COWT14

Mar. 11th, 2025 01:39 pm
 

Settimana: 2

Missione: M2

Prompt: 5. Redenzione

Titolo: La gloria e gli amici

Fandom: Harry Potter

Rating: sfw

Warning: /

Note: OCs, Léon Bhatia → Grifondoro, Sebastian Doyle → Serpeverde


La Sala Grande si era svuotata rapidamente a torneo concluso, con i festeggiamenti che seguivano i vincitori verso la Sala Comune dei Corvonero. Rimanevano solo un paio di giocatori di scacchi magici, presi a replicare qualche mossa, e uno dei perdenti in un angolo del tavolo, che si crogiolava nella propria commiserazione.

Nessuno si disperava meglio di un grifondoro dall’orgoglio ferito.

Sebastian raggiunse l’amico al suo tavolo, dove lo aveva lasciato mezz’ora prima. Non appena si sedette, però, Léon slittò sulla panca per allontanarsi da lui.

Melodramma. I grifondoro erano campioni anche in quello.

Sebastian sbuffò e si mise comodo, sfruttando i trenta centimetri buoni di spazio vuoto per appoggiare anche la borsa pesante. Osservò la nuca del suo amico per qualche secondo. Poi, dato che non dava segni di voler riconoscere la sua presenza, “per quanto ancora mi terrai il broncio?”

Uno sbuffo indignato fu l’unica risposta che ricevette.

“Per un’altra ora? Un giorno? Fino a Natale? O fino a che Sasha Grent non rimetterà in palio “Cercando una vittoria” in un torneo?”

Il titolo dell’ambita e ormai perduta biografia scosse Léon dalla sua presunta indifferenza. Si voltò a guardarlo con la faccia stravolta dal risentimento, con gli occhi spalancati e le labbra strette. Non era davvero in grado di mitigare nessuna sua emozione, le indossava appese al petto come medaglie o sventolate in faccia a chi gli stava davanti. 

“Avevi detto che avevi già quel libro. Che non ti interessava l’autografo.”

Sebastian annuì. “Infatti.”

“Che mi avresti lasciato vincere.”

Questo non l’ho mai detto.”

Agli occhi spalancati e le labbra sbiancate, si aggiunse un improvviso rossore. “Lo hai lasciato intendere!” Léon alzò la voce, agitandosi sul posto. Poi, citandolo con voce forzatamente stridula: “batterò un paio di topi da biblioteca per te”.

“E l’ho fatto.” Disse Sebastian. Era la verità. Aveva eliminato entrambi i suoi primi avversari con elegante efficienza, e così aveva fatto anche Léon, finché non si erano trovati l’uno contro l’altro. 

“Sì, solo che poi hai battuto anche me! E, peggio ancora, ti sei fatto buttar fuori in semi-finale.” Così come si era gonfiato di foga, altrettanto velocemente Léon si afflosciò come un palloncino sul tavolo, cercando con gli occhi chissà quali risposte nelle venature del legno. “Ho giocato molte volte contro Connor, avrei avuto più chance di te di sconfiggerlo.”

Anche questo, tecnicamente, poteva essere vero. Solo che non si trattava più di chance di vittoria, non arrivati a quel punto. Sebastian doveva solo ricordarglielo.

“C’era la folla. Tutta la mia casa e la tua. Serpeverde contro Grifondoro. Eravamo quasi al livello di una partita di quidditch.” Fece spallucce. La situazione era evidente. “So che puoi capirmi.”

L’orgoglio di Sebastian era una buona bestia e avrebbe sopportato di perdere contro il suo amico. Avrebbe sopportato di perdere contro un grifondoro. Avrebbe sopportato di farlo in pubblico. Ma perdere con la sua intera casa alle spalle, un supporto silenzioso e inamovibile, e una ventina di grifondoro di fronte che facevano i cori da stadio, come se gli scacchi non richiedessero alcun tipo di concentrazione? Andiamo, non era mica un santo.

Léon, intanto, ancora crogiolava nel suo pentolone di pessime emozioni.

“Il sangue prima degli amici,” mormorò, cosa che gli fece guadagnare uno scappellotto sulla nuca da parte di Sebastian.

“Non per me, e lo sai.”

Léon si massaggiò la parte offesa. Il colpo sembrava averlo scosso un po’. “La gloria prima degli amici?”

Sebastian sospirò. “La gloria e gli amici.” 

Mise mano alla borsa che aveva appoggiato tra di loro. Rovistò all’interno finché non trovò la sua copia di “Cercando una vittoria” e la tirò fuori. La mise di fronte al suo amico.

“Non sarà autografata, ma è pur sempre una prima edizione.”

