Feb. 23rd, 2022

COWT12

Feb. 23rd, 2022 05:19 pm
Settimana: 2
Missione:
 M3
Prompt:
 Gruppo di suore
Titolo:
 Profano
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /

<È una pazzia. Tu sei pazzo.> 

Luka si sistemó il velo sopra la testa con la preoccupazione dipinta in volto di una vera suora in pena per un gruppo di credenti che ha perso la retta via. Si osservò allo specchio e lo osservò anche Ailo. La fascia bianca nascondeva completamente la sua zazzera rossiccia, mentre il pesante copricapo nero arrivava a mascherare l'ampiezza delle spalle. Tutto il vestito era sostanzialmente un sacco che mitigava le forme e ciò che c'era sotto. Luka era alto e abbondante, ma a una certa distanza e nella luce sommessa del monastero, sarebbe passato tranquillamente per una donna pia. 

<Non funzionerà. Non funzionerà. Non funzionerà.>

<Oh, zitto! Sì che funzionerà.>

Ailo scacciò via la mano che si era portato a grattarsi la gola. Il colletto della tonaca, alto e castrante, gli pizzicava terribilmente sulla pelle fresca di rasatura. 

Gli accarezzò il mento. Era la prima volta che lo vedeva senza un filo di barba. Aveva un aspetto dieci anni più giovane, un ragazzino. 

<Smettila immediatamente> Ailo si tirò sulle punte per arrivare a mordergli un labbro <di guardarmi con quella faccia schifata.>

La ruga in mezzo alle sopracciglia di Lula non si spianó. <Tu sembri davvero una donna.> 

<È perché io sono bello.>

Ailo lo lasciò alle sue lamentele e opposizioni e andò a spalancare la porta a doppia anta in fondo al magazzino.

Luka capì troppo tardi le sue intenzioni e non riuscì a fermarlo, solo a spedirgli un'ondata di panico dritta addosso.

La sagrato del Monastero di Santa Serena era perennemente avvolto nella penombra e nei fumi dell'incenso, in una voluta atmosfera di penitenza. I fedeli si inginocchiavano, si prostravano ai piedi degli altari dei santi, in cerca dell'assoluzione o della grazia, e i monaci camminavano tra di loro a testa alta e con passo leggero, di chi ha la certezza che sarà salvato.

<Andiamo, sorella.> Ailo afferrò Luka per un pulso, poi a braccetto. Sfilarono tra teste chine e occhi al cielo con quanta più velocità e meno sospetto possibile. 

Al suo fianco, Luka era rigido quanto una quercia e lo divenne ancora di più quando dovettero lasciare l'anonimato che garantiva il sagrato per arrivare davanti l'altare principale. Lo aggirarono, abbassando la testa sotto i ceri accessi e pregando che nessuno si interessasse a loro. Perfino Ailo sentì quella vipera della paura serpeggiargli lungo la schiena.

Raggiunsero l'anticamera dietro l'altare senza essere fermati. Era fatta.


COWT12

Feb. 23rd, 2022 05:21 pm
Settimana: 2
Missione:
 M3
Prompt:
 Cornetto rosso 
Titolo:
 Mai affamato, mai sfortunato
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /

Il turno pomeridiano in ufficio era sempre piuttosto noioso. Un solo dipendente rimaneva in sede e unicamente per rispondere a quelle due chiamate di clienti abituali che non rientravano nel traffico del mattino. C'erano anche da sistemare gli ultimi documenti, in teoria, da riordinare le ricevute, controllare le scorte di fogli e cancelleria e le cialde del caffè; tutte cose che prendevano al massimo un'ora del tempo stabilito. 

