2023-03-13

2023-03-13 06:19 pm

COWT13

Settimana: 4
Missione:
 M1
Prompt:
 “piano di conquista”, protagonista un personaggio malvagio 
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /


Re di macerie

Lui sta arrivando, padrone. Lui è dietro la porta.”
La situazione era grave. Molto grave, se la sua cotta era ormai palese persino alle sue Ombre. Gravissima, se le Ombre - concentrato del marcio del mondo; egoismo, codardia e crudeltà stillati in buchi neri - si sentivano in dovere di fargli da spalla, da spia per tale questione.
Lui sta temporeggiando sulla porta, padrone. Sposta il peso da un piede all’altro, conta sulle dita. Lui forse se ne andrà senza bussare.”
“Ho capito, zitte! E il principino non bussa, entra e basta.”
Il principino infatti entrò, qualche momento più tardi, senza preannunciare.
Era bello da fare schifo. Bello come un dipinto quasi finito, che a lui veniva voglia di squarciare. Come un giardino nascosto, o il cielo sopra le nubi. Bello come la più bella cosa che gli avessero mai tolto. 
Si alzò dal divanetto su cui stava svogliatamente leggendo un libro, e fece la caricatura di un inchino.
Il bel volto di Fey si storse in una smorfia, ed ecco lo squarcio sulla tela. “Un giorno, dovrai inchinarti come si deve, come tutti gli altri.”
Le Ombre si agitarono dietro gli spigoli. Le loro risate, udibili solo al suo orecchio, erano suoni grotteschi e cavernosi.
“Sì, continua a ripetertelo, vossignoria, e forse un giorno mi inchinerò davvero ai tuoi piedi.” Abbassò deliberatamente lo sguardo, la più lunga delle occhiate. “Ti piacerebbe da impazzire.”
Lui dovrebbe inginocchiarsi di fronte al padrone. Il padrone può chiederci di farlo inginocchiare.” Le Ombre si animarono, elettrizzate, si fecero più scure. 
Fey, intanto, sembrava combattuto tra lo sputare il peggiore degli insulti o mantenere un certo contegno principesco. Vinse il contegno, sottoforma di mento in su e occhiataccia altezzosa. 
Doveva smetterla all’istante, o le Ombre si sarebbero gettate su di lui.
Dopodiché si sgonfiò come un palloncino. 
“Ho bisogno di cinque minuti di spietata verità.”
“Quella non te la negherei mai, lo sai.” Disse, allungando un braccio per posare il libro che ancora teneva in mano. Lo tenne aperto più del dovuto, un subdolo invito facilmente mascherabile da sbadataggine. Fey venne ad accoccolarsi tra le sue braccia.
Non aveva idea di come il principino giustificasse a sé stesso quella debolezza. La vicinanza. Le carezze rubate. Il cercarsi costantemente. La spietata verità aveva il retrogusto di una coperta calda e di un tè speziato.
Un sospiro a pizzicargli la clavicola. “Mandstet ha di nuovo criticato la mia gestione delle risorse, davanti a tutti. Non posso continuare a permettergli di alzare la cresta, ma non posso neanche permettermi di perdere le sue provvigioni. Non so che fare. So solo che devo fare qualcosa e che, in ogni caso, ci perderei. Devo capire quale batosta reggerei meglio.” Un altro sospiro. 
Prese a massaggiargli il cuoio capelluto, beandosi dei suoi ricci soffici tra le dita.
“Non ci sono speranze che Mandstet accetti la ramanzina senza ritorsioni. Dannato spaventapasseri con il palo nel culo. Non potrei neanche usarlo come esempio per una punizione severa, non farei che allontanare gli altri baroni. No, devo prima coltivarne la fiducia, dimostrarmi una certezza inamovibile e trovare delle nuove provvigioni…”
Lo lasciò continuare a sviscerare la questione, vezzeggiando il suo corpo qua e là. Avrebbe atteso che tirasse fuori tutti i suoi dubbi, e che magari si rilassasse un po’ sotto le sue mani, poi gli avrebbe come stavano le cose, come sempre.
Mandstet era un problema, ma ne aveva ancora bisogno. Non poteva farlo fuori, ora, ma poteva dargli una lezione, indirettamente. Punire qualcun altro nel torto, severamente, spietatamente, e fare arrivare chiaro il messaggio ai baroni. Un monito, ecco cosa avrebbe dovuto dare alla sua corte di becchini.
Al momento, però, aveva altre voci da ascoltare.
Le Ombre non si erano quietate un momento, da che Fey era un pulcino nella sua gabbia di braccia. La questione non era se fosse suo, in quel momento. La questione era se lo sarebbe rimasto anche dopo che la pugnalata alle spalle. 
Lui ha bisogno del padrone. Lui non è niente senza il padrone. Corona Spezzata. Corona Spezzata. Re di macerie, le rattoppa e le regala al padrone.”
Non aspirava al perdono, né in realtà al permesso. Aveva smesso chiedere, prima di prendersi ciò che voleva, molto tempo fa. C’era però un modo per riconquistare quegli attimi di tenerezza? Dopo avergli tolto il regno…
Lo facciamo inginocchiare di fronte al padrone”
… e la libertà…
Lui appartiene al padrone. Corona Spezzata. Un’Ombra tra le ombre”
… come poteva spingerlo ad amarlo di nuovo? 
La risposta era chiara quanto dura. Gli bastava volgere lo sguardo al proprio passato. Al Padrone di cui si era fidato, e da cui era stato tradito. A chi gli aveva tolto tutto e gettato nel baratro. A chi lo aveva reso la più scura delle Ombre.
Improvvisamente colto dall’urgenza dei minuti contati, interruppe lo sproloquio di Fey non un bacio vorace. 
Lo avrebbe perso, era inevitabile. Lo avrebbe distrutto, e edificato sulle sue ceneri le fondamenta di un’Ombra ancora più profonda.
 
