Mar. 1st, 2023

COWT13

Mar. 1st, 2023 09:12 am
Settimana: 2
Missione:
 M1
Prompt:
 Un personaggio si prende cura di un altro personaggio infortunato, malato, e/o bisognoso di conforto 
Fandom: Originale
Rating: T
Warning: /
Note: /


Caduta e risalita
 
La luce accecante si spense come era arrivata, senza preavviso e con un risucchio viscido, umido. Io stesso mi sentivo un quel modo, zuppo dentro di acqua per piatti sporchi. Nauseato.
Sapevo che gli altri erano intorno a me, li sentivo chiamarsi e assicurarsi che stessero tutti bene. Lan preoccupato delle condizioni dello studio di suo padre. Myr isterico per la sua armatura ammaccata. Eppure erano ai bordi, piccoli refoli di vento che bussavano alle finestre, mentre in casa si consumava una tragedia. 
Alzai le mani e le osservai con distacco tremare. Non sembravano neanche le mie. 
Provai a concentrarmi, come mi aveva istruito maestro Lapas i primi giorni di apprendistato. Non pensare, fallo e basta. Non successe niente. 
Riprovai. Pensi forse di camminare quando lo fai? No. Metti semplicemente un piede avanti l’altro e ti muovi. Ancora niente. Le dita continuavano a tremare.
Pensai a quando da piccolo non riuscivo a controllarmi e il mio potere fluiva fuori insieme a qualsiasi emozione più intensa della noia. Sentivo che i miei amici avevano cominciato a chiamarmi per nome, non ottenendo risposta. 
“Ilya? Tutto bene, Ilya? Cosa c’è che non va, Ilya?”
Allora spalancai le porte al panico. Me ne lasciai sommergere, mentre trascinava via tutto ciò che incontrava sulla sua strada: raziocinio, autocontrollo, speranza. Non pensai a nessuno di loro, non pensai al disastro che potenzialmente avrei potuto creare nello studio, non pensai a niente che non fosse il bisogno di sentirmi me stesso.
Non accadde niente. 
Mi si chiuse la gola. I confini della realtà cominciarono a tremolare, come attraverso la superficie di un lago. Mi scostati con uno strattone da chi tentò di afferrarmi per un braccio, non riconobbi la voce. In qualche modo le gambe, che pure non smettevano di tremare, mi sostennero abbastanza da brancolare fino a una colonna. Poi a quella successiva, poi alla porta. Lasciata quella, inciampai e caddi a terra. 
Il tappeto del salone, quel peloso tappeto di molte sciagurate volpi, orgoglio di caccia del padre di Lan. Vi gridai dentro fino a perdere la voce. 
Buttai fuori tutto ciò che avevo, che ero, pezzo dopo pezzo alla ricerca di quello mancante. Fui vuoto prima di quanto pensassi, incrinato per sempre.
§
Lavka passò per la terza volta a trovarmi e, per la terza volta, fu talmente sorpresa di vedermi in silenzio e composto, piuttosto che impazzito a demolire la stanza, da farmi i complimenti e chiamarmi “bravo bambino”. 
Bravo bambino, come quando non correvo dietro agli altri ragazzini, subito dopo merenda, ma rimanevo indietro per aiutarla a sparecchiare.
Bravo bambino, come quando ero il primo ad addormentarsi di sera e il primo ad alzarsi la mattina, senza capricci.
Bravo bambino, quando non capivo come girava il mondo e non facevo domande. 
Aveva portato un altro vassoio di biscotti e una tazza di sidro con il miele. Le ultime due avevano fatto un miracolo per la mia gola, ora potevo quasi deglutire senza l’impressione di mandar giù scaglie di vetro. Dei suoi pastosi biscotti ai fichi, invece, non ce la facevo proprio più. Gli ultimi tre li avevo gettati dalla finestra.
Mi chiese se c’era qualcos’altro che poteva fare per me. Io le chiesi di uscire. Allora mi domandò se volevo un po’ di compagnia. E io le gridai di andarsene, per poi tossire per tre interi minuti. Lavka uscì mormorando che mi avrebbe portato un infuso balsamico più tardi. 
Fui tentato di lanciarle dietro il piatto di biscotti. Lei, tutti loro in realtà, continuavano a portarmi parole dolci e bevande calde, come se il problema fosse davvero il mal di gola. O il mal di testa. O le nocche sbucciate. 
Mi sarei spellato da solo entrambe le mani, se fosse servito a riavere il mio potere. 
Presi la tazza. Mi sembrò di impiegarci ore. Mi sforzavo di rimanere focalizzato sul niente che sentivo dentro di me. Niente era meglio dell’alternativa. C’era un mare di disperazione là fuori, sarebbe bastato poco per annegarci dentro. L'indifferenza era una buona cosa.
Bevvi un sorso e ne risputai la metà nel bicchiere: non era sidro caldo, ma succo d’uva. Per quanto mi riguardava, quei frutti avevano un unico pregio, ovvero diventare vino. Misi da parte tutto il vassoio.
Ora nel vuoto c’era una pizzica di disappunto. Aspettai che si spegnesse per un po’, così da tornare al mio niente, ma quella scintilla proprio non voleva morire.
Lavka sapeva che odiavo il succo d’uva. L'aveva fatto apposta, per forza. E, anche nel remoto caso in cui se ne fosse genuinamente dimenticata, c’erano comunque i miei amici fuori dalla porta a fare i doccioni. Dovevano essere tutti complici.
Mi sollevai faticosamente in piedi, uno scrocchio dopo l’altro. Le ginocchia mi dolevano tanto da non riuscire a distenderle del tutto. Avrei fatto scontare loro anche questo. Va bene, mi ero rifiutato di farli entrare nella camera per ore, ma non per questo erano legittimati a servirmi succo d’uva con l’inganno.
Un passo dopo l’altro - Non pensare, fallo e basta - arrivai alla porta. E la disperazione, tenuta a bada fino a quel momento, mi arrivò alle spalle, a un soffio. Deglutii. Potevo portarmi il vuoto dietro, ma quella sarebbe rimasta lì. 
Uscii dalla stanza.
 

COWT13

Mar. 1st, 2023 09:17 am
Settimana: 2
Missione:
 M1
Prompt:
 Un personaggio si prende cura di un altro personaggio infortunato, malato, e/o bisognoso di conforto 
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /


Il cacciatore di sogni
 
L’intruglio davanti a lui era verde palude, denso e con pezzettini di non voleva neanche sapere cosa che galleggiavano in superficie. Sebbene la boccetta che lo conteneva fosse ben tappata, Damian era pronto a scommettere che fosse anche maleodorante. 
E Edward voleva che lo bevesse. Lo stomaco gli si chiudeva al solo pensiero.
“Sì, so che non ha un aspetto invitante.” Disse proprio lui, che doveva avergli letto il disgusto in faccia. “Ma è il modo più rapido e indolore, fidatevi.”
Damian avrebbe voluto obiettare. Certo, non poteva dire di conoscere le tecniche con cui la Gilda dei Cacciatori di Sogni si liberassero delle paure inconsce della gente, ma quando si era rivolto ad Edward per mediare un incontro, non aveva pensato che si prendesse a carico il suo caso personalmente. 
Il che, ovviamente, era stato imbarazzante oltre ogni misura. Un conto era raccontare a un vecchio amico d’infanzia che tutte le notti sognava di trovarsi nudo, appeso sopra un pentolone schiumante bolle di sapone, mentre il suo patrigno e i suoi colleghi Consiglieri lo punzecchiavano e seviziavano con estremo piacere. Un altro conto era raccontarlo al magnifico e prestante giovane uomo per cui aveva avuto una cotta da ragazzini, quando ancora non era alto quanto un baldacchino e tutte quelle forme definite non erano che linee appena accentuate. 
Poi, cosa se ne facesse un guerriero onirico di reali e solidi muscoli sotto la corazza, era un mistero che Damian non era ancora riuscito a sbrogliare. Restava il fatto, però, che Edward se ne stava ora al centro del suo salottino, cipiglio preoccupato e intruglio paludoso alla mano, in attesa che si mettesse “a suo agio”. 
Damian gli strappò la boccetta di mano. Non c’era modo che fosse a suo agio. 
Stappò la fiala. Cieli, era proprio come temeva: aveva un odore nauseante. 
Nelle mani di Edward ne comparve una speculare e lui gli offrì un sorriso partecipe. Alzarono le boccette istintivamente, un brindisi silenzioso.
Solo che, al contrario del cacciatore che bevve tutto d’un fiato con la dimestichezza di chi lo aveva già fatto mille volte, Damian tentennò ancora, e ancora, e ancora. Commise l’errore di provarlo appena sulla punta della lingua e già si immaginò a vomitare tutto nel portaombrelli a pochi passi.
“Non pensateci, fatelo è basta.” Suggerì Edward. Doveva apparirgli così infantile, come un bambino che non vuole mandar giù la medicina. 
Era così umiliante. 
Damian si voltò per nascondere le guance in fiamme e la sicura smorfia che gli avrebbe stravolto il viso, e si decise a mandar giù. Riuscì, orgoglioso, a non schizzare fuori dalla propria pelle per il disgusto. Fu più difficile non farlo quando Edward lo prese da dietro le spalle, circondandogli la vita con un braccio. 
Faticò un bel po’ per sciogliere il grumo che aveva in gola tanto da parlare senza gracchiare. “Cosa fate?” 
“Dovete stendervi, subito.” Rispose il cacciatore, tirandolo indietro verso il divanetto che avevano approntato per l’occasione. “La pozione agisce rapidamente. Fra pochi secondi cadremo nell'incoscienza.”
Magari. Sarebbe stata un’inaspettata quanto gradita benedizione. Diaman si sentiva fin troppo agitato. 
Caddero fra i cuscini, ma Edward non lo lasciò andare; anzi, se lo sistemò addosso come fosse un pigro gatto fiducioso, come quando da bambini gli arrivava appena oltre la cintola e trasportarlo in giro ovunque senza sforzo. Damian ricordava le sere passate nelle cucine della villa della sua famiglia, di fronte al forno spento ma ancora caldo, si acciambellava sulle sue ginocchia e condivideva con lui la focaccina nascosta ore prima in un qualche cassetto della credenza. Edward lo ringraziava con dei grattini sulla nuca che lo portavano inesorabilmente a cedere al sonno, nonostante la sua battaglia per rimanere sveglio e godersi quei momenti.
Il cuore gli martellava nelle orecchie. Lo sentiva sotto i polpastrelli, in fondo alla pancia, in ogni punto in cui Edward lo stringeva a sè. Impossibile che non lo sentisse anche lui. 
Era indeciso se chiedere se quella vicinanza fosse necessaria. Non era sicuro di volere davvero scostarsi, nonostante tutto. 
“Non sta funzionando.” Damian non avvertiva alcuna sonnolenza, anzi, avrebbe giurato che in venticinque anni di vita mai era stato più sveglio di quel momento. “Forse la pozione non era giusta?”
Cielo, sperava proprio di non doverne prendere una nuova dose. Avvertiva ancora l’odore acido in fondo alla gola.
Un tocco umido sulla nuca gli fece accapponare la pelle. Successe di nuovo, una pressione leggera ma inequivocabile. Il suo cuore si era spostato lì e ora batteva come se volesse lacerare la pelle e volare sulle labbra di Edward.
“È tutto giusto. Più che giusto.” Sussurrò la sua voce all’orecchio di Damian, accompagnato da un altro, lieve bacio. 
L’urgenza di voltarsi lo colpì come un pugno allo stomaco. A costo di infrangere quel momento, non avrebbe sopportato un momento di indugio in più. Trattenne il fiato. Un battito di ciglia, e il vuoto lo accolse.
 

COWT13

Mar. 1st, 2023 10:40 am
Settimana: 2
Missione:
 M3
Prompt:
 01. Due personaggi che un tempo erano amici d’infanzia ma una volta cresciuti sono diventati nemici
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /


Amico

“Allora, come ci intrufoliamo nella casa del Generale?”
Pierre, seduto al tavolo delle mappe, si mise le mani tra i capelli. Erano ore che studiava carte topografiche, piante della villa-fortezza, reti fognarie e quant’altro, e si era fatto più scuro in volto ogni minuto che passava. 
Martin, al contrario, non sembrava molto preoccupato. D’altronde, lui sarebbe stato pagato sia che il saccheggio avesse successo, che no.
“Non c’è modo di superare le guardie senza stordirne un paio, perfino al cambio non lasciano mai incustoditi i punti di accesso.” Pierre tamburellò con due dita sulla carta. “Gli ingressi secondari vicino al ponte sarebbero i punti ideali, ma vengono controllati a vista dalle torrette, impossibile passare non visti. Stesso discorso per le pareti est e sud.”
“Potremmo provare a mascherarci da servitori, o commercianti…” Propose Martin.
Pierre scosse la testa. “I controlli sono troppo serrati. Il Generale è un bastardo paranoico, non permette l’ingresso a servitori mai visti prima o mercanti senza documenti.” Si diede una tirata di capelli bella forte. “Mi ci vorrebbero settimane per quei documenti… Se solo i canali di scolo fossero riportati nella mappa…”
Pierre rischiava di rendersi calvo e un po’ me ne sentivo responsabile, considerando che io sapevo come entrare. Mi era solo servito un po’ di tempo per mettere a tacere i sensi di colpa, per soffocare le ultime braci di un’amicizia passata. 
Fino a quel momento, irrazionalmente, stupidamente, avevo creduto che qualcosa legasse ancora me e Meraaki. Nonostante la vita ci avesse allontanato tanto, credevo… non so, che un domani, forse, con una certa combinazione di eventi, avremmo potuto salutarci come vecchi compagni e magari rimanere nella stessa stanza senza provare ad accoltellarci a vicenda.
Sapevo che, se ora avessi parlato, Meraaki non me l’avrebbe mai perdonato. Sapevo anche che, se ora non avessi parlato, quell’operazione sarebbe andata a monte. E tanti saluti alla paga.
Mi avvicinai al tavolo, puntai un dito quattrocento passi al di là delle mura esterne, su una macchia d’inchiostro a forma d’alberi, troppo piccola per chiamarla foresta.
“C’è una vecchia cascina qua, nasconde un passaggio sotterraneo che passa sotto le mura. Lo usavano per trasportare legna e barili a valle, credo, ora è inutilizzato. É abbastanza grande perché un bambino ci passi comodamente, un uomo tenendo la testa bassa…” Valutai uno dei miei compari con un’occhiata veloce. “E Martin faticando un po’ di più.”
La cosa non gli piacque. Pierre invece pendeva dalle mie labbra.
“Hai detto che porta oltre la prima cinta muraria?”
“Porta direttamente nella cantina dell’edificio principale.”
Un ricordo mi colpì con improvvisa scaltrezza. Il tanfo di umido e muffa dentro le narici per minuti e minuti, poi le mani sbucciate contro un pannello di legno pesante e sbeccato. La calda luce che mi inondava quando finalmente riuscivo a sollevarlo, l’odore speziato del vino e un sorriso ancora più dolce e caloroso davanti agli occhi. La mano sempre tesa ad afferrare la mia.
Dovetti scacciare quella bella immagine con il ghigno senza denti di Pierre, non uno scambio equo a mio parere.
“E non è sorvegliato?”
“No, è abbandonato.”
“E le cantine?”
Sbuffai. “Il Generale non ha bisogno di schierare soldati anche dentro la villa, gli basta renderla impenetrabile dall’esterno.”
Ora anche Martin sembrava condividere l’entusiasmo del loro compare, mentre Pierre mi porgeva un carboncino e faceva gesto di disegnare quel nuovo, stupendo particolare sulla mappa.
“Per le braghe della regina! Gliel’hai fatta sotto il naso per anni, vero? Quanta roba gli hai rubato?”
Non molta, in realtà. Qualche bacio a un paio di sue serve, cinque botti di buon vino in cinque anni e ovviamente il cuore di suo figlio. Negli anni della giovinezza, Meraaki era stato suo più che di qualsiasi precettore, maestro d’armi o cavaliere a cui fosse affidato. Più del padre stesso. 
Capirà che sono stato io. Nel momento stesso in cui la notizia del saccheggio della villa arriverà alle sue orecchie, capirà che c’era un solo modo per entrare non invitati. E mi odierà.
Un po’ lo rimpiangevo. Se ci fosse stato un altro modo, avrei spinto per quello. Ma era stupido per un ladro rimanere leale a un ricco aristocratico. 
Scacciai con un gesto della mano quei pensieri infruttuosi e la curiosità di Martin. La decisione era presa.
“Anche senza guardie, la maggior parte degli ospiti del Generale sono ufficiali armati. E il suo ufficio sarà sicuramente chiuso a chiave. Trovare il trattato di indipendenza senza essere scoperti non sarà una passeggiata.”
“Si può fare, si può fare.” Pierre, ringalluzzito dal passaggio segreto, si ributtò sulle sue carte con rinnovata speranza. 
Lo lasciai fare. Si era sempre occupato lui dei tempi e dei particolare, e non mi aveva mai deluso finora.
Di nuovo, un ricordo si presentò a tradimento. Meeraki che mi diceva che sarei sempre stato il benvenuto a casa sua. Potevo passare dalle cantine quando volevo, purché nessuno mi vedesse. E, una volta che fosse diventato il signore di quella casa, mi avrebbe accolto all’ingresso principale e non mi sarei dovuto nascondere più. 
Era stato un bel sogno finché era durato. Una bella amicizia, finché era durata anche quella.
 