Léon la guardò per un po’. La pungolò come se avesse potuto trasformarsi in qualcos’altro. Se avesse tirato fuori la bacchetta alla ricerca di una trasfigurazione, Sebastian si sarebbe offeso.

Quando Léon prese il libro tra le mani e spostò la sua borsa per tornare a sederglisi vicino, capì che era tutto perdonato.

“Sei fortunato che sono di animo nobile e facile al perdono,” disse il grifondoro, appoggiandogli la testa sulla spalla e stringendo il libro a mo’ di orsacchiotto.

“Certo, come no. So già che mi rinfaccerai questa cosa per tutto l’anno scolastico.”

Léon ghignò, ritornando sé stesso. “Ci puoi scommettere la mia prima edizione di “Cercando una vittoria”.”


HUECTOBER

Oct. 31st, 2024 01:46 pm
 

31/10
Chiesa del Rame di Ottima Qualità
LISTA VIOLA
Prompt libero 

Spiccare il volo

Da che ha memoria, Ailo ha sempre trovato arrampicarsi e generalmente i posti alti rilassanti. Sa bene che è più comune il contrario. Al resto dei suoi conoscenti non piace dover salire sulla scala traballante per prendere le ceste dai piani più alti, o scalare la libreria in cerca della pergamena più vecchia e ammuffita di tutte, o passare troppo vicino al bordo del ponte all’ingresso della città. La manutenzione dei mulini a vento è considerato un lavoro di medio rischio, quella delle vetrate della Cattedrale ad alto. E non ha importanza che metà dei paesani abbia un aliante, perché c’è una grande differenza tra lo stare sul tetto di un edificio con l’invenzione più geniale mai concepita sulle spalle, pronta a portarti a volteggiare tra le nuvole, e lo starci senza, con la consapevolezza che un passo sbagliato ti farà diventare una frittella sanguinolenta sulla pubblica piazza.

Ecco, Ailo non ha queste preoccupazioni. Il vuoto sotto i piedi non gli fa stringere lo stomaco. Saltellare tra i tetti di Mondstadt come un gatto per evitare il traffico di mezzodì in strada gli sembra la soluzione più semplice e pratica. Il mondo che si spiega attorno a te, tutto attorno a te, sopra e sotto e da ogni lato, gira e tu sei l’unico punto fermo, è una delle sue sensazioni preferite. In alto, l’aria è più pulita, il sole più caldo. È c’è, spesso e volentieri, solitudine e silenzio, tranquillità – un tesoro prezioso, quando sei il quinto di sette fratelli e vivi in una locanda a gestione familiare.

Non è uno sciocco. Solo perché adora stare in alto, non vuol dire che corra rischi inutili. Non si è mai avvicinato ad un precipizio senza il piede saldo, né ha mai usato l’aliante nelle situazioni pericolose segnalate dal Manuale di Volo.

Beh…fino ad ora.

In sua difesa, ha sempre pensato che prima o poi avrebbe ricevuto una Vision di Anemo. Così come ha sempre pensato che prima o poi avrebbe avuto un aliante. È semplicemente nelle sue corde – il vento, la libertà, l’altezza, le illimitate possibilità, il bisogno di stare lassù.

Ha perso il conto di quante volte si è arrampicato fin sopra la testa di Barbatos, per passare qualche ora in serenità con gli uccellini e i venti, raccontando all’Archon dormiente dei suoi pensieri e delle speranze per il futuro. La sua voglia di viaggiare. I soldi che sta risparmiando per comprare una Fotokamera, così da immortalare tutti i panorami di Mondstadt. E il desiderio di avere una Vision. La sua Vision, ovviamente. Libertà, vento, volare, ecc… ecc… Certo che avrebbe avuto una Vision di Anemo.

Peccato che l’Archon non l’abbia mai accontentato. Ultimamente, ogni arrampicata sulla sua testa ha avuto un retrogusto amaro. Ailo non vuole avercela con Barbatos, ma non capisce ed è stanco di aspettare.

Ha avuto l’illuminazione in una delle conversazioni unidirezionali con la statua: Ailo è bravo in quello che fa, ma quello che fa è sicuro. Non si è mai spinto oltre le proprie certezze, non ha davvero mai forzato i propri limiti, almeno non da quando a cinque anni ha imparato a scalare una parete di mattoni. Forse l’Archon vuole vedere se è disposto a rischiare.

Realizzare che la risposta è sì, è pronto a rischiare per una Vision, è stata la prima cosa che lo ha destabilizzarlo da anni. Gli ha messo addosso, però, anche una grande determinazione. Eccolo, il suo obbiettivo; doveva solo escogitare un piano per raggiungerlo. E lo ha fatto.