A Martin non dispiaceva in realtà quel turno. Il fatto di essere solo nell'ufficio lo tranquillizzava, senza occhi a giudicarlo sentiva di poter rilassarsi come non gli capitava mai a lavoro di mattina. Abbassava un po' le luci, cercava nella playlist del suo cellulare una buona base musicale e si metteva a fare il suo dovere, magari sgranocchiando qualcosa. E quando finiva in anticipo, praticamente sempre, tirava fuori l'ultimo romanzo acquistato in libreria o le ricevute e i conti di casa, opportunamente infilati nella valigetta prima di uscire per prendere la metro.

Quel pomeriggio apparentemente non era diverso da tutti gli altri. Era il suo turno per quella settimana ed aveva giusto acquistato un nuovo libro giallo che non vedeva l'ora di iniziare. Qualcuno del turno mattutino aveva saccheggiato la scorta di barrette ai cereali e non aveva avvisato che erano finite, ma Martin era intenzionato a non lasciarsi guastare l'umore da tale piccolo intoppo. "Starsky" cominciò a sostituire con delicatezza il silenzio nella stanza. Accese il computer.

Dopo due ore, aveva giusto finito i compiti per la giornata e stava valutando come riempire il resto del pomeriggio, quando due colpi secchi alla finestra interruppero la melodia che stava ascoltando.

Martin non diede loro troppo peso: si trovava al quinto piano di un edificio che si affacciava sulla strada, senza terrazzo. Forse un paio di sassollini, o rametti, erano stati trasportati dal vento fino a lì e avevano concluso il loro avventuroso viaggio sul vetro. 

Peccato che i colpi si ripeterono, una e due volte, e non c'erano così tanti sassolini volanti da quelle parti.

Martin portò lo sguardo alla finestra. Si sentì mancare. Un cigno grosso quanto un mini-frigo e bianco come la più lucida delle perle batteva il becco sul vetro. Portava intorno al corpo un'imbracatura di stoffa grezza, verde mimetico, con un logo rotondo e due lettere visibili anche a quella distanza: BC.

Riconobbe le iniziali e si affrettò a far entrare il pennuto, prima che qualche ornitologo si muovesse per dare l'allarme-comportamento-anomalo dei volatili della zona. Gli ci vollero cinque minuti buoni per capire come aprire la mandata e altri cinque per far capire all'uccello di dover entrare, dio solo sapeva cosa credeva di dover fare lì.

Mentre il pennuto sostava sopra la poltrona del suo capo, Martin scrisse al suo ipotetico proprietario. 

<Amore, c'è un cigno nel mio ufficio.>

B.C. o meglio, Ben Cumberland, o ancora meglio, il suo compagno, rispose subito al messaggio.

<Si chiama Travis, c'è un kitkat e un cornetto rosso nel suo taschino.>

<Un cornetto rosso?>

Martin allungò perplesso e guardingo una mano in direzione del'imbracatura del volatile. Da una delle tasche tirò effettivamente fuori una merendina e un cono allungato e affusolato, storto e rossissimo.

<Oggi è venerdì 13.>

Era dolce, e strano, ma soprattutto dolce. Il suo ragazzo era il più strano e il più dolce di tutta la città.








COWT12

Feb. 23rd, 2022 05:24 pm
Settimana: 2
Missione:
 M3
Prompt:
 Vestirsi di viola
Titolo:
 Un viola che sogna d'esser blu
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /

<Stop Light Party.>

<Come?>

<Stop Light Party.>

Solitamente Leo odiava dover chiedere di ripetere le cose. Vedeva quanto scocciava alla gente il dubbio di non essere ascoltati e, soprattutto, odiava lui la domanda muta che attraversava, puntualmente, il viso di tutti: "Ma è scemo o cosa?" Poi lo sguardo dei suoi interlocutori si posava sull'apparecchio sopra il suo padiglione auricolare. La pietà puliva via la stizza. A quel punto ripetevano le parole con esagerata enfasi, che li tingeva di ridicolo.

