutti i suoi tre metri e mezzo di altezza.

Il tempo era scaduto.

Domino avrebbe potuto scagliargli contro i resti della porta, i vetri delle bacheche o anche le opere d’arte stesse, sperando di infilzarlo da qualche parte. Non era un bersaglio difficile da prendere. Alla luce delle sue recenti scoperte, però, dovette mollare la refurtiva e darsi alla fuga verso il lucernario.

Una scarica di detriti invece seguì lui, scagliati alla stregua di una palla da baseball e, purtroppo, facendo strike.

§

Durante un scontro nella rete metropolitana della città, Little Giant non era la risorsa migliore da chiamare, visto il poco spazio a disposizione. Evidentemente, quella volta la Lega dei Supereroi doveva essere a corto di personale disponibile.

Domino imprecò tra i denti, mentre fu costretto almeno a simulare un attacco nei confronti dell’eroe, incastrato nella galleria di uno dei binari. Sia per evitare l’attacco, che per liberarsi della sua condizione, Little Giant dovette tornare a misura d’uomo, parandoglisi davanti in posizione di guardia. 

No, davvero, non c’era nessun altro con cui poteva combattere? Domino schivò un paio di colpi, ma dovette incassarne molti di più, soprattutto quando alla battaglia si unirono Ravage e la polizia. Durò dieci secondi buoni, nel precario equilibrio di non colpire troppo forte Little Giant, difendersi, dissimulare il fatto che non si stesse davvero impegnando nel colpire Little Giant, difenderlo dai colpi di Ravage, non far capire a Ragave che lo stava difendendo e schivare ogni maledetto proiettile che quegli idioti in divisa stavano sparando dentro una galleria. Dieci secondi, poi Little Giant lo colpì con un pungo al petto, probabilmente incidendogli la forma delle nocche nello sterno a vita. Dolorante, si ritirò nei tunnel.

§

La Mild Tower era alta più di duecento metri e il suo tetto non era agibile per elicotteri con un peso superiore alle tre tonnellate. Domino lo sapeva bene, aveva controllato. Nessun peso oltre le tre tonnellate o la sicurezza di tutte le persone sotto di loro sarebbe stata a rischio. 

E allora perché, in nome di tutto ciò che era giusto, Little Giant era stato mandato lì? 

Domino guardò Dark Shadow dietro la console dell’antenna parassita, che faceva gesto furiosamente di spingere il supereroe giù dalla Mild Tower. Poi guardò Little Giant, il cui petto si alzava e abbassava furiosamente per la corsa su per le scale che doveva essersi fatto. Raggiungeva i due metri pieni, ma non sembrava voler crescere più di così, timoroso forse di perdere ancora più energie o di essere un bersaglio più facile da scaraventare giù.

Domino contemplò per un solo, serio momento, di gettarsi lui di sotto. I suoi poteri lo avrebbero salvato. Poi, con un sospiro, si scagliò contro a Little Giant come un martire suicida su una bomba.

§

Sam si tolse la canotta con una lentezza ridicola e, anche così, dovette fermarsi più volte e soffocare i gemiti nel cotone. Si guardò allo specchio. Aveva il torso puntellato di contusioni e lividi, sembrava un maledetto gioco di “collega i puntini”.

Si voltò di schiena. Da dietro era anche peggio. 

Prima che potesse recuperare il barattolino d’arnica e pensare di spalmarsela addosso con il numero minimo necessario di movimenti, la porta di camera sua si spalancò.

Suo padre comparve sull’uscio e non si fece problemi ad entrare. Non lo vedeva così incazzato da quando i vicini, i Gallagher, avevano prestato loro per sbaglio delle pasticche di colorante alimentare invece che di cloro per la loro piscina, e lui era diventato blu. 

Gli guardò la schiena. Si fece ancora più scuro in volto. Tornò a fissare lui attraverso il riflesso dello specchio, assolutamente oltraggiato.

“Si può sapere cosa diavolo ti prende?”

Sam sospirò. Sentiva di non avere le forze per quella battaglia, ora.

“Di cosa parli, papà?”

