Missione: M1
Prompt: Punto di non ritorno
Titolo: Il martello della vittoria
Fandom: Arcane - League of Legends
Rating: T
Warning: /
Note: 2° capitolo di "Le brave ragazze non scommettono"
«Ciao, bel faccino. Fammi mettere le mani sul tuo martello.»
Alcuni dei suoi incubi cominciano così.
Il fatto che questa volta Vi non indossi i guanti non rassicura affatto Jayce. Ritrovarsela sulla porta del proprio ufficio sarebbe preoccupante in ogni caso, anche senza quell’annunciarsi ambiguo.
«Il mio nome è Jayce. O Consigliere Talis, se preferisci.»
Alza la stilografica dal foglio quando si rende conto di aver incalzato troppo. Ecco, ora sui suoi appunti c’è una bella macchia a forma di testa di Vi.
«Ti piacciono i nomi altisonanti…» Vi lascia il ciglio della porta per avventurarsi nella stanza con passo sicuro. Quando mai l’ha vista vacillare, in effetti? Aggiusta la traiettoria appena trova il suo martello, appoggiato su un tavolo di pietra in fondo alla stanza.
«… un martello bello grosso...» Da due pacche leggere sul fianco della testa e lascia lì la mano.
Jayce sente un brivido freddo serpeggiargli giù lungo la schiena. Un campanello grosso quanto un trombone suona nella sua testa. Allarme. Pericolo. Allarme. Arma potenzialmente letale alla portata di un soggetto potenzialmente letale. Di nuovo.
Si alza subito in piedi, dimentico dei progetti. Non commetterà due volte lo stesso errore.
«… cerchi di compensare qualcosa?» Vi ha l’aria di divertirsi molto di fronte al suo turbamento.
La serata stava andando maluccio anche prima che quella sciagura si presentasse alla porta. Erano giorni che Jayce non vedeva altro che documenti. Da firmare, da redigere, da controllare, da approvare, su qualsiasi grattacapo sia mai venuto in mente a un legale. L’amante di un politico è la burocrazia.
Si era ripromesso, no, si era costretto ad allontanarsi da tutto per chiudersi in laboratorio. Un po’ di sana ricerca gli avrebbe fatto riscoprire la passione assopita per la scoperta e magari anche rilassare i nervi. Peccato avesse dimenticato quanto sia snervante un’equazione apparentemente irrisolvibile.
Non poteva neanche contare su Mel per scaricare lo stress quella sera, impegnata com’era in una cena diplomatica. Fallito con la scienza e il sesso, stava per ripiegare su un bicchiere di buon vino e invece eccolo lì, a cercare di difendere il suo martello da una teppista che gli dà dell’impotente.
«Fanculo.» Alla vita e a Vi.
Entrambe ridono e si fanno beffe di lui.
«Consigliere Talis.» Lo richiama lei, fintamente scandalizzata, accentuando il tono sulla sua carica.
«Non sono in vena questa sera, Vi. Dimmi cosa vuoi e vattene.»
«Te l’ho già detto.»
Vi sta ancora accarezzando il martello.
Jayce alza un sopracciglio. Crede davvero che glielo lascerà prendere così, senza nessuna spiegazione? «Pensavo che la tua arma fossero i pugni.»
«Non mi serve per combattere. Devo solo portarlo a Caitlyn.»
Caitlyn? «Perché? Cosa deve farci?»
«Assolutamente niente. Ma pensa che non me lo daresti mai e voglio farla ricredere.»
Se quel che ha detto è vero, allora Caitlyn ha ragione da vendere.
Jayce si costringe a camminare lentamente, piuttosto che fiondarsi subito in avanti, un passo dopo l’altro, senza fretta. Disinvolto. Ha tutto sotto controllo.
«Tutto qui? Non ti darò il mio martello per un motivo tanto stupido.» Dice. Ora è davanti al tavolo. Se allungasse il braccio riuscirebbe ad afferrarlo, ma mai prima di Vi.
«Avanti, bel faccino. Siamo alleati.» Vi fa una pausa e piega la testa, come attendendo una conferma.
Non la guarda. E’ forse questo il suo errore. Jayce fa saettare gli occhi dal pavimento, al tavolo in pietra, al martello su di esso, alla propria mano aperta. Non guarda lei. E all’improvviso Vi è tutta la sua visuale, muso duro, pugni chiusi sulla sua giacca. Lo scaraventa dall’altra parte della stanza come fosse una pallina di carta straccia.
La parete dell’ufficio scricchiola di dolore, o forse lo fa la sua schiena. Quando la vista gli si schiarisce, Vi ha in mano il martello e lo saggia con curiosità, facendolo facilmente roteare in aria nonostante il suo peso.
«Te lo riporto domani.»
«Mettilo giù, Vi!»
«Costringimi.»
Maledizione, non di nuovo.
Prova a farla ragionare. «Ascoltami. Non siamo in una fabbrica cadente e dimenticata, qui siamo nel palazzo dell’Accademia, il cuore di Piltover. Non ti lasceranno uscire con quell’arma, non senza il mio consenso.»