Questa volta, però, non stava davvero prestando attenzione. Faticava a tenere lo sguardo concentrato sulle labbra di Mark, perché la piuma viola lunga il doppio della sua faccia che teneva infilata in una fascia sulle tempie era un catalizzatore potentissimo. Quella cadeva fino a solleticargli il mento, oscillava vanitosa e gli occhi di Leo ne venivano calamitati. Non poteva fare a meno di chiedersi come facesse Mark a non grattarsi ogni due secondi.

<Allora, ci sarai? Avanti, vieni! Se ti serve qualcosa di viola, te lo presto io.>

<Sono sicuro di avere tutto quello che mi serve.> Disse Leo, abbozzando il più piccolo dei sorrisi. Perché Mark dava per scontato che fosse single? Ok che non gli aveva parlato di nessun nuovo incontro negli ultimi due mesi, ma magari era sentimentalmente coinvolto con qualcuno.

Fu tentato di indossare l'azzurro solo per dispetto, ma la verità è che avrebbe fatto solo un dispetto a sé stesso.

Mark insistette per aiutarlo a scegliere l'outfit per la serata. La cosa non entusiasmò Leo, ancora alle prese con la vistosa piuma. Nel suo armadio, di viola c'erano solo una t-shirt di un campo estivo, dei pantaloni di una tuta di cui non sapeva che fine aveva fatto il pezzo sopra e un elastico per capelli rubato a sua sorella. Mark definì il complesso come la cosa meno sexy che avesse mai visto e, per i sacri pompini di questo mondo, non gli avrebbe mai permesso di andare alla festa più attesa del mese come uno che butta fuori la spazzatura in una domenica vuota.

Fecero un rapido giro per la casa e, sebbene Leo riuscì a strappare il permesso di indossare delle normali e stilose scarpe nere, Mark sequestrò una bandana lilla dall'armadio di sua sorella e lo costrinse ad indossarla al polso. Dagli scaffali di suo padre presero una camicia senza - grazie al cielo - motivi strani e Mark gli disse che gli avrebbe prestato lui un orecchino con un brillante viola e dei pantaloni degni di questo nome.

<E magari è la volta buona che ti sistemiamo con qualcuno.>

Leo aveva i suoi dubbi, ma non gli costava nulla provare. Era stanco di essere circondato da azzurri e gialli senza poterne fare parte.


COWT12

Feb. 23rd, 2022 06:03 pm
Settimana: 2
Missione:
 M3
Prompt:
 Campana tibetana
Titolo:
 Sotto la campana
Fandom: Originale
Rating: T
Warning: /
Note: /

La caccia al tesoro era un pretesto per rinchiudersi in uno sgabuzzino con lui, Mian ne era più che sicuro. Franz poteva tirare in ballo tutte le scuse che voleva - la beneficenza per il canile comunale in difficoltà, una giornata alternativa per combattere la noia e la routine, i crediti scolastici e il prestigio sociale  - era certo che il suo obiettivo ultimo era stato da principio solo e unicamente quello: uno stanzino con un'unica porta chiusa a chiave, luce soffusa, il ronzare della caldaia lì vicino e Mian stesso, fuori dal radar dei genitori con una giustificazione che regge, seminudo ed eccitato per lui.

C'era spazio per un'unica sedia lì dentro, le tre di scorta stavano impilate una sull'altra e loro ci stavano abbarbicati sopra. Franz continuava a passargli le mani sull'addome come se non sapesse se spingere la felpa ancora più su o i pantaloni ancora più giù. Mian lo sentiva addosso, circondarlo, dappertutto, lo sentiva impaziente e voglioso e in adorazione e la cosa lo eccitava più di qualunque altra, più del contatto della pelle in sé. 

Liberò un sospiro. I fianchi gli formicolavano piacevolmente. Non stava comodo, se pensava allo sporco in quella stanza avrebbe dato di matto, ma stava bene.

Un colpo. Franz si era premuto su di lui tanto forte da sbattere lo schienale della sedia sulla porta. Un altro colpo. Aveva forse urtato con un ginocchio il legno? Gli unici suoni che uscivano dalla sua bocca parlavano di brama e piacere, non c’era un briciolo di sofferenza. Un altro colpo. Una voce da fuori.