Suo padre gesticolò verso i suoi lividi, incredulo. “Sono due settimane che ti fai bastonare come un cane!”

“Capita di ferirsi sul campo.”

“Non prendermi in giro, ragazzo! Ti ho addestrato io, conosco i tuoi limiti. Non è da te farti battere così e, da quel poco che ho visto di persona, non ci stai neanche provando! Che cosa succede?”

“Succede che il mio ragazzo è Little Giant, papà,” considerò di rispondergli, “lui non lo sa che io sono Domino, ma io so che lui è Little Giant. Come faccio a fargli male, ora?” Sarebbe stato molto liberatorio. La faccia di suo padre sarebbe stata esilarante. Ma sarebbe stato anche un disastro di proporzioni epiche, e la fine della sua relazione probabilmente.

Così, disse la prima scusa che gli venne in mente.

“È la sindrome premestruale.”

Si chiuse in bagno con le urla di suo padre che ancora facevano tremare le pareti.


COWT14

Apr. 5th, 2025 08:07 pm
 

Settimana: 5

Missione: M2

Prompt: 14 Exit 12

Titolo: Segreti in equilibrio

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: a fine racconto il meme che lo ha ispirato


Il brutto di avere una cotta stratosferica è che se tale cotta ti dice “sali e guida”, tu sali e guidi. Sam non ha chiesto cosa ci faceva Cas nel suo vialetto di casa, dove dovevano andare, perché dovesse essere proprio lui a guidare, che anno fosse e altre inezie simili, sebbene l’essere stato buttato giù dal letto alle cinque del mattino non lo ha reso abbastanza lucido da perorare la causa. 

Cas lo ha svegliato con un’energica scrollata e un sorriso abbacinante, lo ha fatto alzare, lo ha aiutato a vestirsi - e per un terrificante momento Sam ha creduto di stare ancora sognando e che gli fosse permesso allungare le mani - e gli ha ficcato un muffin in bocca. Poi lo ha abbracciato, caldo e morbido e profumato di ammorbidente, mormorando “buongiorno” nel suo orecchio e lasciandogli un bacio sulla tempia. Quando si è ritratto dall’abbraccio, Sam aveva in mano le chiavi della sua station wagon.

Cosa avrebbe dovuto fare? (chied) Si è messo in auto e ha guidato.

Cas gli ha fornito come indicazione un generico “vai verso l’autostrada” e, seduto sul sedile del passeggero, ha tirato fuori dallo zaino il proprio pc.

Il pc di Cas ha la straordinaria capacità di funzionare in qualsiasi condizione, nonostante abbia più bozze e graffi della station wagon e Sam non l’abbia visto in carica una volta sola in vita sua. Deve ricavare energia dall’etere e dagli sticker dei Pokémon attaccati sul dorso, un po’ come il suo proprietario.

Cas si è messo subito a smanettare alla tastiera, finestre e righe di codice che comparivano una dietro l’altra sul desktop.

Dopo una decina di minuti di guida, Sam è abbastanza sveglio da cominciare ad avere bisogno di qualche risposta.

“Dove stiamo andando?”

“In autostrada, verso la A34.” 

“Cas, cosa sta succedendo?”

Cas mette la mano sopra la sua sul cambio manuale, una stretta delicata. Si sporge verso di lui e gli lascia un altro bacio, questa volta sulla guancia. “Va tutto bene, non è successo niente di grave. Voglio solo farti una piccola sorpresa.”

Per quanto Sam vorrebbe che fosse la normalità, non sono da lui, da loro, quelle effusioni. C’è effettivamente un campanellino d’allarme che risuona nella sua testa. è solo che la baraonda di festa per il bacio è molto più forte, quindi sta zitto e continua a guidare.

Quando entrano in autostrada e Cas lo istruisce di rimanerci per almeno cinquanta chilometri, Sam riprova a chiedere dove sono diretti. Riceve un altro bacio come risposta e si zittisce.