COWT13

Mar. 1st, 2023 12:20 pm
Settimana: 2
Missione:
 M3
Prompt:
 14. La relazione romantica tra due o più personaggi deve rimanere un segreto per via di norme culturali, regole della società o simili.
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: Mermaid!au


Una bolla di felicità

Mentre attendeva nel tram l’arrivo della sua fermata, Rio pensava a quale scusa propinare a sua madre per aver salato la scuola. 
I passeggeri intorno, la maggior parte signori con il gilet da pesca e signore cariche di buste della spesa, scoccavano a lui e al suo zaino sguardi di disapprovazione. Disapprovazione sarebbe stata anche l’emozione più evidente sul volto della mamma quando sarebbe tornato a casa quella sera.
Impossibile passare inosservati, in ogni senso. I registri elettronici erano diventati il peggior nemico degli studenti, soprattutto di quelli i cui genitori non erano del tutto impediti con la tecnologia.
Rio decise che avrebbe detto di essere andato al Game Stop più vicino, a provare la versione beta dei giochi in uscita. Ce ne era uno che sarebbe uscito a breve, lo aveva già chiesto per il compleanno e sua madre sapeva quanto gli piacesse. Era una copertura credibile.
Il tram uscì dal labirinto di edifici in centro per costeggiare il lungomare. La luce mattutina inondò Rio, che si alzò per avvicinarsi alle porte vetrate. La sua fermata sarebbe stata la prossima. E guardare le linee del mare scorrere veloci sotto i suoi occhi, sembrando allo stesso tempo immobili, lo rilassava molto. 
Con un fischio metallico, le ruote si fermarono e Rio saltò giù attraverso le porte aperte, zaino in spalla. Avrebbe dovuto camminare per un po’. E avrebbe anche dovuto muoversi, se non voleva che il gelato che si portava dietro si squagliasse.
Evitò accuratamente le poche spiagge balneari di quella zona e scese sulla sabbia solo dopo aver messo una buona distanza tra sé e l’ultimo ombrellone in vista. Poco più in là le linee degli scogli cominciavano ad ammonticchiarsi le une sulle altre e a invadere il bagnasciuga. 
Ora cominciava la parte difficile. Rio non ricordava mai quale fosse la fessura giusta e, per esperienza, infilarsi in quella sbagliata e sgusciare fuori subito dopo con il rischio di rimanere incastrati non era piacevole. Psi non poteva aiutarlo in quel caso, non faceva di certo la sua strada. E che si sporgesse fuori dalla grotta, con il rischio di essere notato da qualcun altro, era fuori discussione.
Accese la torcia del cellulare e provò a guardare dentro un paio di aperture che gli sembravano familiari. Mise presto da parte le ciabatte, preferendo i piedi scalzi; aveva l’impressione di scivolare sulle umide rocce a ogni passo.
Cercava da cinque minuti, quando vide qualcosa di strano su uno scoglio. Più di una dozzina di conchiglie formavano una freccia, puntata verso un’altra conchiglia più grande, a spirale e ricca di creste, in bella vista sulla superficie di uno scoglio. Rio sorrise: Psi era un genio.
Ignorò del tutto la conchiglia e si infilò nella fessura sotto il masso su cui poggiava. Dovette contorcersi un po’ e tirare per farci passare anche lo zaino, ma infine sentì la familiare sensazione di scivolare giù, l’istintiva confusione nello scoprire che c’era molto più spazio di quanto la vista da fuori suggerisse.
Cadde dolcemente su una duna di sabbia, e poi ancora più giù su uno scivolo livellato di pietra, fino a immergere le gambe nell’acqua. 
Delle braccia lo agguantarono prima che potesse finire a mollo dalla testa ai piedi e lo issarono a sedere sulla sporgenza di pietra. Rio sentì subito un corpo imporsi tra le sue ginocchia e delle labbra cercare le sue. Circondò Psi in un un abbraccio, chiudendo gli occhi e immergendosi nel suo odore di mare. Era come abbracciare l’oceano. 
“Mi sei mancato.” Mormorò Psi, staccandosi solo tempo necessario di pronunciare quelle parole. “Non sopportavo più l’attesa.”
Rio lo accarezzò per tutta la lunghezza della schiena, attento a evitare le piccole creste che sporgevano in corrispondenza della colonna vertebrale. Scendendo giù, si fermò sulla linea dove la pelle sensibile lasciava posto alle squame, ma solo perché attraverso le scaglie bagnate Psi faticava a percepire il suo calore e i tocchi più leggeri. Rio voleva che sentisse quanto era mancato anche a lui, quanto non avesse aspettato altro da quando si era alzato quella mattina.
Psi si staccò con la stessa velocità con cui si era avvicinato, immergendosi in uno scroscio di schizzi per emergere poco più in là, nella grotta. 
La piccola laguna contenuta in quello spazio chiuso non gli permetteva granché di muoversi, ma il passaggio nel punto più profondo verso il mare aperto almeno non lo faceva sentire in trappola. Rio non lo avrebbe mai permesso, piuttosto lo avrebbe incontrato in mezzo al nulla, a chilometri dalla costa.
Psi afferrò qualcosa e tornò da lui per metterglielo in mano. 
“Per te. È un regalo.”
Rio aveva ora tra le mani una manciata di perle, oltre che del corallo in frammenti e quelli che sembravano dei minerali di un qualche tipo. Erano freschi al tatto.
“Puoi venderli e prenderci dei…” Psi cercò per un momento nella mente la parola aliena. “Soldi. Così puoi barattarli con quello che vuoi.” Sfiorò con le dita i cristalli. “Fammi poi sapere quale vale di più nel tuo mondo, te ne porterò altri.”
Sapeva quanto Psi avrebbe voluto comprargli dei veri regali, magari accompagnarlo lui stesso. Rio moriva dalla voglia di fargli provare un videogioco, ma non aveva osato portare la sua play station lì in quel luogo umido e a portata di schizzi. 
Era già abbastanza complicato liberarsi di quei gioielli senza destare domande, e ricavarne un bel gruzzolo. 
Non era l’ideale insomma, ma dovevano adattarsi. Ne avevano discusso innumerevoli volte e ancora non erano riusciti a trovare una soluzione migliore di quello strappo alla quotidianità, una volta a settimana, di nascosto. Una mattina rinchiusi in una bolla di felicità, e poi come se niente fosse mai successo.
Psi gli aveva spiegato le paure che quelli come lui vivevano nei confronti della superficie e dei suoi abitanti. 
“Se la mia gente lo scoprisse, ti darebbe la caccia.”
“Se lo scoprissero i miei, mi darebbero del pazzo.”
E Rio aveva provato a fargli capire che, per gli esseri umani come lui, Psi era solo una leggenda e che, per nessun motivo, la cosa doveva cambiare. Tremava all’idea di quello che gli avrebbero fatto se lo avessero visto con i propri occhi, inconfutabile.
“Grazie, amore mio.” Lo ricondusse tra le proprie braccia. “Mi sei mancato anche tu. E ti ho portato dei regali anch’io.” 
Prese lo zaino e ne tirò fuori “Delle pile nuove per il tuo orologio subacqueo e del gelato.” 
Psi si illuminò come il mare all’alba, mise da parte le pile e l’orologio da polso che Rio stesso gli aveva regalato mesi prima, e si gettò sul gelato. Adorava il gelato, specie quello alla frutta.
Rio prese a riparargli l’orologio, lasciandolo al suo momento d’estasi. Non smise di guardarlo di sottecchi nemmeno un istante e, quando si scopriva ricambiato, entrambi sorridevano come se avessero tutto il tempo del mondo. 
Per il momento, sarebbe bastato.
 

