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Settimana: 2
Missione: M3
Prompt: 01. Due personaggi che un tempo erano amici d’infanzia ma una volta cresciuti sono diventati nemici
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /
Missione: M3
Prompt: 01. Due personaggi che un tempo erano amici d’infanzia ma una volta cresciuti sono diventati nemici
Fandom: Originale
Rating: G
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Note: /
Amico
“Allora, come ci intrufoliamo nella casa del Generale?”
Pierre, seduto al tavolo delle mappe, si mise le mani tra i capelli. Erano ore che studiava carte topografiche, piante della villa-fortezza, reti fognarie e quant’altro, e si era fatto più scuro in volto ogni minuto che passava.
Martin, al contrario, non sembrava molto preoccupato. D’altronde, lui sarebbe stato pagato sia che il saccheggio avesse successo, che no.
“Non c’è modo di superare le guardie senza stordirne un paio, perfino al cambio non lasciano mai incustoditi i punti di accesso.” Pierre tamburellò con due dita sulla carta. “Gli ingressi secondari vicino al ponte sarebbero i punti ideali, ma vengono controllati a vista dalle torrette, impossibile passare non visti. Stesso discorso per le pareti est e sud.”
“Potremmo provare a mascherarci da servitori, o commercianti…” Propose Martin.
Pierre scosse la testa. “I controlli sono troppo serrati. Il Generale è un bastardo paranoico, non permette l’ingresso a servitori mai visti prima o mercanti senza documenti.” Si diede una tirata di capelli bella forte. “Mi ci vorrebbero settimane per quei documenti… Se solo i canali di scolo fossero riportati nella mappa…”
Pierre rischiava di rendersi calvo e un po’ me ne sentivo responsabile, considerando che io sapevo come entrare. Mi era solo servito un po’ di tempo per mettere a tacere i sensi di colpa, per soffocare le ultime braci di un’amicizia passata.
Fino a quel momento, irrazionalmente, stupidamente, avevo creduto che qualcosa legasse ancora me e Meraaki. Nonostante la vita ci avesse allontanato tanto, credevo… non so, che un domani, forse, con una certa combinazione di eventi, avremmo potuto salutarci come vecchi compagni e magari rimanere nella stessa stanza senza provare ad accoltellarci a vicenda.
Sapevo che, se ora avessi parlato, Meraaki non me l’avrebbe mai perdonato. Sapevo anche che, se ora non avessi parlato, quell’operazione sarebbe andata a monte. E tanti saluti alla paga.
Mi avvicinai al tavolo, puntai un dito quattrocento passi al di là delle mura esterne, su una macchia d’inchiostro a forma d’alberi, troppo piccola per chiamarla foresta.
“C’è una vecchia cascina qua, nasconde un passaggio sotterraneo che passa sotto le mura. Lo usavano per trasportare legna e barili a valle, credo, ora è inutilizzato. É abbastanza grande perché un bambino ci passi comodamente, un uomo tenendo la testa bassa…” Valutai uno dei miei compari con un’occhiata veloce. “E Martin faticando un po’ di più.”
La cosa non gli piacque. Pierre invece pendeva dalle mie labbra.
“Hai detto che porta oltre la prima cinta muraria?”
“Porta direttamente nella cantina dell’edificio principale.”
Un ricordo mi colpì con improvvisa scaltrezza. Il tanfo di umido e muffa dentro le narici per minuti e minuti, poi le mani sbucciate contro un pannello di legno pesante e sbeccato. La calda luce che mi inondava quando finalmente riuscivo a sollevarlo, l’odore speziato del vino e un sorriso ancora più dolce e caloroso davanti agli occhi. La mano sempre tesa ad afferrare la mia.
Dovetti scacciare quella bella immagine con il ghigno senza denti di Pierre, non uno scambio equo a mio parere.
“E non è sorvegliato?”
“No, è abbandonato.”
“E le cantine?”
Sbuffai. “Il Generale non ha bisogno di schierare soldati anche dentro la villa, gli basta renderla impenetrabile dall’esterno.”
Ora anche Martin sembrava condividere l’entusiasmo del loro compare, mentre Pierre mi porgeva un carboncino e faceva gesto di disegnare quel nuovo, stupendo particolare sulla mappa.
“Per le braghe della regina! Gliel’hai fatta sotto il naso per anni, vero? Quanta roba gli hai rubato?”
Non molta, in realtà. Qualche bacio a un paio di sue serve, cinque botti di buon vino in cinque anni e ovviamente il cuore di suo figlio. Negli anni della giovinezza, Meraaki era stato suo più che di qualsiasi precettore, maestro d’armi o cavaliere a cui fosse affidato. Più del padre stesso.
Capirà che sono stato io. Nel momento stesso in cui la notizia del saccheggio della villa arriverà alle sue orecchie, capirà che c’era un solo modo per entrare non invitati. E mi odierà.
Un po’ lo rimpiangevo. Se ci fosse stato un altro modo, avrei spinto per quello. Ma era stupido per un ladro rimanere leale a un ricco aristocratico.
Scacciai con un gesto della mano quei pensieri infruttuosi e la curiosità di Martin. La decisione era presa.
“Anche senza guardie, la maggior parte degli ospiti del Generale sono ufficiali armati. E il suo ufficio sarà sicuramente chiuso a chiave. Trovare il trattato di indipendenza senza essere scoperti non sarà una passeggiata.”
“Si può fare, si può fare.” Pierre, ringalluzzito dal passaggio segreto, si ributtò sulle sue carte con rinnovata speranza.
Lo lasciai fare. Si era sempre occupato lui dei tempi e dei particolare, e non mi aveva mai deluso finora.
Di nuovo, un ricordo si presentò a tradimento. Meeraki che mi diceva che sarei sempre stato il benvenuto a casa sua. Potevo passare dalle cantine quando volevo, purché nessuno mi vedesse. E, una volta che fosse diventato il signore di quella casa, mi avrebbe accolto all’ingresso principale e non mi sarei dovuto nascondere più.
Era stato un bel sogno finché era durato. Una bella amicizia, finché era durata anche quella.