Alla terza volta, comincia a intravedere uno schema. Il desktop di Cas lo inquieta sempre di più, con file criptati e una pipeline di sicurezza alquanto lunga. Accetta il bacio sulla guancia e la carezza sulla mano, ricambiando persino, ma poi passa al contrattacco.

“Cas, ho bisogno che mi dici qualcosa di più, sorpresa o non sorpresa.”

“Ti fidi di me?”

“Mi fido che non mi stai facendo guidare fino al posto dove mi ucciderai e seppellirai, non è questo che mi spaventa. Ma ho comunque paura di te. Dimmi qualcosa o accosto su una piazzola d’emergenza.”

Cas tenta un’ultima disperata coccola. 

Sam si sforza di non impanicarsi per quella questione, per la sua cotta che probabilmente è stata scoperta e viene usata come strumento di manipolazione - o, se non la sua cotta, certamente il suo debole per un Cas affettuoso e propenso al contatto fisico. È un problema per dopo.

Fortunatamente, basta che faccia segno di accendere una freccia per sbloccare Cas.

“Ok! Ok! Ti dico dove andiamo, ma prima promettimi che non inchioderai in mezzo all’autostrada.”

Preoccupante. Sam fa appello all’autocontrollo di cui non di rado si vanta e promette.

“Stiamo andando alla base segreta della Lega dei Supereroi.”

A favore di Sam, effettivamente non inchioda. Per contro, si lancia sulla prima rampa di uscita che vede, tagliando due corsie e rischiando un incidente stradale di proporzioni gravissime. I rumori dei clacson e l’urlo di Cas è un sottofondo flebile paragonato alla sua voce interiore che urla “la base segreta!”. 

La sua voce interiore è quella di suo padre, Dark Shadow, e suona vittoriosa più che mai.

“Hey! Sam! Ma sei impazzito?”

Sam stringe con forza il volante cercando di calmarsi mentre si avvicina al casello. “Sei tu impazzito? Come ti viene in mente di portarmi a…” non riesce neanche a dirlo, “... in un posto del genere.”

Cas sta ancora arpionando lo sportello con una mano, l’altra stringe a sé il computer. Computer che ancora va tranquillo, nonostante l’ennesima botta che deve aver preso.

“Te ne ho parlato. Ti avevo detto che, ora che conosci il mio alias, gli altri supereroi avrebbero voluto fare un controllo su di te e conoscerti di persona.”

Sì, certo, ed era stato un colpo. Cas era Little Giant. Il suo amore era un vigilante mascherato. Peggio di tutto, i suoi amici in calzamaglia avrebbero passato i suoi files al setaccio, con un rischio potenziale di scoprire la sua di identità segreta da capogiro e nausea costante.

Sam si era aspettato una visita in casa sua, magari nel cuore della notte, e aveva eliminato qualsiasi dispositivo compromettente. Non si era aspettato di certo di venir portato direttamente nel cuore del territorio nemico.

“Non devi essere preoccupato, vogliono solo conoscerti.” 

Cas non poteva capire: la parte analitica di Sam, indipendentemente dalla sua bussola morale, aveva già ristretto l’area in cui la base segreta si potesse trovare. I vari frames che aveva visto passare sul desktop di Cas? Livelli di sicurezza, appuntati. Password e requisiti d’accesso, appuntati. Tutte informazioni catalogate con cura. E se solo suo padre lo avesse scoperto…

Cas gli intimò di rientrare in autostrada. Sam lo fece solo per poter fare marcia indietro.

“No, dobbiamo andare verso-”

“Non mi dare altre informazioni!” Avrebbe voluto urlare Sam, che invece dovette ripiegare su un semplice “torniamo a casa.”

“Sam…”

“No, Cas, non voglio incontrarli.”

“Ma perché? Succederà comunque, in un modo o nell’altro. Così ci sarò anch’io e non permetterò che-”

Sam sentiva di poter schizzare fuori dalla propria pelle e non riusciva a concepire come Cas non sospettasse il pericolo. “Davvero puoi portare chiunque nella base segreta della Lega dei Supereroi? E se fossi una minaccia?”