COWT13

Mar. 1st, 2023 04:25 pm
Settimana: 2
Missione:
 M3
Prompt:
 15. Un gruppo di personaggi ha un rapporto molto stretto e condivide tutto.
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: Mermaid!au


Un segreto condiviso

Psi detestava lasciare quella grotta almeno quanto detestava la pesca intensiva, se non di più. Lasciare la grotta voleva dire lasciare Rio. Il suo splendido, amato Rio, che l’Oceano non aveva voluto con sé e lasciato alla desolante terra, con due gambe - due bellissime gambe, per carità, con dieci adorabili dita in più - al posto della coda. Ergo, l’Oceano era uno stronzo. E lui sull’orlo di un’irritazione di membrana nittitante ogni volta che lasciava la grotta - sull’orlo delle lacrime, Rio diceva che, anche se non le avevi, era un’espressione che si poteva utilizzare per uno stato d’animo. 
Anche quella settimana la bolla era scoppiata, e a lui non restava che tornare a casa.
Cercò una corrente che potesse trasportarlo fino alle Crepaccio Pacifico, ma si tenne ben alla larga, una volta lì, dall’entrata del palazzo arrampicato sulla roccia. Sua madre sarebbe sicuramente stata nel cortile e avrebbe notato la sua irritazione, il suo stato d’animo o quello che era, e non gli avrebbe dato tregua finché non avesse sputato il granchio. 
Aveva bisogno di conforto, silenzioso e accogliente. Soprattutto, aveva bisogno di parlare di Rio e non avrebbe potuto farlo con chi non era mai andato oltre il pregiudizio.
Si avvicinò a una delle entrate secondarie riservate ai residenti. Era un tunnel ricavato dal corallo spugnoso, che portava dritto alle stanze dei suoi fratelli e sorelle, senza quasi incroci o diramazioni. Era molto comodo e lo usavano tutti quando dovevano sgattaiolare via o rientrare senza dare spiegazioni immediate. Vi scivolò dentro e si lasciò quasi trasportare fino all’androne dove sbucava. 
Nella sala c’era quasi tutta la sua famiglia al completo. Rho doveva essere andato a caccia di vetri tutta la giornata e ora teneva il suo bottino davanti a sé, limando i vetri dei frammenti e accostandoli in composizioni luminose. Ni lasciava che Della le pettinasse i capelli, beata. Tau sembrava annoiato come suo solito circondato da pareti, e la coda gli fremeva sollevando piccoli vortici di sabbia. Lo salutarono tutti appena entrò.
Della si sollevò dal grembo della loro sorella per precipitarsi da Psi. Sollevò le braccia e Psi fece lo stesso, pronto a prendere sua sorella; lei però cambiò rotta e gli strappò la sacca che teneva su una spalla.
“Attenta!” Gridò Psi, sapendo che la borsa impermeabile rimaneva tale solo finché era chiusa. “Non la aprire. Ridammela.”
Doveva metterla al sicuro il prima possibile, magari in una delle sacche d’aria in camera sua. 
“Cosa ti ha portato questa volta? Sono oggetti rari? Si possono usare sotto la superficie?” Della era implacabile. “Per caso ti ha dato qualcosa anche per me?”
Psi si riprese la sacca con una manata. Poco ma sicuro, non avrebbe condiviso i regali di Rio con nessuno. 
“Non sono affari tuoi, cetriolo. Non c’è niente per te, non sa neanche chi sei, perché dovrebbe farti un regalo?”
“Se magari ci presentassi!”
“Presentare chi?” Rho alzò lo sguardo dai suoi vetri. Fingeva soltanto, l’imbroglione, di essere disinteressato a quella discussione. In realtà, Psi scommetteva che era il più curioso di tutti. 
“Il ragazzo terrestre di Psi” Della lo disse come la loro madre avrebbe detto “il principe tritone in persona”. 
“Ah, sì, sì vero.” Rho dissimulò con una mano, ma non ingannava nessuno. “Com’è che si chiamava?”
Della aprì la bocca per rispondere. Poi la richiuse e spalancò gli occhi, sgomenta di non sapere quel dettaglio. 
“Rio.” Parlò a sorpresa Ni e fu il turno di Psi di guardarla ad occhi spalancati. Sua sorella maggiore non era una pettegola! Era uno scoglio solido ed affidabile, custode di segreti e intima confidente. 
Lei gli sorrise dolcemente, come solo le sorelle maggiori sapevano sorridere ai più piccoli, e Psi mimò “traditrice” con le labbra.
Della si rianimò subito. “Rio! So tutto di Rio” eccetto il nome “Riempie Psi di regali fantastici dalla superficie e Psi non gli ha ancora detto di smettere, nonostante il corteggiamento sia finito settimane fa.”
Con un colpo di coda particolarmente energico, Psi rispedì Della sul grembo di Ni, che gli fece il favore di rimetterle le mani tra i capelli. 
Nel voltarsi - sospettava che gli fosse affluito un po’ di colore alle guance - Psi trovò a Tau a sbarrargli la strada verso la sua camera. La coda continuava a tremargli e aveva anche preso a tormentarsi le dita. 
Psi si dimenticò della sacca. “Cosa c’è, piccola perla?”
Tau, strecciò le mani e gli nuotò intorno. “Ce lo devi presentare. Se è importante, ce lo devi presentare. Anzi, non è importante finché non ce lo presenti.”
Psi fu quasi commosso dalle parole del fratellino, finché non aggiunse. “Devo portarlo alle Cascate Fredde.” 
Che l’Oceano ce ne scampi, pensò. “Assolutamente no. Sono troppo forti per Rio, lo sai che i terrestri nuotano come pesci camaleonte.” 
Poi, che quelle correnti spigolose fossero troppo forti anche per i giovani sirenidi, Tau lo ignorava deliberatamente. Lui si divertiva così.
“Non deve mica entrarci dentro, può guardare.” 
“Sì! Portalo quaggiù, voglio conoscerlo anch’io.” Della non si lasciò sfuggire l’occasione, perfino tra le grinfie di Ni. “E dimmi quali perle preferisce! Gliele regalerò, così Rio porterà roba della superficie anche a me.”
“Stellina…” La riprese Ni, con una tirata delicata di capelli.
“Oh! Ma non per corteggiarlo.” Aggiunse subito la sua sorellina. “Te lo giuro, Psi, non voglio corteggiarlo. Voglio solo i suoi gingilli.”
Ni sospirò. Rho si era fatto stranamente silenzioso, non fingeva neanche più di armeggiare con i vetri. Psi sapeva che, per quello che voleva proporre, sarebbero stati loro due i più insicuri.
“Ecco, in realtà era di questo che volevo parlarvi. Vorrei che conosceste Rio, sul serio.” Aveva tutta la loro attenzione. “Come dice Tau, è importante per me, e anche voi siete importanti per me. Vorrei presentarvelo. Dovremo avvicinarci alla superficie…” Non li avrebbe portati nella grotta, quella era la bolla sua e di Rio, e di nessun altro. “... e dovrete mantenere il segreto, più di adesso. Ci state?”
“Si!” Gridò subito Della.
Tau gli nuotò intorno una seconda volta, già impaziente. 
Psi guardò Ni, che si prese parecchi momenti per osservarlo, occhi come scavatori. Infine, annuì. 
“Sei sicuro, fratello?” Chiese Rho. Aveva messo i suoi vetri definitivamente da parte. “Ci possiamo davvero fidare di questo Rio?”
“Come vi fidate di me.” 
Non servì aggiungere altro.
 