<Franz! Maledetto bastardo, apri!> Victoria. <So che sei lì con Mian! Togligli le mani di dosso e apri!>

Franz sbuffò pesantemente sulla sua clavicola, cosa che gli spedì brividi fino alla punta dei piedi. Ignorò la ragazza e i suoi <Apri! Apri! Apri!> per quanto possibile - circa trenta secondi - poi le urlò di rimando. 

<Cosa diavolo vuoi?>

<La campana tibetana!>

Mian smise di sfilare la cintura dai passanti dei pantaloni del suo amante. Anche Franz sembrava perplesso. 

<Cosa vuoi?> Ripeté, avvicinandosi appena alla porta.

Da dietro il legno arrivò, distinguibilissimo, uno sbuffo esasperato.

<La campana! E’ l’ultimo oggetto della caccia al tesoro. Lo abbiamo cercato dappertutto e non c’è, deve essere per forza là dentro.>

<Abbiamo?> disse a mezza voce Mian, mentre Franz scuoteva la testa.

<Qua non c’è.>

<Deve!>

<Ti dico di no!>

Victoria strepitò. <Giuro che non me ne vado finché non mi fai entrare a controllare!>

Mian sapeva che avrebbe mantenuto la parola. Avrebbero dovuto rimandare il loro svago per un po’. Tra l’altro, credeva di aver appena intravisto la campana tibetana in questione, su uno scaffale di fronte, che li guardava e giudicava indegnamente.


COWT12

Feb. 23rd, 2022 06:41 pm
Settimana: 2
Missione:
 M2
Prompt:
 Il talismano
Titolo:
 Magia oscura e test di algebra
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /

Il talismano della cuspide, grande catalizzatore di magia oscura, oggetto proibito, frutto dell’ira del demonio, sembrava fallocco. Lungi da Andrea voler mettere in dubbio i poteri arcani a cui la sua amica era tanto abituata e di cui faceva uso e abuso, ma quell’affarino lì non era altro che un cerchio di legno grande quanto un palmo, a cui qualcuno aveva attaccato una catenella e cinque pietre d’ambra rossa. Roba che potevi trovare al mercatino delle pulci, o in un gioco fai-da-te per bambine dagli otto ai dodici anni. 

Bea ci girava intorno e lo maneggiava come se potesse esploderle tra le mani. Glielo passò con la reverenza di un artificiere. 

<Tienilo un momento, mentre finisco il sigillo a terra.>

Il sigillo in questione aveva un’aria ben più mistica, sebbene tracciato con i gessetti colorati. Era tutto cerchi concentrici e archi obliqui, largo metà corridoio e lungo il doppio. Avrebbero avuto da strofinare un bel po’, più tardi, per farlo sparire dal pavimento della scuola. Non dovevano assolutamente lasciare tracce, non tanto per la magia - sconosciuta ai più - quanto per la sospensione assicurata che si sarebbero beccati per essersi introdotti a scuola di notte. 

Andrea afferrò il talismano. Continuava a sembrargli un falso, ma Bea si era tremendamente offesa quando lo aveva suggerito poco prima. Se non era un falso, di sicuro era fragile. Il dischetto di legno si sarebbe spezzato in due sotto una bel colpo ed era sicuro di riuscire a scalfire l’ambra con un’unghia, con un po’ d’impegno. 

<Fatto.> Bea si spazzolò le mani l’una con l’altra. <Dammi qua.>

Posizionò il talismano al centro di un cerchio. Andrea gli passò un foglio bianco e una penna e anche quelli presero posizione. Infine, Bea andò a spalancare la porta dell’ufficio dei professori, di fronte al loro sigillo. Sibilò una parola che Andrea non afferrò e subito le linee sul pavimento si animarono di luce. Il talismano vibrò di cattive intenzioni, o così si illuse lui, e la penna si sollevò a mezz’aria per cominciare a scrivere da sola sul foglio.

