Missione: M2
Prompt: Battiato - Via Lattea
Titolo: Arance e galassie
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: Angst, Hurt/Comfort
<Questo> Noah mi mise sotto il naso un bicchiere di plastica rosa, con due dita di liquido rosso dentro <è un potente antidolorifico.>
Guardai bene il bicchiere. Era indistinguibile dalle centinaia di altri in giro per la casa, ammaccati da una stretta violenta o miracolosamente intatti e intonsi. L’unica differenza era che questo non era pieno di vodka scadente o birra al limone. Le luci stroboscopiche illuminavano a intervalli una superficie cremisi e lucida, che emanava un incredibile odore pungente.
Sniffai una seconda volta, per scrupolo. Non c’erano dubbi. <Questo è succo d’arancia.> Replicai.
< No, no.> Noah gli spinse il bicchiere ancora più vicino. <Non è arancia, è un antidolorifico. Parola d’infermiere.>
Guardai di nuovo il bicchiere. Dovevo abbassare il mento tanto era vicino e il suo aroma mi riempiva direttamente il naso. Non c’era una traccia di alcol, né di farmaco. Non che i farmaci avessero un odore particolare, ma il succo d’arancia sì e quello era succo d’arancia. Semplice succo d’arancia.
Noah, benedetto il suo naso lentigginoso e gli occhi da cucciolo, gli sorrideva con la smorfia più rassicurante e professionale del suo repertorio.
<Menti così a tutti i tuoi pazienti?> Scostai il bicchiere, voltai la testa. Le luci colorate riempirono di chiazze la mia vista. Tornai a nascondermi dietro la cortina di capelli.
Noah mi afferrò le dita e le strinse intorno al bicchiere. Non lasciò subito la presa, no, ne approfittò per accarezzarmi. Piano, una, due volte. Bastardo. Ora avevo stelle che mi nascevano sulla pelle. Faceva male. Era troppo piacevole.
Mi ci aggrappai come il naufrago che mi sentivo e finii per accartocciare un po’ il bicchiere nella presa. Un’altra zaffata di arancia mi investì.
<Non ti sto mentendo. Sono sincero, molto sincero. Questo si chiama balcepirina. Non lo usiamo spesso perché è piuttosto potente, ma ne ho sgraffignata una dose solo per te. E senti questo odore?> Noah annusò con un gesto plateale. <Sa volutamente di arancia, perché altrimenti avrebbe un saporaccio terribile, come un antibiotico.> Gli sorrise. Un’ombra di fossetta sulla guancia sinistra. Oh mio dio, da quando Noah aveva le fossette? <Tu adori l’arancia rossa.>
<Sa di arancia perché è succo di arancia.>
Mi mentiva, mi mentiva sapendo di mentire! Ed era ridicolo. Piuttosto, che continuasse ad accarezzarmi le dita.
Noah sospirò appena, poi sembrò pentirsi di quella concessione e tornò a sorridere. Mi tirò giù sul pavimento con lui, quel pavimento umidiccio di alcol versato, di cenere di sigaretta e di chissà quale altra schifezza non igienica. Noah si stava rivelando un pessimo infermiere, minuto dopo minuto.
Mi abbracciò. Ne approfittai per liberarmi del bicchiere di succo, ma Noah se lo riprese. Mi guidò tra le sue gambe incrociate, mi sistemò la fronte nell’incavo del collo e mi rimise il bicchiere in mano. Odore di arancia e di Noah, dopobarba alla mandorla e candeggina. Calore e coccole. Non ebbi la forza di oppormi.
<So che stai soffrendo. Frank…> Mi irrigidii. <... è un pezzo di merda e non merita la tua sofferenza, quindi bevi l’antidolorifico, così ti sentirai meglio.>
<Ma ti senti quando parli?> Boffonchiai nel colletto del suo maglione.
Ritentai a posare il bicchiere, poi mi fermai un momento a pensare: se quella cosa era succo d’arancia - e lo era, al 100% - bene, adoravo il succo d’arancia. Se non lo era, se la balcepirina esisteva davvero - bah - e Noah aveva rischiato di perdere il lavoro e l’abilitazione per alleviare le mie pene d’amore, beh, non avrei lasciato che il suo sacrificio fosse vano. Mi riportai il bicchiere davanti al viso.
Il movimento non passò inosservato. Sentii le sue mani accarezzarmi la schiena con più fervore e la sua irrigidirsi sotto le mie. Annusai ancora una volta il profumo di agrumi. Appoggiai le labbra sulla plastica e lasciai che una punta di succo mi scivolasse sulla lingua.
<Mh.> Mi scappò di bocca, mentre le papille gustative facevano festa. Noah si sgonfiò come un palloncino.
<Starai bene.> Prese a sussurrarmi tra i capelli, disegnando costellazioni sul pullover. In un minuto avevo la Via Lattea al posto della colonna vertebrale. <So che adesso non ci credi, ma starai bene. Questa medicina è miracolosa.>
Ne sorseggiai un altro po’.
Improvvisamente le luci si accesero con forza. Strizzai gli occhi e in mezzo secondo fui consapevole dei miei occhi arrossati e della moltitudine di gente che ci circondava. Urla e applausi partirono senza preavviso. Tornai ad affondare il viso nel collo di Noah, a perdermi tra le stelle sulla mia schiena e le dita che le disegnavano. Qualcuno blaterava in un megafono alla fastidiosa maniera dei televenditori.
<Oddio.> Noah si agitò appena sul pavimento. <E’ appena iniziata l’asta delle tette.>
Fu curioso e incredibile scoprire che la cosa mi faceva sentire meglio. Mi sentivo meno squallido, di fronte a cotanta squallidità. Non potevo proprio competere.
<Andiamo via.> Noah li tirò su di scatto e gli premette la mano sulla nuca, così da non fargli alzare la testa. Non vedevo nulla.
<C’è per caso Frank ad alzare le puntate?> Lo chiesi metà per scherzo, metà con una sincera e dolorosissima fitta tra i polmoni.
< No, no, che dici? Non pensare a Frank. Bevi il tuo antidolorifico.>
Noah non tolse la mano da dietro la mia nuca. Spuntò una stella anche lì.
Mi strinsi il bicchiere al petto, incurante della possibilità di versarmelo addosso. D’un tratto ne volevo una bottiglia intera.