Cas cambiò tono, scendendo a una serietà solenne. “Non sei chiunque, sei Sam. Mi fido di te. Non affiderei questo segreto a nessun altro.”

Altro che capogiri e nausea costante. Sam meritava di venir preso in pieno da un’auto-cisterna. 

Si prese il tempo di un respiro, un lungo respiro a pieni polmoni per fare chiarezza nella propria testa. Non poteva farsi portare alla base segreta, dire il motivo per cui non voleva andarci,rivelare la propria identità segreta e tradire la fiducia di Cas. Poteva invece guidare fino a casa, dimenticarsi di quella mattina e ripagare la fiducia di Cas con qualsiasi cosa volesse. E poteva mettere la coscienza a tacere mentre gli raccontava balle, per non perderlo.

“Io non me la sento, Cas. Già ho il terrore di metterti in pericolo solo dicendo una parola sbagliata alla persona sbagliata, in un momento di distrazione. Conoscere anche altre informazioni sulla Lega dei Supereroi? Già mi immagino gli incubi, io che commento il colore di una action figure con quello del costume vero e parte una catena che porta allo smascheramento universale.”

Cas aveva cambiato espressione, con gli occhi bassi e le spalle arrese sul sedile. Tirò su un solo angolo della bocca, in un sorriso dispiaciuto. “Ora stai esagerando.”

Sam sapeva di aver già vinto. “Per favore, non c’è un altro modo? Immagino che l’agenda di un supereroe sia pienissima, ma non possono trovare cinque minuti per farmi visita loro?”

Cas sospirò. “Mi dispiace averti forzato in questo modo. Hai ragione, possiamo trovare un’altra soluzione. È solo che… l’idea di mostrarti dove lavoro, tutti i gadget fighi che posso usare, mi piaceva. Ma non a costo di farti vivere con più ansia di quella che ti ho già messo addosso.”

Sam detestava che si autoincolpasse della situazione, ma non c’era altro modo.

Viaggiarono per qualche momento in un silenzio pregno di biasimo verso sé stessi, poi Cas si sporse verso di lui, ancora una volta, per lasciargli un bacio all’angolo delle labbra. Fu il più lungo di tutti e il più delicato.

“Posso offrirti la colazione per farmi perdonare?”

“È per questo che lo faccio,” si disse Sam. Per quel piccolo ritaglio di deliziosa normalità nel buco nero che era la sua vita.

“Abbiamo già fatto colazione,” gli ricordò, ma mentalmente stava già vagliando la mappa in cerca del diner più vicino.

“Non come si deve. Parlo di torri di pancakes e milkshake alla frutta.”

Sorrise. “Se proprio insisti,” disse e guidò entrambi verso una più rassicurante e superhero-free quotidianità.


 

prompt: 66. Like a Prayer – Madonna

raccolta: In crociera


Prove d’amore


Ci sono momenti dolorosi, nella vita di un uomo, che non si possono evitare. Non si può non soffrire mai, ma Sam sa che si può scegliere per chi soffrire. E non c’è modo più facile per capire se si ama davvero una persona, che chiedersi “soffrirei per lei?”

Dio, quanto gli fanno male le ginocchia. Fosse qualcun altro… beh, ok, magari sta esagerando. Ha già fatto pompini in passato. Eppure, per Cas, rimarebbe inginocchiato sul ponte umido e duro tutta la notte.

È spettacolare, con le palpebre chiuse e tremolanti, la pelle lucida di sudore, le stelle a coronargli la testa. Se non avesse la bocca impegnata, lo riempirebbe di complimenti.

«Sam,» strascica Cas senza aprire gli occhi, volta la testa da una parte all’altra, «sono vicino».
“Finalmente”, Sam si sente un po’ in colpa, ma davvero, le ginocchia gli fanno un male cane, e anche la mandibola. Magari la prossima volta possono rimanere in cabina, anche se il soffitto grigio non è all’altezza del cielo dell’Atlantico.



 

prompt: 20. Mutazione genetica

raccolta: In crociera


Eredità


Tommy sfrigola nell’acqua come una patatina sulla padella appena oliata. 