Tattica sbagliata. Vi taglia dritto verso la porta, senza dar segno di aver ascoltato. E Jayce sa per certo che si farà strada attraverso qualsiasi ostacolo le metterà davanti, inarrestabile.
In un lampo masochista ci si piazza lui davanti la porta.
«Per favore, non farmi dare l’ordine.»
Vi non rallenta, il passo pesante. Il martello, caricato su una spalla, sprizza vitalità azzurrina, crea ombre sul viso della ragazza e rende metallici i suoi occhi.
Ci si deve sentire così di fronte a un treno in corsa.
Cinque anni di diplomazia lecca-culo non lo aiuteranno a fermarla. Le parole della stessa Vi gli tornano in mente.
Colpisci duro e non dargli il tempo di reagire.
Colpisci duro.
E, soprattutto, colpisci dove fa male.
«Come faccio a sapere che non è un trucco? Tanto per cominciare, perché Caitlyn non è venuta di persona?»
Ecco la parolina magica. Vi lo mette a fuoco e si ferma. Alza un sopracciglio e Jayce sente un germoglio di speranza fiorire nel petto.
«Se quel che hai detto è vero, perché lei non è con te?»
Vi lo valuta per un secondo. Dopo di ché: «Non era nei termini della scommessa. E poi lei è impegnata con la sua parte.»
«Che scommessa?»
«Se le porto il tuo martello, vinco. E voglio vincere, davvero tanto.»
«Allora dovrai battere prima me.» Si pente di averlo detto il momento stesso in cui le parole lasciano la sua bocca.
Vi lascia sbattere a terra la testa del martello e tre cerchi di crepe concentriche si aprono ai suoi piedi.
Jayce fatica a deglutire. «Caitlyn infondo conta su di me per fermarti.» Già. Che diamine ti è passato per la testa, Cat?
Alza i pugni in posizione di guardia. Una farsa, non ha mai picchiato nessuno, men che meno una donna. Una parte di lui, il Jayce idealista che ha pensato agli Hextech per aiutare la gente bisognosa, spera che Vi metta giù il martello per affrontarlo ad armi pari. Una specie di codice d’onore tra combattenti: non si attacca un nemico disarmato, non si infierisce su chi è già a terra, quelle cose lì.
In realtà, ha il forte sospetto che il martello non faccia differenza. L’ha vista combattere, alla fabbrica di shimmer. Ricorda il rumore del metallo fracassato, del cemento che cede. Magari i guanti hextech le avevano dato la forza, ma i movimenti, i riflessi e la ferocia? Quelli erano tutti suoi.
Vi non mette giù il martello. Non lo minaccia neanche. Alza il braccio e dà una sferzata e l’impatto con l’aria sposta Jayce ancor prima che possa farlo la testa in acciaio rinforzato. Vola da una parte e atterra su un tavolo ingombro di progetti, che cede sotto il suo peso. La schiena gli esplode di dolore.
Sibila un’imprecazione mentre tenta di rialzarsi, scivolando su viti e bulloni.
«Toglimi una curiosità.» Vi si aggiusta il martello su una spalla. Ruota indietro la testa, per la guardarlo. «Tu e lei siete stati insieme?»
Jayce strabuzza gli occhi. Non c’è molto spazio all’interpretazione.
Vi interpreta il suo silenzio come un corto circuito nel suo cervello - non del tutto a torto - e cerca di spiegarsi. «Caitlyn dice che vi conoscete da anni. La portavi nel tuo studio e le hai offerto un lavoro come tua guardia personale.» Ammicca con le sopracciglia. «Hai una cotta.»
«No! Lei non… Io non… è mia amica, una carissima amica!»
C’è stato un momento forse, mesi prima… Era appena diventato consigliere e la differenza di ceto sociale non sembrava più così insormontabile. Un guizzo, una fiammella, soffocata sul nascere da Caitlyn stessa e poi sepolta sotto cumuli di doveri.
«Mi preoccupo per lei e le voglio bene, tutto qua. Come a una sorella.»
L’espressione di Vi è tra le più scettiche che abbia mai visto. «Una sorella?»
Conferma. «Una sorella.»
«Ma l’hai vista?»
Jayce lascia andare indietro la testa, sbattendo contro ciò che resta del tavolo. Non stanno davvero facendo questa discussione. Sbatte e sbatte.
«Povero scemo.» Vi lo guarda con la compassione che si riserverebbe a uno zoppo. Poi gli si avvicina e si china sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza.
«Allora, ti dico come faremo: ora io ti metterò a dormire e mi porterò via il martello. Dormiri per un bel po’ e ti assicuro che la città non crollerà nel frattempo. E quando ti sveglierai, domani mattina, avrai di nuovo il martello vicino a te.»
Jayce ha quasi un attacco di panico. Allunga la mano nel tentativo di afferrare il martello e giurerebbe di essere arrivato a sfiorarlo. Il pugno di Vi lo raggiunge alla tempia sinistra.