COWT13

Mar. 1st, 2023 05:40 pm
Settimana: 2
Missione:
 M3
Prompt:
 09. Un personaggio lotta con i propri sentimenti per un altro personaggio che (almeno apparentemente) non lo contraccambia
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: Mermaid!au


Per amor di fratelli
 
Psi gli aveva assicurato, e assicurato, e assicurato, che i suoi fratelli erano come qualsiasi altro fratello gambe-munito avesse mai conosciuto. Psi non aveva conosciuto altre persone gambe-munite oltre a lui, quindi almeno in quello non era affidabile.
Rio non sapeva se essere più nervoso perché stava per conoscere la famiglia del suo ragazzo - almeno, la parte di famiglia che contava per lui - o perché tale famiglia non apparteneva alla sua specie. Cercava di incoraggiarsi pensando che, se volevano bene a Psi e Psi ne voleva a loro, tanto male non potevano essere. Sebbene, nonostante fossero di mentalità più aperta rispetto allo standard, nessuno di loro si era mai avvicinato agli affari della superficie come Psi. 
“Sono sicuro che ti adoreranno. Non hanno fatto che bisbigliare di questo incontro per giorni.”
Psi non aveva smesso di incoraggiarlo neanche per un momento, mentre lo tirava un po’ per le mani, un po’ abbracciandolo verso la direzione giusta. 
Rio aveva dovuto indossare una muta per non congelare in mare aperto e portarsi dietro l’attrezzatura per immersioni. Psi gli aveva assicurato che nel posto dove stavano andando sarebbe potuto rimanere con la testa fuori dall’acqua, ma per arrivarci era necessario nuotare “come si deve”. 
Psi nuotava, lui faceva il rimorchio. E ascoltava le rassicurazioni del suo ragazzo, senza poter rispondere a causa del boccaglio. 
“Della ha messo ha tirato fuori le spine di riccio più lunghe della sua collezione e Tau non ha fatto che chiedere quanto veloce puoi nuotare, per quanto tempo puoi trattenere il respiro e a che punto la pressione ti farebbe uscire il cervello dalle orecchie.”
Niente di tutto ciò suonava rassicurante. Sembrava stessero prendendo le misure per farlo fuori. E poi, a che diavolo potevano servire delle spine di riccio se non per tirargliele contro?
Emersero prima di quanto Rio avesse sperato. Psi aveva scelto una piccola gola seminascosta a strapiombo sul mare, con qualche appiglio per potersi sistemare, se non proprio comodi, almeno all’asciutto. Rio non conosceva la zona, ma a occhio e croce dovevano trovarsi qualche chilometro a nord della sua città.
I famigerati fratelli non ci misero molto ad arrivare. In effetti, spuntarono fuori da dietro le rocce, come se li stessero aspettando. 
Assomigliavano molto a Psi, tutti chiari di capelli e con i lineamenti affilati. La ragazza più giovane, che doveva essere Della aveva una specie di cerchietto da cui partivano degli spuntoni - ecco spiegate le spine, grazie al cielo - e un sorriso da orecchio a orecchio. Il maggiore invece, gli pareva si chiamasse Rho, teneva le sopracciglia aggrottate e se stesso il più lontano tra tutti. Rio sentiva di stargli già antipatico. 
“Che strana pelle!” Della balzò oltre il fratello e si allungò fuori dall’acqua tanto da afferrargli un braccio inguainato. Rio si costrinse a non sussultare, ma a sorriderle.
“Le nostre scuse.” Prese la parola l’altra ragazza, Ni, mentre Psi scansava la sorellina e iniziava un battibecco con lei. “Della è irruenta, ma innocua. Siamo felici di conoscerti.”
“Piacere mio. Sono Rio.” Questo probabilmente l’avevano già capito. “Il ragazzo di Psi.” Sicuramente sapevano anche questo. “E questa non è la mia pelle.” Che cosa strana da dire.
Prese con un pizzico una punta di tessuto sull’avambraccio e la tirò verso l’alto. Alle facce allarmate dei quattro, la lasciò subito. Si affretto a spiegare. “È una muta. Un… vestito” Conoscevano quelle parole? Non ne era sicuro. “Per tenermi al caldo e per nuotare meglio. Si può togliere.” Questa volta sollevò delicatamente il bordo sul collo, appena appena. 
Ottenne diverse reazioni. 
“Muta… come le lamprede?” Chiese Rho guardando suo fratello. Sembrava disgustato almeno quanto Psi era oltraggiato.
“No! Non è pelle sua, è pulita e lui può rimettersela quando vuole. È una cosa della terra.”
“È una cosa della terra” sembrò mettere d'accordo tutti e tornò varie volte quel pomeriggio. Rio fu bombardato di domande da Della, richieste bizzarre da Tau, il minore e occhiatacce da Rho. Ni non studiava tanto lui, quanto il modo in cui con Psi si cercavano e interagivano. Era inquietante quasi quanto il fratello maggiore.
Su quest’ultimo, Rio decise di concentrare tutti i suoi sforzi. Non capiva cosa pensava. Se si stava solo comportando da fratello protettivo o se in fondo lo disgustava la sua natura “terrestre”. Se gli stava antipatico in quanto “Rio” o se era solo una frana a esprimere la sua curiosità. 
Di fatto, non gli rivolse mai domande dirette, ma piuttosto le fece a Psi, come se Rio non fosse presente. E le risposte sembrarono non piacergli più volte di quante sì. Fece molta attenzione a non andargli vicino neanche per sbaglio e non smise di guardarsi intorno finché rimasero in superficie. Quando Rio propose di immergersi per un po’, però, bocciò ogni attività proposta e fu costretto a cedere solo per esasperazione da parte di tutto il gruppo.
Rio provò a fargli delle domande. Psi gli aveva detto che era appassionato di vetri, così si propose di procurargliene alcuni. Ogni volta, gli sembrò di scontrarsi con un muro. 
Alla fine si arrese, dicendosi che il bilancio finale era comunque a suo favore. Tre fratelli su quattro era un buon risultato, sarebbe stato presuntuoso pretendere il set completo. 
A fine giornata, Psi si offrì ovviamente di accompagnarlo a riva e insieme salutarono la sua famiglia. 
“Sapevo che saresti piaciuto a tutti.” Disse, prima che Rio potesse commentare.
“Beh, non proprio a tutti.” Era in un certo senso deludente. “Forse a Rho serve un po’ più di tempo.”
Psi lo guardò confuso. 
“Cosa dici? Piaci più di tutti a lui.”
 