Cas vorrebbe dare la colpa alla vista annebbiata, o all’aria afosa, agli schizzi negli occhi, all’esaurimento nervoso imminente, a qualsiasi cosa. Guarda Sam sperando di non trovare la sua stessa espressione allarmata e ovviamente si sbaglia. 

La gente intorno si è allontanata con una certa comprensibile foga. Il bagnino ha l’aria di volersi licenziare piuttosto che gettarsi in acqua. Un brusio di “fuori dall’ordinario, anomalia, andiamo a vedere cos’è” sta facendo il giro del bordo piscina. Una crociera è davvero il momento peggiore per scoprire i propri poteri. 

Cas sospira. «Io prendo Tommy, tu Colin» dice a Sam e ondeggia verso il fratello. Decide che non è pericoloso toccarlo, se già non li ha folgorati tutti. Ammesso che di elettricità si parli.

Sam lo afferra per un braccio. «Tu prendi Tommy e Colin, io vado a cercare i tuoi genitori e do una svegliata ai bagnini».

“Sì, è un buon piano. Meglio chiamare gli adulti”. Cas fa girare lo sguardo su tutto il ponte, trovando fin troppi occhi a incrociarlo per i suoi gusti. 

L’unica nota positiva, pensa mentre prende i gemelli in braccio, è che loro sembrano tranquilli. Scalmanati e ridenti, ma a undici anni, non potrebbero essere più tranquilli di così.





 

prompt: 53. Odero, si potero; si non, invitus amabo (latino): “Ti odierò, se potrò; se no, ti amerò controvoglia.” – Ovidio 

raccolta: In crociera


Dispetti ai padri


C’è forse momento peggiore della crociera in famiglia - della crociera dove ruberanno un Picasso - perché suo padre scopra che è innamorato di Small Giants? Sam ne dubita. Non che sarebbe stato sgradevole in qualsiasi altro caso, ne è sicuro.

Ora, le accuse di tradimento se le aspettava. La disperazione, l’orribile conflitto tra “il sangue del mio sangue” e “la serpe in seno”, l’orrore per un figlio corrotto, anche. A coglierlo di sorpresa è la domanda «Lo fai per farmi un dispetto?»

Che egocentrico bastardo, suo padre. 

“Pensi che tutto questo valga la fatica di un dispetto? Pensi che mi stia divertendo? Guardami, papà: mi sto divertendo? Ci ho provato, ad odiarlo, e ho fallito. Ho provato a non amarlo, almeno, e ho fallito anche lì. Non mi piace fallire. Non mi piace neanche amare Cas. Piace a me molto meno che a te”.

«Il dispetto sarebbe per il signor Gullagan,» Sam sente invece uscire dalle proprie labbra «il golden boy è suo figlio infondo. Io… sono il cattivo della storia.»

Suo padre blocca sul nascere il successivo improprio. Si ferma, ragiona. Sul suo viso, una cauta delizia sostituisce la rabbia.

“Oh, papà”.





 

prompt: 4. Lalofobia: paura di parlare

raccolta: In crociera


Come la mamma c’è solo la mamma  


«Amore, fai un favore alla mamma: va a dire a Cas che vuoi essere il suo fidanzato.»

«Mamma!» Sam è allibito. Come può quella donna dire certe cose tanto apertamente? L’etichetta impone che si compatisca in privato, non ad alta voce. 

Sua madre scuote il ventaglio nel suo mille volte praticato movimento da “sei fastidiosa” - la zanzara, la vita, le cazzate che escono dalla bocca di mio figlio. «Oppure no, resta lì a fissarlo come fosse un gelato con il lattosio.»

«Non è così semplice, mamma,» Sam sospira. È questo il problema con le coppie di lunga data: si dimenticano di quanto sia stato difficile all’inizio, della paura dell’aprire il proprio cuore per la prima volta, del cambiamento, del rifiuto. Le parole pesano sulla lingua come bocconi amari.

«Non l’ho detto, infatti. Concordo, non è semplice.» Sua madre chiude il ventaglio con uno scatto secco. «Va e fallo comunque.»