Cinque minuti più tardi, avevano in mano tutte le domande del test di algebra di lunedì, con tanto di risposte corrette.

Andrea lesse avido, e rilesse una seconda volta. <Sicura che siano quelle giuste?> 

Il talismano aveva smesso di vibrare e sembrava sul punto di spaccarsi in due. Bea annuì, poi aggirò l’oggetto oscuro con più di un metro di scarto e corse nell’aula dei professori. Ne uscì subito con una stecca di bambù in mano, con cui prese a fare violentemente a pezzi il talismano. 

Andrea non chiese, aveva smesso di chiedere mesi prima. Gli interessava molto di più il tesoro che teneva tra le mani.


COWT12

Feb. 23rd, 2022 10:11 pm
Settimana: 2
Missione:
 M2
Prompt:
 Tutto è fatidico
Titolo:
 Il lettore di condanne
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /

Fatidico: Lett. aggettivo = capace di rivelare il futuro.


Solo due categorie di persone si affidavano alla psicometria: i disperati e gli ambiziosi. I primi erano alla ricerca di qualcosa che avevano perso, i secondi di qualcosa che ancora non avevano ottenuto. 

Ciò che la gente comune non immaginava, però, e che neanche Seneca aveva immaginato finché non era diventato un Lettore, era che la maggior parte dei soggetti che si sottoponevano alla psicometria erano bambini. Non di propria volontà, certo, ma spinti da genitori preoccupati o avidi, che speravano per i pargoli un futuro migliore di quello che era capitato loro in sorte.

Anche quel giorno, come i precedenti e i futuri, la maggior parte delle persone in attesa erano bambini. Seneca li vedeva attraverso i buchi della parete grigliata in legno che divideva l’anticamera dalla stanza del Lettore, alcuni impazienti, altri impauriti e quasi nessuno che capisse cosa ci facevano lì. Se ne stavano per lo più attaccati alle tuniche dei genitori, dalle mani troppo ingombre di oggetti per afferrare le loro.

Entrò una nuova famiglia. Dai gioielli e la qualità dei vestiti, nonché dall'atteggiamento altezzoso, Seneca capì che appartenevano alla categoria degli ambiziosi. I genitori, almeno. Il bambino, un fanciullo che avrà avuto dieci anni, dalla pelle nivea e le nocche scorticate, si guardava intorno con aria assente, senza prestare vera attenzione a nulla.

Il padre gettò nel piatto delle offerte una cospicua quantità d’oro.

<Devo restare solo con lui.> disse Seneca, senza rivolgere loro lo sguardo. Subito due attendenti scortarono fuori gli adulti.

Si alzò dallo scranno e si avvicinò al bambino. Questi portava tra le mani una corta cordicella di juta, che continuava a rigirarsi tra le dita. A terra, lo circondavano un paio di libri, qualche giocattolo di legno e della stoffa consumata.

<Dammi quella corda.> Seneca indicò le sue mani. 

Il bambino lo fissò immobile per un paio di secondi. Poi, senza dire niente, obbedì. Seneca faticò un poco a sfilargliela completamente dalle dita. Respirò profondamente, si concentrò sui propri sensi e su ciò che aveva in mano: la forma allungata, la consistenza della fibra, il calore assorbito. Scese più in profondità. Cosa significava quell’oggetto banale per il suo proprietario? Quanto di lui vi era rimasto impregnato? 

Un’immagine si sovrappose a quella del bambino pallido davanti ai suoi occhi, come uno strato di vetro mal levigato. Un adulto, dalla pelle scottata dal sole e le nocche ancor più scorticate, il viso abbruttito da un naso rotto e non guarito correttamente. Un piantagrane. Probabilmente non ciò che i suoi genitori speravano di sentire, ma nessuno infondo otteneva veramente ciò che sperava.


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