COWT13

Mar. 1st, 2023 07:03 pm
Settimana: 2
Missione:
 M2
Prompt:
 01. Fuochi artificiali
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: Mermaid!au


Cielo e mare

La notte del santo patrono della sua città, sparavano i fuochi d’artificio dal molo. Rio non ricordava minimamente quale fosse questo santo, ma moriva dalla voglia di mostrare lo spettacolo a Psi. Era quasi certo che lui non li avesse mai visti.
Aveva detto a sua madre che avrebbe passato la notte con i suoi amici, e ai suoi amici che l’avrebbe passata con una nuova fiamma opportunamente solo di passaggio e che sarebbe ripartita il giorno dopo. Aveva dato appuntamento a Psi alla solita grotta e riempito lo zaino di tutto l’occorrente per le immersioni. Galleggiare in mare aperto sarebbe stato spaventoso, ma credeva che il volto sorpreso di Psi ne sarebbe valsa la pena. A lui aveva detto solo che quella sera il cielo sarebbe stato pieno di luci. Psi gli aveva fatto notare che quella non era una novità, le stelle non erano solite andarsene per i fatti loro. Rio allora aveva sorriso e lo aveva baciato fino a scoprire un nuovo punto per il solletico.
 “Dovrebbe iniziare a breve.” Controllò l’orologio. 
Se ne stava aggrappato alle spalle di Psi, cercando di non pensare alla nera immensità che aveva sotto i piedi e tutto intorno. Immensità piena di mostri marini che non poteva vedere, che lo avrebbero afferrato per le gambe e trascinato giù.
Rabbrividì e cercò di avvolgersi ancora di più contro Psi. Le sue squame erano rassicuranti. 
“Ricorda, sentirai un sacco di rumori. Dei botti. Come quando, dalla superficie, cade qualcosa in acqua.”
“Come quando ti è caduto lo zaino nella pozza della grotta?” Psi sorrise, si vedeva che stava ridendo al solo ricordo.
“Esatto, ma più forti.”
Dio, a Rio sembrava di star rassicurando un cagnolino. Magari era ora di smetterla.
Il primo sparo d’avvertimento arrivò poco più tardi, seguito cinque minuti dopo dal secondo e dal terzo. I fuochi artificiali cominciarono subito dopo, con delle girandole colorate. 
Rio si concentrò non tanto su quello che accadeva in cielo, ma tra le sue braccia. Il viso di Psi si era disteso dalla meraviglia. I fuochi si riflettevano nei suoi occhi immobili, che non staccò neanche per un secondo. A tratti smise persino di muovere la coda, lasciandosi andare verso il basso e facendo temere a Rio che li avrebbe fatti affondare. In quella particolare situazione, non gliene avrebbe fatto una colpa.
“Ti piacciono?” Non resistette dal chiedergli.
Psi mugugnò il proprio assenso, ancora si rifiutava di distogliere lo sguardo. 
Dalle girandole erano passati a delle stelle filanti, poi a delle cascate di luce che arrivavano fino al mare e infine a degli strani funghetti storti.
“Cosa sono?” Chiese e sollevò un braccio, quasi volesse provare a toccarne uno.
“... Non so esattamente da cosa sono fatti. Polvere esplosiva? Alcuni uomini li sparano in cielo e questi prendono fuoco e i diversi componenti all’interno si illuminano con diversi colori.”
“Sparano?”
“Lanciano, con delle macchine apposite, a velocità impossibili per un uomo.”
“Sono le stelle più belle che abbia mai visto.” Psi lasciò i suoi fuochi artificiali giusto il tempo di un bacio. “Grazie.”
Rio riconobbe la maestosità dei botti finali e lasciò che il suo ragazzo godesse fino all’ultima scintilla.
 

COWT13

Mar. 1st, 2023 07:53 pm
Settimana: 2
Missione:
 M2
Prompt:
 10. Pioggia
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: Mermaid!au


Cose che si fanno per amore
 
Pioveva come se la terra stesse andando a fuoco e il cielo fosse il miglior pompiere dell’anno. Pioveva come se il mare avesse detto “Ehi, sto morendo di sete” e nessuno gli avesse dato dell’ingordo. Pioveva che Dio la mandava giù, insomma.
E non ci sarebbe stato nessun problema per Rio, se avesse potuto rimanere sotto le coperte a casa, il gatto a scaldargli i piedi e le cuffie ad attutire il rumore del temporale. Ma era sabato mattina. Non aveva mai saltato il suo appuntamento settimanale. Né per la scuola, né per le multe, né per lo sconto al 70 percento al  Game Stop. Non avrebbe saltato per un - bel - po’ di pioggia.
Non temeva un malanno, malato lo era già. Aveva mandato un messaggio due giorni prima a Psi attraverso il canale per le emergenze, una boa lasciata galleggiare nei pressi della grotta, chiedendo se “quelli come lui” si ammalassero delle stesse malattie che potevano prendere a lui. Non voleva contagiarlo. La risposta era stata che l’appuntamento per quel sabato era annullato.
Col cavolo. Se Psi avesse avuto paura di ammalarsi, glielo avrebbe semplicemente detto. No, lui voleva che Rio si riguardasse. Come se vedersi solo una volta a settimana non fosse già abbastanza penoso. 
Rio era deciso. Non avrebbe anteposto al suo amore, né l’influenza più fastidiosa della stagione, né la collera di dio sotto forma di pisciata colossale. Scese alla solita fermata pieno di tenacia e muco, e salutò l’ultimo posto non umido che avrebbe frequentato quella mattina.
La pioggia lo investì subito, cercandogli il viso oltre la protezione del cappuccio. Riparandosi più che potè nell’impermeabile, scese immediatamente sulla sabbia. Fu un errore. La sabbia bagnata rendeva ogni passo il doppio più faticoso. La stanchezza della febbre, il triplo.
Si trascinò sul bagnasciuga finché la sabbia non lasciò spazio agli scogli, mettendoci molto più tempo del solito. Per qualche miracolo di coordinazione non cadde neanche una volta, sebbene sospettasse che le gocce d’acqua che gli picchiettavano sulla testa e sulle spalle puntassero proprio a quello. 
Questa volta non faticò a trovare la fessura giusta: la boa-telegrafo galleggiava ancora nei dintorni, piena di nuovi, brevi messaggi. Rio ne aprì qualcuno, prima di entrare. Erano tutte intimazioni, scritte nella stentata grafia di Psi, di non provare a presentarsi, di tornare a casa, di non svenire sulla terra che lui non avrebbe potuto saltar fuori a salvarlo.
Più che scivolare nella grotta, permise alla gravità di fare di lui ciò che voleva. 
Ormai non si sentiva più i piedi dal freddo, mentre sotto l’impermeabile si sentiva sudato e accaldato. L’umidità gli stava scavando un buco in fronte e, se non gli dolesse tanto, avrebbe giurato di essersi perso il naso per strada.
“Cosa fai qui?” 
Una familiare voce e delle altrettanto familiari braccia arrestarono la sua caduta.
Rio sorrise alle macchie sfocate che cercavano di darsi un senso davanti ai suoi occhi. “Ciao, amore mio. Mi sei mancato.”
“Torna immediatamente da dove sei venuto!”
Ah, sentirsi amato e apprezzato. Che sentimento stupendo.
 

