Settimana: 1
Missione: M2
Prompt: 05. Ogni tanto c'è un altro che sfiora i tuoi sensi (Colla Zio – Non mi va)
Fandom: Originale
Rating: M
Warning: /
Note: /
Missione: M2
Prompt: 05. Ogni tanto c'è un altro che sfiora i tuoi sensi (Colla Zio – Non mi va)
Fandom: Originale
Rating: M
Warning: /
Note: /
Bellezza d’inchiostro
Bergen sentiva il ricordo del suo principe d’argento sfumare sempre più che affondava tra le cosce del ragazzo sotto di lui. Non gliene faceva una colpa, né rimproverava sé stesso. Non era la prima volta e non sarebbe stata l’ultima. Lo scorrere implacabile del tempo semplicemente giocava con la sua mente fallace e riempiva di voglie irrefrenabili il suo corpo.
E tuttavia si rendeva conto, con rammarico, di confondere ciò che i suoi occhi vedevano in quel momento con ciò che avevano visto in passato.
Il ragazzo era uno dei tanti garzoni al servizio in quella rinomata locanda. Non il più giovane né il più vecchio. Non il più bello né il più sgradevole. Le sue mani, però, lo avevano colpito: le unghie curate e pulite, i calli del duro lavoro limati, la pelle screpolata ammorbidita con una goccia di olio; gli avevano subito ricordato quelle del suo principe, altrettanto attento a questi particolari.
Il garzone gli aveva sorriso mentre gli porgeva la cena. Solo un breve accenno di labbra, malamente nascosto da ciuffi ribelli sfuggiti alla coda sulla nuca, ma Bergen aveva riconosciuto quel gesto discreto.
Aveva osservato le sue mani, poi la pelle pallida del viso. Lo aveva osservato tanto da farlo arrossire e anche allora le sue guance si erano tinte appena, la più lieve delle sfumature di rosa. Un altro aspetto in comune con il suo principe.
Più tardi, aveva chiesto al locandiere di quel garzone, che gli portasse in camera dell’acqua calda e una caraffa di buon sidro.
Ora però, mentre le mani del ragazzo cercavano un appiglio nelle sue spalle, Bergen dubitava che il suo principe d’argento le avesse mai avute così curate. Non c’era davvero mai tempo sul campo di battaglia, e comunque i pensieri correvano altrove. E la pelle pallida? Come la neve appena caduta, sì, ma mai lo aveva visto arrossire, di imbarazzo o di collera che fosse. Gli bastava poi abbassare lo sguardo sui capelli sparsi sul cuscino del garzone, neri quanto piume di corvo, per spazzare via qualsiasi sensazione di familiarità.
“Cavaliere” lo chiamò il ragazzo. Respirava a bocca aperta, sopraffatto, ma c’era una limpidezza nel suo sguardo che reclamava attenzioni. “Cavaliere, posso osare chiamarti mio cavaliere, per una notte?”
Bergen si accorse improvvisamente di quanta intelligenza si nascondesse tra le sfumature di quelle iridi, dietro ciuffi troppo lunghi e ribelli. Non poteva nascondersi e troppo spesso dimenticava quanto la nudità del corpo favorisse anche quella dell’anima, soprattutto di fronte a chi aveva occhi attenti per esplorarla.
Si chinò a porgere un bacio di scuse. “Non osare chiedere ma pretendi, perché mi hai reso tuo per questa notte.”
Sotto le sue, le labbra del ragazzo si schiusero nel più dolce dei sorrisi. “Mio cavaliere”. Ne assaporò subito il suono sulla lingua, per poi pretendere un altro bacio, aperto per lui come un fiore in primavera.
Bergen lo volle più vicino; stringendolo forte tra le braccia, cercò di scoprire quel corpo con l’avidità degli esploratori verso una nuova terra. Seppe ben presto quali lande si scaldassero al più lieve passaggio e su quali, invece, c’era bisogno di un tocco più deciso. Da quali fonti sgorgava miele e da quali ruggiti. Seguì ogni rigagnolo d’acqua finché non divenne un fiume dal corso scrosciante, finché non ci fu nulla da fare se non abbandonarsi al suo impeto. Un ultimo fiotto di vita, prima della calma placida del mare.
“Un fiume scrosciante. Sì, penso chiamerò così il tuo prossimo orgasmo.”
Adam sollevò lo sguardo dalla pagina per posarlo sul suo saccente quanto piccato fidanzato. Dovette reclinare un bel po’ la testa, ma fu ricompensato dal suo adorabile broncio. “Amore mio, è volutamente poetico, te l’ho già detto.”
“È volutamente pretenzioso, ecco cos’è. È melodrammatico, e anche un po’ bacchettone. Tipo il signor Herbert.” Le sopracciglia si aggrottarono ancora di più. “Sicuro che non l’abbia scritto il signor Herbert?”
“Sono sicuro.” Poche cose inquietavano Adam come il pensiero che il loro amministratore di condominio scrivesse narrativa erotica a quel livello. Aveva controllato.
“Non capisco ancora cosa ci trovi di interessante in questi racconti.” Caleb non pareva voler smettere tanto presto di sparare a zero sulle sue letture preferite.
“Bergen.” Rispose semplicemente Adam. Poi, metà scherzando e metà serio: “Non trovi che sia eccitante?”
La presa intorno alle sue spalle si strinse.
“No.”
“Affascinante? Tragicamente sensibile? Magnificamente esperto?” Corse rapidamente con lo sguardo tra le righe. “Uno scultore di piacere, scalpellate profonde e tocco delicato?”
“Dio, no!”
Adam rise di cuore, deliziato, mentre dietro di lui il suo fidanzato tremava dalla frustrazione.
“È solo un cavaliere arrapato e nostalgico! Sarà anche poetico, come dici tu, ma da quando ti piacciono i tipi così? Pensavo di essere io, il tuo tipo.”
“Oh, lo sei, amore mio. Credimi, non sai quanto.”
Caleb sentiva i propri pensieri non riuscire a stare dietro gli uni agli altri. C’era Adam e poi c’era quel dannato libro, Bergen il cavaliere e lo stalliere, l’oste o chiunque fosse quell’altro e accidenti a tutti loro.
“È un modo contorto per dirmi che mi vorresti più… più… così?” Picchiettò un paio di volte sulla pagina. “Dovrei essere più cavalleresco o cosa? Tutto quello che vuoi, dolcezza, ma scordati che mi metta a parlare come Lancillotto mentre stiamo facendo-”
“Ok, basta così.” Adam lo bloccò chiudendo con un tonfo esaustivo il libro. Diamine, gli addominali gli tiravano da impazzire. Si girò nell’abbraccio del fidanzato al meglio delle sue capacità.
Non resistette e dovette rubargli un bacio, prima di parlare. “Tu non devi fare niente. Non devi cambiare, amore mio, sei perfetto così. Non devi neanche leggere con me questi libri, se non ti piacciono. Ed è chiaro che non ti piacciono.” Fermò le proteste imminenti strizzandogli le guance, finché le sue labbra non somigliarono a quelle di un pesce “A me sì invece. Mi piace leggere di Bergen il cavaliere, della sua storia, del suo amore per il principe d’argento e del modo in cui scopa ogni uomo che ha la fortuna di attirare la sua attenzione.”
“Umph.” Disse Caleb, che nella lingua dei pesci significava: “Disapprovo con ogni fibra del mio essere.”
“È solo una fantasia.” Lo baciò fino a fargli passare la voglia di protestare. “Dura il tempo di un libro. Non è certo come te.”