“Mia madre, signore e signori” pensa Sam, ingoiando la rispostaccia sarcastica “life-coach dal 2003”.





prompt: 61. Dedicato a te – Matia Bazar

raccolta: In crociera


I castelli dei Caraibi 


Le spiagge dei Caraibi sono belle come le spacciano le agenzie di viaggi. Mettersi a fare un castello di sabbia con questa sabbia - bianca, fine, omogenea, morbida sabbia. La sabbia degli angeli - magari non le rende giustizia, magari è anche un po’ offensivo, ma Sam è scuro in volto da più di un’ora e Cas deve tirarlo su di morale.

«Vieni,» lo porta via da sotto l’ombrellone, «guarda.»

Cas si siede di lato alla sua piccola opera d’arte, tirando giù anche Sam e assicurandosi che la coscia di lui sia a contatto con la sua. Gli indica una per una le torri, le feritoie fatte di conchiglie, le merlature. 

«Le tue camere sono nel mastio» e punta un dito sul punto più alto del castello. 

Sam ha il primo vero guizzo di interesse della giornata. «Le mie camere?»

«Certo: è il tuo castello. L’ho fatto apposta per te.» E se nel mastio in realtà ci sono due camere-conchiglie, beh, a Cas non sembra che Sam se ne stia lamentando.

 

 

prompt: 41. Uitwaaien (fiammingo): uscire per una passeggiata senza un reale scopo

raccolta: In crociera


Tra stelle e silenzio 


Rose sul Titanic si è sentita così? Non ci sono iceberg in vista contro cui schiantarsi, ma Sam sente di star vivendo una scena particolarmente magica. 

Il cielo notturno, in mezzo all’oceano atlantico, è un tripudio di stelle. Ben venga il torcicollo, non abbasserà lo sguardo. 

Il mare si vede appena, ma si sente in tutto il suo sciabordare contro i fianchi della nave, fragoroso nel silenzio delle due di notte.

Sam è solo sul ponte Prometeo, avvolto nel lenzuolo che ha avuto la lungimiranza di portarsi dietro dalla cabina, quando un’insonnia inusuale lo ha sorpreso. Non sa perché ha deciso di uscire a fare due passi, invece che sperare di perdere conoscenza sul letto. Sa solo che non se ne pente affatto.

Chissà se Cas si farebbe svegliare, per vedere le stelle con lui.



 

prompt: 39. In mezzo all’oceano

raccolta: In crociera


A bordo


 

prompt: 42. Waldeinsamkeit (tedesco): sentirsi come da soli in un bosco, in contemplativa solitudine

raccolta: In crociera


Ore vulnerabili


Dopo un pisolino pomeridiano di ben cinque ore, Cas non è sorpreso di svegliarsi quella notte ancora immerso nel buio, con la sveglia sul comodino che gli comunica uno spietato 04:14 del mattino. La fioca luce che passa dall’oblò addolcisce gli spigoli della stanza e ne mitiga i colori. Tutto è immobile, silenzioso e irreale.

Gli bastano cinque minuti per capire che ha esaurito ogni briciola di sonno a cui poteva attingere e non si riaddormenterà. Con un sospiro, allunga un braccio oltre il bordo del letto, alla ricerca del proprio cellulare. Un film non sembra una cattiva idea. Deve solo recuperare anche le cuffie, così da non disturbare Sam.

Lo sguardo gli cade sul letto accanto al suo. 

Sam dorme come se avesse freddo, appallottolato su un fianco, con le braccia e le ginocchia al petto. Ha la faccia seppellita nel cuscino e le labbra leggermente aperte, abbastanza per farci passare un respiro pesante e sbavare un po’ sulla federa. 

Cas ha passato troppe notti come cuscino dei gemelli per essere impressionato da un po’ di bavetta. 

Ora che lo guarda bene, Sam è uno spettacolo sufficientemente bello da fargli rimandare il film. Non crede di averlo mai beccato a dormire: è sempre l’ultimo a crollare ai pigiama party, il primo a svegliarsi al campeggio, mai un pisolino improvvisato. Sempre con la situazione sotto controllo. Sempre pronto, quando Cas ha bisogno di lui.