COWT13

Mar. 1st, 2023 09:06 pm
Settimana: 2
Missione:
 M2
Prompt:
 05. Flambé
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /


Gesta eroiche

Isaac era sbalordito. In sedici mesi di internato come medico ne aveva viste di ustioni, ma mai aveva ne aveva vista, o anche solo pensato di vederne, una in quel punto. 
Travis gliela mostrava con fare orgoglioso, quasi si aspettasse un complimento, ma lui aveva fiato e incredulità per una sola domanda: “Come diavolo hai fatto a bruciarti lì?”
Travis gonfiò il petto. “Ero steso vicino al fuoco da campo-”
“Anzi no, aspetta.” Isaac ci ripensò, massaggiandosi il ponte del naso. “Sai che ti dico? Non lo voglio sapere.”
Travis lo guardò male, colpito nell’orgoglio. Orgoglioso di cosa, poi? Sicuramente era successo per una stronzata delle sue.
La porta si aprì senza preavviso e il suo coinquilino Robin entrò in camera, con un dvd in mano e una domanda sulla punta della lingua. Si fermò sull’uscio e Isaac gli vide passare in viso tutto lo scombussolamento che aveva colpito lui un minuto prima. Sorpresa e curiosità lo portarono all’inevitabile conclusione: “Come diamine hai fatto a bruciarti lì?”
Travis il pavone fece di nuovo la ruota. Occhieggiando Isaac e scandendo bene le parole, riprese il suo racconto.
“Ero in campeggio con degli amici. Mi sono steso vicino al fuoco da campo per scaldarmi i piedi. Chuck parlava di questa tecnica fighissima che aveva visto in un video di cucina francese e Linda gli ha chiesto se lui sapeva farlo. Chuck ha detto di sì, anche se mi sa solo per fare lo sborone davanti a Linda.”
Isaac poteva già indovinare come andava a finire la favoletta. “Ma non mi dire.”
Travis annuì come se il sarcasmo nella sua voce non fosse stato più che evidente.
“Ha versato il vino del nonno di Diego nella padella delle salsicce e, ti giuro, non so con cosa quel vecchiaccio faccia il suo vino, ma è venuta su una fiammata incredibile. Chuck ha lasciato cadere la padella lontano - solo che lontano per lui uguale vicino per me. Le fiamme c’erano ancora e mi hanno rosolato le dita dei piedi.”
Se le indicò con un gesto plateale. Aspettava un applauso? Ottenne solo un fischio partecipe da parte di Robin. non gli bastò, tant’è che si rivolse a Isaac.
“Ecco perché non lo volevo sapere.” Rispose lui, caustico. Una cretinata, come aveva immaginato.
Travis non colse la frecciatina. “Ti fa impressione?”
“Sono un medico! No che non mi fa impressione.”
Come se non avesse parlato.
“Linda dice che poteva andare peggio, che potevano arrivarmi degli schizzi di vino in fiamme e sarebbe stato peggio.”
Verissimo. E avrebbe fatto anche molto più male. Travis non sembrava granché sofferente, tutto sommato.
Robin dovette leggere sul viso di Isaac la crescente voglia di mettergli le mani al collo o proprio sulle ustioni, giocare alla guerra dei pollici con la pelle arrossata, perché gli diede manforte, forse nel tentativo di rabbonirlo. “Ringraziamo tutti la pessima mira di Chuck, allora.”
Ovviamente Travis mando tutto giù nello scarico, e gli bastò una sola frase.
“Questo e altro per il rimorchio di un fratello.” Disse fieramente. 
Isaac si alzò e finse di perdere l’equilibrio solo per potergli lasciare una schicchera sul piede.
 

COWT13

Mar. 1st, 2023 09:56 pm
Settimana: 2
Missione:
 M2
Prompt:
 07. Falò
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: werewolves!au, ma proprio accennato


 
Versi intorno a un falò

"La tua bocca è una fonte da cui abbeverarsi,
Il tuo profumo mi inebria più del vino
Di miele e di spezia, dolce abbandono,
È bello respirare i tuoi sospiri
Il tuo nome scivola sulla lingua.
Le mie mani
Aprono le porte della tua essenza,
Le mie mani
Ti vestono di nudità e spogliano di voglie,
Le mie mani
scoprono un corpo familiare 
e inventano una nuova forma."
“Piantala Billy, fai arrossire le ragazze.”
Billy mise giù il libro di poesie. Guardò il gruppetto di ragazze a portata d’orecchio che, come loro, aveva cercato il tepore del fuoco intorno al falò. “Allupate” rendeva piuttosto bene l’idea.
Tornò con gli occhi confusi su Camillo.
“Non ti piace questa poesia?”
Camillo sospirò fuori tutta la sua stanchezza. Perché mai stava leggendo poesie ad alta voce, prima di tutto? Aveva iniziato cinque minuti fa e Camillo lo aveva lasciato fare solo perché, nell’ottundità dei sensi data dalla stanchezza - data a sua volta da una giornata massacrante di attività campestri - gli era sembrato che stesse leggendo la lista dei viveri da ricomprare. Sei casse di birra, un telo di plastica nuovo, tre pacchi di caffè, due strusciamenti di ventri tesi e così via.
Magari l’aria di campeggio aveva iniziato a dare alla testa anche a Billy. Camillo era convinto che fosse questione di tempo, prima che tutti cominciassero a svalvolare, altro che feromoni lupeschi.
“E a te? Piace?” Tanto da doverci mettere tutti al corrente? - era implicito. 
Billy osservò il libro tra le sue mani come se fosse piovuto in quel momento dal cielo. “Non sono così male come pensavo.”
E ok, Camillo gli voleva bene comunque.
“Me lo ha prestato tua madre.”
E ok, a quello credeva ancora più facilmente.
“Mi ha detto che piacciono anche a te.”
E ok, ora si superava il limite.
“Che cosa? Non è vero!”
Billy era più perplesso che mai. “Mi ha detto che te le leggeva sempre quando ti addormentavi su di lei e che doveva spiegarti alcune-”
“Shhhhhh.” Billy era davvero impazzito? Le allupate erano ancora a portata d’orecchio.
Camillo scoccò un’occhiata in quella direzione, sperando che non avessero sentito. Lo prendevano già abbastanza in giro, grazie. 
Scivolò sul tronco che era il suo giaciglio per quella sera fino a toccargli un ginocchio con il proprio. Billy gli fece la cortesia di abbassare la voce.
“Non c’è nulla di male se ti piace la poesia.”
Sospirò di nuovo. Quanto era difficile essere l’unico razionale in una manica di bestie “Billy. C’è un solo motivo se un ragazzo sedicenne conosce qualche poesia: fare colpo sulle ragazze. Noi” Sperò intendesse che si stava riferendo ai loro gusti e non, una a caso, alla loro voglia inesistente di fare branco. “Siamo esentati da questo peso. Noi possiamo dire che abbiamo voglia di scopare senza parafrasare.”
“Non sono d’accordo.”
E ok, capitava anche quello. Che tornasse pure alle sue poesie, dunque. Purché le leggesse in silenzio e continuasse ad accarezzargli il ginocchio con due dita, che gli metteva sonnolenza e aveva proprio bisogno di dormire.
Il suo ultimo pensiero andò alle allupate, che sembravano confabulare più di prima, ma si disse che era normale, che stavano impazzendo tutti. Poi dormì.
 