Per la prima volta nella sua vita, Ailo è sull’orlo di un precipizio con più dubbi che certezze. E non un precipizio qualunque: il Promontorio Acchiappastelle sarebbe stato gratificante da scalare come sempre, se non fosse stato per la missione che lo attende.

Questa volta il peso dell’aliante sulle spalle non è rassicurante, perché c’è il serio e voluto rischio che non reggerà fino all’isola misteriosa su cui pochi hanno messo piede. Ailo non è certo di avere la resistenza per sopportare quel volo, non ancora. Quindi è perfetto.

Solo che i piedi non vogliono staccarsi dal suolo per fare quell’ultimo passo, non importa cosa comandi la testa. Anche la testa, in realtà, non è molto convinta di voler fare quel salto.

Deve darsi una bella spinta. Esitare all’ultimo potrebbe fargli perdere preziosi metri di slancio. Basta con le esitazioni, deve pensare alla Vision, lo fa per la Vision.

Un, due, tre… per la Vision!

Nonostante tutto, il suo corpo non ce la fa a non trattenersi un poco e si limita a un timido salto e a una stretta di stomaco pazzesca che gli riempie la testa di “Girati! Afferra la roccia! Cadrai e morirai! Afferra la roccia!”. Dura appena un secondo. La corrente che risale il promontorio dal mare lo strappa alle sue paure e lo porta in alto con una forza che è tutta archonesca.

Ailo urla deliziato. È nel suo elemento ora, così familiare come respirare. Riesce perfino a credere di potercela fare. Sì, ce la farà, Barbatos soffierà sulle ali del suo aliante e insieme arriveranno all’isola…

C’è un’isola, l’ha scorta un milione di volte dal promontorio durante le albe terse. Sa che c’è. C’è anche una coltre di nebbia, però, ora, che copre la sua visuale.

Strizza gli occhi. No, non nebbia, quelle sono proprio nuvole, scure nuvole dispotiche. Da dove diamine sono spuntate? Non c’erano quando ha guardato prima di buttarsi, venti secondi fa!

Il panico lo assale. Non può volare dentro le nuvole alla cieca, non in mare aperto, rischierebbe di allungare troppo la strada. Se sono nuvole di tempesta, poi… l’acqua appesantirà l’aliante, dimezzerà il tempo massimo di volo. Senza contare la visibilità ulteriormente diminuita e il pericolo di venire colpiti dai fulmini.

No!

Con una piroetta furiosa, non gli resta che fare retromarcia e planare dolcemente – dolcemente ma furioso – verso la sottile striscia di sabbia sotto al promontorio. Quello non è più un rischio accettabile, è una grande croce sulla sua missione. È una pernacchia divina verso le sue misere forze, è… è qualcosa che l’Archon sta cercando di dirgli? Barbatos non vuole che raggiunga l’isola misteriosa? Ma perché? Si era preso il rischio, per una volta!

Un minuto di lamentele mentali dopo, Ailo poggia i piedi sulla spiaggia in una corsetta affannata e può prendere a lamentarsi a voce alta.

«Che cosa vuoi da me?» Grida, lanciando l’aliante da un lato e abbandonandolo a sé stesso, «non vuoi proprio darmi la tua Vision? Perché?»

Calcia la sabbia, una, due, tre volte e alla quarta becca anche un sasso. Urla al cielo ingrigito tutta la sua frustrazione. «Non me la merito forse? Ma ho saltato! Ho rischiato! Ho-»

Un – letterale – fulmine a – quasi – ciel sereno squarcia l’aria a non più di due metri dalla sua figura gesticolante, con un “Fwoosh” da pelle d’oca istantanea. La sabbia esplode nel punto dove tocca terra, venendo scaraventata in tutte le direzioni e per poco Ailo non fa la stessa fine, limitandosi invece a saltare per lo spavento.

Tra il botto, il battito impazzito del suo cuore nelle orecchie e il respiro affannoso, il suo mondo si riduce a una bolla di rumori ovattati per mezzo minuto, dove l’istinto di scappare e quello di rimanere immobile, fermo, se-non-ti-muovi-non-esisti combattono strenuamente. Appena ritorna su Teyvat, l’occhio gli cade sul punto colpito dal fulmine.

Tra il particolato annerito e le micro-schegge di vetro, grande quanto un suo pugno, poggia un inconfondibile oggetto: una Vision.

Viola.

Ailo pensa ad un gioco di luce e si strofina gli occhi, ma no, anche avvicinandosi il colore resta vivido e sempre lo stesso.

Viola.

Una Vision di Electro.

