Settimana: 4
Missione: M1
Prompt: “piano di conquista”, protagonista un personaggio malvagio
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /
Missione: M1
Prompt: “piano di conquista”, protagonista un personaggio malvagio
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /
Re di macerie
“Lui sta arrivando, padrone. Lui è dietro la porta.”
La situazione era grave. Molto grave, se la sua cotta era ormai palese persino alle sue Ombre. Gravissima, se le Ombre - concentrato del marcio del mondo; egoismo, codardia e crudeltà stillati in buchi neri - si sentivano in dovere di fargli da spalla, da spia per tale questione.
“Lui sta temporeggiando sulla porta, padrone. Sposta il peso da un piede all’altro, conta sulle dita. Lui forse se ne andrà senza bussare.”
“Ho capito, zitte! E il principino non bussa, entra e basta.”
Il principino infatti entrò, qualche momento più tardi, senza preannunciare.
Era bello da fare schifo. Bello come un dipinto quasi finito, che a lui veniva voglia di squarciare. Come un giardino nascosto, o il cielo sopra le nubi. Bello come la più bella cosa che gli avessero mai tolto.
Si alzò dal divanetto su cui stava svogliatamente leggendo un libro, e fece la caricatura di un inchino.
Il bel volto di Fey si storse in una smorfia, ed ecco lo squarcio sulla tela. “Un giorno, dovrai inchinarti come si deve, come tutti gli altri.”
Le Ombre si agitarono dietro gli spigoli. Le loro risate, udibili solo al suo orecchio, erano suoni grotteschi e cavernosi.
“Sì, continua a ripetertelo, vossignoria, e forse un giorno mi inchinerò davvero ai tuoi piedi.” Abbassò deliberatamente lo sguardo, la più lunga delle occhiate. “Ti piacerebbe da impazzire.”
“Lui dovrebbe inginocchiarsi di fronte al padrone. Il padrone può chiederci di farlo inginocchiare.” Le Ombre si animarono, elettrizzate, si fecero più scure.
Fey, intanto, sembrava combattuto tra lo sputare il peggiore degli insulti o mantenere un certo contegno principesco. Vinse il contegno, sottoforma di mento in su e occhiataccia altezzosa.
Doveva smetterla all’istante, o le Ombre si sarebbero gettate su di lui.
Dopodiché si sgonfiò come un palloncino.
“Ho bisogno di cinque minuti di spietata verità.”
“Quella non te la negherei mai, lo sai.” Disse, allungando un braccio per posare il libro che ancora teneva in mano. Lo tenne aperto più del dovuto, un subdolo invito facilmente mascherabile da sbadataggine. Fey venne ad accoccolarsi tra le sue braccia.
Non aveva idea di come il principino giustificasse a sé stesso quella debolezza. La vicinanza. Le carezze rubate. Il cercarsi costantemente. La spietata verità aveva il retrogusto di una coperta calda e di un tè speziato.
Un sospiro a pizzicargli la clavicola. “Mandstet ha di nuovo criticato la mia gestione delle risorse, davanti a tutti. Non posso continuare a permettergli di alzare la cresta, ma non posso neanche permettermi di perdere le sue provvigioni. Non so che fare. So solo che devo fare qualcosa e che, in ogni caso, ci perderei. Devo capire quale batosta reggerei meglio.” Un altro sospiro.
Prese a massaggiargli il cuoio capelluto, beandosi dei suoi ricci soffici tra le dita.
“Non ci sono speranze che Mandstet accetti la ramanzina senza ritorsioni. Dannato spaventapasseri con il palo nel culo. Non potrei neanche usarlo come esempio per una punizione severa, non farei che allontanare gli altri baroni. No, devo prima coltivarne la fiducia, dimostrarmi una certezza inamovibile e trovare delle nuove provvigioni…”
Lo lasciò continuare a sviscerare la questione, vezzeggiando il suo corpo qua e là. Avrebbe atteso che tirasse fuori tutti i suoi dubbi, e che magari si rilassasse un po’ sotto le sue mani, poi gli avrebbe come stavano le cose, come sempre.
Mandstet era un problema, ma ne aveva ancora bisogno. Non poteva farlo fuori, ora, ma poteva dargli una lezione, indirettamente. Punire qualcun altro nel torto, severamente, spietatamente, e fare arrivare chiaro il messaggio ai baroni. Un monito, ecco cosa avrebbe dovuto dare alla sua corte di becchini.
Al momento, però, aveva altre voci da ascoltare.
Le Ombre non si erano quietate un momento, da che Fey era un pulcino nella sua gabbia di braccia. La questione non era se fosse suo, in quel momento. La questione era se lo sarebbe rimasto anche dopo che la pugnalata alle spalle.
“Lui ha bisogno del padrone. Lui non è niente senza il padrone. Corona Spezzata. Corona Spezzata. Re di macerie, le rattoppa e le regala al padrone.”
Non aspirava al perdono, né in realtà al permesso. Aveva smesso chiedere, prima di prendersi ciò che voleva, molto tempo fa. C’era però un modo per riconquistare quegli attimi di tenerezza? Dopo avergli tolto il regno…
“Lo facciamo inginocchiare di fronte al padrone”
… e la libertà…
“Lui appartiene al padrone. Corona Spezzata. Un’Ombra tra le ombre”
… come poteva spingerlo ad amarlo di nuovo?
La risposta era chiara quanto dura. Gli bastava volgere lo sguardo al proprio passato. Al Padrone di cui si era fidato, e da cui era stato tradito. A chi gli aveva tolto tutto e gettato nel baratro. A chi lo aveva reso la più scura delle Ombre.
Improvvisamente colto dall’urgenza dei minuti contati, interruppe lo sproloquio di Fey non un bacio vorace.
Lo avrebbe perso, era inevitabile. Lo avrebbe distrutto, e edificato sulle sue ceneri le fondamenta di un’Ombra ancora più profonda.