 

COWT13

Mar. 1st, 2023 11:33 pm
Settimana: 2
Missione:
 M3
Prompt:
 06. Il rapporto tra un personaggio protagonista ed "eroe" della storia e il suo fedele "compagno"
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /


Simili

Suo padre gli aveva detto che un vero cavaliere, per essere tale, aveva bisogno di tre cose: una buona spada, un buon cavallo e un buono scudiero. 
“Le tue dita riconosceranno l’elsa giusta” aveva detto, e in effetti era stato così. Il fabbro gli aveva costruito una spada su misura, a una mano e mezza, doppio filo. Gli era bastato impugnarla una volta per capire che era sua, perfetta. Quella spada non gli sarebbe mai caduta di mano. 
“Un cavallo non è una barca, né una portantina. Se lo cavalchi, prima di tutto è perché lui te lo permette. Devi farti accettare” aveva detto. Tuono non si era fatto montare prima di un mese e un centinaio di mele. Aveva voluto fare di testa sua per le prime venti giostre. Non gliel’aveva data vinta neanche nelle passeggiate. Ma alla fine era stato suo, e da quel momento erano stati inseparabili.
“Il tuo scudiero è la tua ombra, da plasmare a tua immagine e somiglianza. La materia grezza deve essere la stessa. Quando lo vedrai, lo riconoscerai” aveva detto. Solo che, in questo caso, nessuno gli aveva porto un’arma già finita, né uno splendido animale di razza. 
Alland aveva forse per la prima volta dubitato delle parole di suo padre. I ragazzini del castello, i figli dei famigli e persino dei mercanti con cui era cresciuto non gli sembravano “della sua stessa materia grezza”. Sarebbero cresciuti e diventati castellani, famigli e mercanti a loro volta, non cavalieri. Peccato che anche i figli degli altri cavalieri non gli sembrassero adatti. 
Si era autoinvitato come ospite a cena nelle case di tutti i soldati sposati di suo padre. Le loro mogli spingevano i propri pargoli tra le sue braccia, ma lui non sapeva che farsene. Poi toccò a tutti i braccianti non più celibi della tenuta. Quando propose di farsi un giro delle catapecchie dei servi, sua madre decise di intervenire.
“Non pensi di pretendere un po’ troppo da loro?”
Non aveva sinceramente capito, all’epoca. “Pretendo solo quello che pretendo da me stesso.”
Sua madre aveva sospirato e maledetto suo padre dietro il ventaglio. L’aveva sentita lo stesso.
“Scendi nella piazza d’armi e guardati intorno. Guarda solo, non infastidire nessuno. E, per l’amor del cielo, lascia stare la servitù, penano già abbastanza senza che diventino di tua esclusiva proprietà.”
Alland fece come sua madre gli aveva detto, principalmente perché procedere secondo i suoi suggerimenti e vincere era meno umiliante di procedere contro i suoi suggerimenti e tornare poi con la coda tra le gambe.
Nella piazza, erano tutti impegnati a battagliare o a commentare chi battagliava. Il grado di sudore e stanchezza era inversamente proporzionale al grado di nobiltà. Alland, suo malgrado, si unì alle schiere di chi commentava. Si allontanò subito dopo, mal sopportando le fanfaronate di alcuni signori imbellettati. 
Fece il giro del campo, tenendosi bene alla larga dall’area di tiro degli arcieri e si fermò all’ombra di un grosso tronco scortecciato, usato come palo delle esercitazioni o poggia-armature a seconda della giornata. Si concentrò sul duello che aveva davanti. Entrambi gli sfidanti erano più grandi di lui, troppo per chiedergli di fargli da scudiero senza risultare irrispettoso, ma lo scontro sembrava interessante.
“Carica con troppo slancio. Se l’avversario riesce a schivare, un colpo alle spalle ed è finita.” L’abitudine di elencare i punti deboli degli avversari, uno degli esercizi preferiti del suo maestro di spada, prese il sopravvento senza quasi che se ne accorgesse. “Quando vuole fare una finta, ci pensa troppo e fa due passi a sinistra. Continua a muovere il braccio che regge lo scudo; fa capire all’avversario che è indolenzito. più strizza gli occhi per liberarsi del sudore, più è alto il rischio che non veda il colpo che lo metterà al tappeto.”
“Hai finito di portare iella, sputasentenze?”
Alland sgranò gli occhi e sollevò lo sguardo. Dalla linea dove il tronco era stato tagliato di netto, una testa riccioluta sporgeva e oscurava il sole. Altri due occhi lo osservavano a sua volta e Alland potè vederli ingigantirsi.
“Siete il figlio del padrone?” Chiese con vocina sottile il ragazzo e fu davvero strabiliante, considerando con quanta stizza aveva parlato prima.
Ad Alland non rimase che annuire.
“Perdono!” Il ragazzo sembrò volersi gettare giù dal trono e ai suoi piedi. Poi ci ripensò e si aggrappò al legno con le mani. Ripeté “Perdono!” e “Non sapevo che eravate voi!” e ancora “Perdono!” e scomparve.
Alland era troppo stordito per muoversi con la prontezza di cui si vantava tanto il suo maestro. Si alzò lentamente e altrettanto lentamente fece il giro del tronco. Dato che nessuno era in vista, saltò e afferrò il bordo del legno. Una scudisciata alle dita gli fece perdere la presa e gridare di dolore.
“Oh Miseria! Non volevo- non mi sono reso conto- ho agito d’istinto! Perdono!”
Mentre Alland soffriva a terra, massaggiandosi la parte offesa, lo sconosciuto soffriva in aria. Questa volta, con una certa dose di coraggio e rassegnazione, fu lui a raggiungerlo: scivolò giù dal tronco e si prostrò come un penitente. 
“Vi giuro, non volevo farvi male.” Farfugliò ancora.
Alland si premurò di trattenere la rabbia. “Non me ne avete fatto. Credimi, tra i due sono io quello che dovrebbe dirlo.”
Il ragazzo osò sollevare lo sguardo a quel tono conciliatore. Nel salire, i suoi occhi si posarono sulle dita del giovane nobile e un sopracciglio scattò verso l’alto. Alland lo vide prendere tutto il proprio orgoglio, scetticismo e la battuta che sicuramente gli pizzicava la punta della lingua e sopprimerli con forza sotto la suola della scarpe. Riabbassò la testa.
La rabbia che lo attraversava divenne divertimento.
Gli posò una mano dolente sulla spalla per farlo alzare. “Come ti chiami?”
“Mero.”
Istinto, dunque? “Mero, il mio istinto mi dice che ti ho incontrato per una ragione.”
Di nuovo un sopracciglio sfuggito al controllo, una risposta trattenuta a malapena. Mero gli piaceva sempre di più.
“Seguimi. Devo presentarti a mio padre.” 
Mero sbiancò. “Perdono…”
“Avrai modo di farti perdonare nei prossimi giorni.” Poi, dato che non sembrava per niente averlo rassicurato, aggiunse “Credo che tu e io siamo fatti della stessa materia. Piacerai sicuramente a mio padre. ”
 

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