Realizza di colpo quale occasione imperdibile ha davanti: può rimanere a guardarlo quanto gli pare, senza la preoccupazione di venire beccato. Meglio, può scattare una foto. 

Il cellulare gli scivola di mano tanta è la fretta di aprire la telecamera. Un paio di scrupoli lo accarezzano, sussurrano di privacy, morale, ingiustizia… e tacciano di fronte all’assoluta verità che nessuno vedrà quelle foto oltre sè stesso, che le difenderebbe con le unghie e con i denti.

Cas scatta, una, due, tre volte. Sia benedetto lo zoom, che gli fa cogliere in foto ricciolo per ricciolo, neo per neo e ogni piega della canotta sbrindellata che Sam si ostina a usare per dormire. Quando ritiene che la galleria sia sufficientemente piena, mette via il cellulare e semplicemente si gode la visione del suo amico.

Chissà com’è appena sveglio. Cas muore dalla voglia di vederlo svegliarsi. Muore dalla voglia di svegliarlo lui stesso, dolcemente, magari con bacio. Magari, prima o poi.




 

prompt: 31. Spagna

raccolta: In crociera 


Scalo




 

prompt: 90. There were TWO beds

raccolta: In crociera 


Due cuori e una cabina


Nella testa di Sam, le crociere sono una tipologia di viaggi antica, “vintage”, roba che faceva suo nonno. Si aspetta di trovarli quando legge Maurice Leblanc o Agatha Christie, o in momenti di particolare debolezza quando carica sul pc Titanic. Non si è mai immaginato, neanche per sbaglio, su un ponte soleggiato, in infradito e bermuda color kaki, a qualche metro dal mare aperto. 

La vita è piena di sorprese.

E quella crociera è stata una sorpresa, nel senso che quando suo padre ha comunicato a cena che sarebbero presto partiti per una vacanza di famiglia, una settimana in nave attraverso un oceano e ritorno, Sam ha pensato ad una battuta uscita male. Proprio in quel momento, alla tv davano la cronaca nera, con un servizio veloce su un peschereccio rovesciatosi a cinquanta metri dalla banchina. Perché no, suo padre infondo aveva un pessimo senso dell’umorismo. E l’idea era talmente assurda: una vacanza in famiglia? Una crociera? Una settimana su una scatola galleggiante extra-large, senza via di fuga, potendo solo interagire con turisti esagitati, personale di servizio alienato e i suoi. Ridicolo.

Figuratevi il colpo quando, la sera prima della partenza, sua madre è entrata in camera chiedendogli in prestito una valigia, che le sue le aveva già riempite tutte.

Ha obbiettato, ovviamente. Ha di meglio da fare che diventare pazzo su una crociera con i suoi. 

Ed è strano, una strana idea, soprattutto partorita da suo padre. Non ne vedeva lo scopo - finché non gliel’hanno spiegato: un altro colpo sottocopertura, ovviamente.

Ha di meglio da fare anche in questo caso.

Ha obbiettato, e obbiettato, e obbiettato, e - «Ci saranno anche i Gullagan, tra l’altro hanno chiesto se puoi condividere la cabina con il figlio maggiore» - ceduto malamente alla prospettiva di condividere la camera con Cas. Con lui sì, che è disposto a stare in mezzo all’oceano. Un’intera settimana. In una scatoletta angusta, con letti vicinissimi. 

È pronto per il suo viaggio vintage, possibilmente senza omicidi, furti e iceberg.

La AOC Voyager dall’esterno è mastodontica come promette la brochure, dipinta di bianco e azzurro e tirata a lucido, ma basta mettere piede sulla passerella che conduce alla reception per avere un discreto attacco di claustrofobia. Molti passeggeri sono già a bordo e infestano la hall. Molti attendono in fila di entrare, affaticandosi dietro le valigie e i furbi di turno. Molti litigano ancora per l’imbarco dei propri veicoli. Così affollati, gli spazi ampi sembrano aver perso metà della loro capienza.