«Ma che…?» Alza lo sguardo al cielo, ormai striato di venature nebbiose. «È uno scherzo?»

Un dubbio lo pervade da capo a piedi, accompagnato da un brivido. «Con… con chi sto parlando?»

Il cielo tuona. Barbatos non tuona, poco ma sicuro.

Ailo non ha neanche idea di chi sia l’Archon di Electro, ma questo non lo ferma di certo dal prendere in mano la sua Vision. La sente formicolare sulle dita di pura elettricità statica, vibra come un cucciolo quando il suo padrone torna a casa e lo accarezza tra le orecchie. È il pizzicore di quando scopre un punto panoramico nuovo o uno scorcio sulle mura che non ha mai percorso, o quando il fabbro gli mostra una miglioria per il suo aliante che lo farà andare più veloce, più in alto, con meno sforzo.

È l’eccitazione per una prova superata, con il rumore di fondo del rischio sempre presente e mai da sottovalutare.

È… inaspettato. Dovrà fare un sacco di cambiamenti nel suo armadio. È fuori dalla sua zona di comfort. È elettrizzante. Non è ciò che è sempre stato, è qualcosa in più.




COWT12

Feb. 21st, 2022 09:47 pm
Settimana: 2
Missione:
 M3
Prompt:
 Quadro caduto
Titolo:
 Tra i due litiganti, la disgrazia
Fandom: Harry Potter
Rating: G
Warning: /
Note: Au nel senso che è ambientata a Hogwarts, ma i personaggi sono originali

Il numero di aule a Hogwarts superava di gran lunga lo stretto necessario. Da quel che sapevano gli studenti, alcune venivano usate come magazzini provvisori e altre rimanevano semplicemente vuote. Erano il posto perfetto per pomiciare, fumare illegalmente o schiacciare un pisolino in solitaria. 

Molte di tali aule si trovavano al quarto piano del castello, che per questo era il meno trafficato. Lo si poteva facilmente intuire dal tipo di quadri appesi alle pareti: signorotti in dormiveglia o profondamente incoscienti, con le palpebre a mezz'asta o la bocca aperta in uno sbadiglio da leone; stravaccati su una poltrona, una chaise-longue, un divanetto, sotto un albero, su un prato…

Il silenzio era d'oro e certe occhiatacce sapevano mettere in imbarazzo perfino le scale, che si facevano qualche scrupolo in più a cambiare da quelle parti. 

Era, in assoluto, uno dei peggior posti in cui litigare. 

<Quale diamine è il tuo problema, principino?>

<Oh, il mio problema? Sei tu il mio problema!>

Una dama ingioiellata nascose a stento uno sbuffo seccato dietro il suo ventaglio in pizzo, al passaggio dei due giovani studenti sotto la sua cornice. Un vecchio marinaio, molto meno garbato, sputò sul pavimento della proprio dipinto. Non ciò bastò a mettere un freno ai due litiganti.

Gilbert Bathia usciva da due estenuanti ore di Pozioni a malapena cosciente e l'unica cosa che chiedeva era riposare dieci minuti in camera, prima di scendere per il pranzo. Peccato che la strada per il suo dormitorio coincideva in gran parte con quella del grifondoro che, da due mesi a quella parte, aveva suo malgrado cominciato a frequentare. Aveva provato a seminarlo? Sì, lo ammetteva. Pensava che tagliare al quarto piano per prendere un'altra scala fosse una buona idea, e lo era. Come poteva immaginare che lui lo avrebbe seguito? 

<Che ti avrò mai fatto, per meritare tutto questo astio.> Cecil incasso la testa nelle spalle, come se fosse lui la vittima. Come se non sapesse davvero cosa gli aveva fatto.

Lo spintonò con una spalla. Cecil barcollò su un solo piede, poi gli restituì la spallata con il doppio della forza. 

<Razza di…> Gilbert non attese altro per mettere mano alla bacchetta. Peccato che l’altro fu più rapido e, prima che potesse interamente sfilarla dalla manica, un nuovo spintone lo mando addosso alla parete. 

Sentì distintamente un angolo di cornice infilarsi nel fianco, tanto da mozzargli il respiro, ma non fu niente in confronto all’urlo d’infante che gli perforò i timpani.

Si tirò indietro di scatto, scosso dalla testa ai piedi, senza badare di essere finito tra le braccia di Cecil. Un tonfo sordo. Il pianto del bebè si fece ancora più alto, straziante, tremendo. 

Dietro la testa, Gilbert sentì Cecil trattenere bruscamente il respiro. Alzò lo sguardo sul suo viso atterrito: che cosa avevano appena fatto? 


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