COWT13

Mar. 22nd, 2023 07:14 pm
[personal profile] nemi23
Settimana: 5
Missione:
 M3
Prompt:
 03. La freccia: una persona ha una relazione con altre tre, che però non hanno una relazione tra loro
Fandom: Originale
Rating: T
Warning: prostituzione
Note: /


Tre Farfalle per un Giglio

I ritmi di Rea Marina erano scanditi per lo più dal mare, così come avrebbe dovuto essere per ogni città portuale. Il Giglio Rosso non faceva eccezione. Se il mare era agitato, il vento troppo forte e il cielo minacciava tempesta, poche navi avrebbero rischiato un attracco. I ragazzi e le ragazze del palazzo, dunque, potevano aspettarsi poco via vai quella sera, e occuparsi di altre faccende. Con le acque calme e il vento a favore, invece, c’era poco da fare se non tirarsi a lucido e bere un po’ di tisana rinvigorente, in attesa del calar del sole. 

Durante le settimane di inizio estate, poi, il tratto di mare che bagnava Rea Marina si riempiva di salmoni giganti, in piena migrazione verso correnti più fredde. Era pesca grossa. Insieme a loro migravano anche un bel po’ di pescherecci e mercantili, che li seguivano per tutta la costa fino all’estremo nord.

Il Giglio Rosso era pieno come in poche altre occasioni in quei giorni. Nessuno si prendeva una serata libera, o si dava malato. Con un pizzico di fortuna, tre settimane di lavoro avrebbero fruttato quanto tre mesi invernali. 

Ci fu solo un anno in cui questa tradizione venne interrotta. Un anno in cui i più ricchi e rinomati capitani della marina, mercanti e cuochi di pesce si presentarono al Giglio Rosso per scoprire che un’intera ala era chiusa al pubblico, solo metà dei ragazzi era disponibile ogni sera e che le tre punte di diamante del palazzo sarebbero state fuori dai giochi fino a data indefinita. 

“Perché mai?” Chiedevano, oltraggiati. Quella non era l’accoglienza che si aspettavano, la notorietà per cui avevano deciso di dilapidare patrimoni. Ma ogni ogni cliente dovette scendere a patti con il fatto che nessuno di loro avrebbe surclassato il padrone del palazzo.

Il Giglio Rosso, quello vero, il tenutario in carne e ossa stava tornando a casa, dopo un anno passato alla corte del re. 

Il palazzo era in fermento. I servitori correvano qua e là a sistemare il sistemabile. I contabili, con le mani tra i capelli, le tentavano tutte per far quadrare i conti, con il tempo ormai agli sgoccioli. E ragazzi e le ragazze del piacere spettegolavano eccitati, si assicuravano di essere in regola con i pagamenti e scommettevano su chi dei tre favoriti sarebbe ripartito per la corte il mese successivo.

Il padrone non aveva mai toccato nessun altro che non fosse Alain, Kaya o Jinora. 

Alain girava per i corridoi sventolando le sue lettere vergate di inchiostro rosso, tanto intime e care, come fossero la prova di una vittoria a tavolino. E quando non le sventolava, le teneva serrate nel pugno come un’ancora; le stropicciava e tentava di lisciarle, e le serrava di nuovo tra le dita. Quando i nuovi arrivati gli chiedevano di parlargli di quel padrone misterioso e di cui avevano solo sentito parlare, si gonfiava tutto e sviscerava ogni pregio che gli venisse in mente, ma mai come fossero finiti a letto insieme. O come lo avesse conquistato. 

Il Giglio Rosso lo aveva trovato battere sulla strada, gli aveva offerto una torta e si era beccato un pugno in un occhio quando aveva suggerito di chiamare uno dei più piccoli perché si unisse a loro. Invece di maledirlo, era scoppiato a ridere. E Alain si era ritrovato con un tetto sopra la testa, uno sgabuzzino da chiamare suo e un datore di lavoro decente, per una volta. Non se n’era più andato.

Jinora aveva svaligiato tutte le mercerie e profumerie della città, e cambiava mise come fossero fazzoletti per il naso. Sembrava la più in apprensione, sebbene negasse con forza appena glielo si facesse notare. Non aveva niente di cui preoccuparsi, diceva, perché il padrone l’aveva vista nel suo momento più buio e aveva comunque riconosciuto la sua immensa bellezza, e l’aveva voluta.

Il Giglio Rosso l’aveva strappata ad un amante tossico e abusivo, rimessa in piedi e mostrato una via quando la vita sembrava così vuota, incolore e senza senso. Ora era la donna più bella e adorata di Rea Marina. Non c’era proprio paragone.

Kaya si era rinchiusa nella sua stanza, in cerca della pace interiore o di chissà cos'altro. Si faceva portare i pasti, andava in bagno alle due di notte e a mezzogiorno, quando erano praticamente deserti. Le teorie fioccavano. Alain diceva che aveva avuto un esaurimento nervoso. Jinora, che un cliente l’avesse messa incinta nel momento peggiore.

Fu solo la fatidica sera che uscì finalmente dalla camera e si presentò con tutti gli altri all’ingresso. Non era incinta. Non sembrava neanche appena ripresa da un crollo di nervi. Era posata e splendida come sempre, i riccioli scuri acconciati in una cascata punteggiata di perle e truccata e vestita con i colori della luna, una dea incarnata.

Le ruote scricchiolarono sulle pietre, accompagnate dallo scalpiccio di zoccoli. La carrozza era arrivata. Il silenzio calò a fatica nel salottino, troppe persone, troppa eccitazione trattenuta a fatica.

Le tre punte di diamante si impettirono come corde di violino. Il Giglio Rosso era arrivato.


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