Suo padre sta cercando di convincere uno stuart a mettere la loro auto - non una berlina - insieme alle berline. Il padre di Cas sembra invece pronto a tirar fuori il portafogli e dare una mancia allo stuart, per il solo disturbo di star facendo il suo lavoro. Alle madri è toccato tenere in riga, anche letteralmente, le due bestie, Colin e Tommy. Insomma, “tenere in riga”. La signora Gullagan è rassegnata; sua madre, se interpreta bene l’espressione che ha in viso, è a due tacche di sopportazione dal picchiare uno dei due gemelli con il beauty case. 

L’unica consolazione di Sam, la sua roccia, alla quale appoggiarsi discretamente con la scusa del carrello pieno di valigie troppo pesante in pendenza, è Cas. Cas che guarda il mare con il luccichio negli occhi. Che profuma di crema solare. Che gioca con il bracciale di conchiglie che Sam ha al polso e gli sfiora la pelle con la punta delle dita.

La fila scorre, le bestiole si lanciano su carrello come fosse il loro cocchio e Cas lo sostiene e spinge dalla schiena per aiutarlo a salire a bordo. 

Bene, che qualcuno gli dica dove passerà le successive sette notti.

La camera è stretta come quella del campus universitario. Bene. Il soffitto è appena una spanna sopra le loro teste e non si può contemporaneamente sedere alla minuscola scrivania e camminare lungo la parete. Tra i letti c’è giusto lo spazio di una valigia. Molto bene.

Effetto sardine in scatola a parte, la cabina è accogliente e pulita, tutta in morbidi toni di rosso. 

Sam ha lasciato perdere i bagagli in corridoio e si è abbandonato come prima cosa sul materasso, apprezzandone l’odore di bucato fatto da poco. Hanno impiegato un’intera ora per il check-in. Spera solo che il resto della pseudo-vacanza non si riveli altrettanto stancante. 

Il rumore di troppe ruote sulla tappezzeria gli dice che Cas ha fatto il gentiluomo e portato dentro anche le sue valigie. Lo scorrere della porta sulla guida, che finalmente hanno un po’ di privacy. Ma è un secondo tonfo morbido e il cigolio di molle a spingerlo a voltare la testa e aprire gli occhi.

Cas è steso come lui sul suo letto, a pancia in su, le spalle sciolte e i piedi intrecciati. Gli basterebbe allungare un braccio per solleticargli un fianco, o lasciargli una carezza sulla guancia. È così vicino.

La mente di Sam vola sulle onde. Potrebbe rientrare di notte e fingere di sbagliare letto, coricarsi sul suo, dimentcarsi di accendere la luce e cadergli addosso. Potrebbe fingere di avere il sonno agitato, rotolare sulle lenzuola e lanciare un braccio dall’altra parte, toccarlo. Potrebbe lasciare le valigie in disordine, a occupare il pavimento, e usarla come scusa per scavalcarlo. 

Cas si gira su un fianco e lo guarda a sua volta. Sorride come se non avesse idea di quello che gli passa per la testa e fosse solo felice di averlo lì con lui. 

Le direzione dei piani di Sam devia sul qui, ora, e l’aspettativa gli fa attorcigliare lo stomaco.

Potrebbe ricambiare il sorriso, magare osare allungare una mano. Potrebbe usare come scusa quella di tastare il materasso di Cas e fare una battuta su quanto sia più morbido del suo - potrebbe proseguire con una proposta di condividere il letto?

Potrebbe dire “grazie”. Potrebbe dire “buonanotte”. Potrebbe ridere. Potrebbe dire “non vedo l’ora di divertirci insieme”. Potrebbe dire “vieni qua con me”. 

La lingua sembra esserglisi annodata, mentre il panico gli risale il petto insieme alle parole. 

Sam dice: «altri cinque minuti» ed è una delusione e un sollievo allo stesso tempo.

Il sorriso di Cas comprende anche i denti ora, e uno sbuffo divertito. Annuisce e lascia che stiano a guardarsi per altri cinque minuti.


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