2023-03-13 06:24 pm

COWT13

Settimana: 4
Missione:
 M1
Prompt:
 “piano di conquista”, protagonista un personaggio malvagio 
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /


Nessun principe vale tanto

Il Castello Velato era, secondo la modesta opinione del Gatto Nero, tutto ciò che un palazzo reale non sarebbe dovuto essere: opulento, pieno di gente e chiassoso. Non incuteva deferenza e intimorimento, solo mal di testa.
Quando lo avrebbe conquistato, ci sarebbero stati sostanziali cambiamenti.
Per ora, però, nobili dell’Oltremondo di ogni rango e gradevolezza occupavano con la loro chiassosa presenza tutto il salone dei ricevimenti e la maggior parte dei soppalchi. Commentavano ad alta voce ogni genere di questione politica. Disturbavano le guardie per gioco. Mangiavano tartine. Inseguivano il Fey porgendo figlie floride, doti ancora più floride e sorrisi rivoltanti.
Il Re non era in vista. 
In verità, lo aveva adocchiato sulla balaustra sopra il trono, seminascosto dalle tende. Solo, se non si contavano due guardie annoiate, più interessate al vino che il loro sovrano sorseggiava più che alla sua incolumità.
Il Gatto Nero decise che era abbastanza annoiato lui stesso, da andare stuzzicare quel vecchio cane a cui lanciava pietre ormai da un po’ di tempo. 
“Il Gatto Nero” lo salutò il vecchio, appena sgattaiolò fuori dalle ombre della tenda più vicina. “È un onore avere un personaggio così famoso alla mia festa.”
Onore. A lui, che era il Re.
“Servile.” Impregnò la parola di tutto il suo disprezzo. 
Il Re brindò in sua direzione. “È per questo che non conquisterai mai il mondo-alla-luce, giovane ombra. Tu non ti sai piegare alle sue esigenze. Nel momento in cui troverai un ostacolo più resistente di altri, ti spezzerai.”
Non era il primo che glielo diceva, non sarebbe stato l’ultimo e non avrebbe potuto badarci di meno. Checché ne dicessero il Re e tutti quelli che erano venuti prima di lui, non si era mai spezzato. Né piegato. 
“Un Re non si piega.”
Il vecchio si riempì di nuovo la coppa e si avvicinò alla balaustra per osservare i suoi ospiti. Il Gatto Nero non potè seguirlo così allo scoperto, non che ci tenesse particolarmente a condividere quella visione. 
“Amico mio,” e oh, c’era così tanta menzogna mal nascosta in quella parola “cosa vuoi che faccia? Che rinunci al trono e nomini te mio successore? Pensi onestamente di essere migliore di me a governare questa gente?”
“Tieniti pure le macerie, vecchio. Io voglio il mondo-alla-luce.”
Il bicchiere gli tremò tra le dita. “So cosa ne faresti. Che terribile spreco sarebbe, nelle tue mani.”
Che terribile spreco sarebbe nelle mani di quell’ipocrita, che sperava unicamente di spremerlo come una gallina dalle uova d’ora, per poi gettarlo via. O persino nelle mani del principe e della sua moralità, convinto com’era che le cose belle vivessero solo per essere ammirate e salvaguardate.
“I regni non vanno a chi spettano, ma a chi li conquista.” Fortunatamente, aggiunse tra sè.
Il Re lo guardò di sua sponte per la prima volta. “Su questo siamo d'accordo."
Tornò ad ammirare la folla. Uno schiamazzare leggermente più alto dei precedenti gli fece indovinare dove stesse guardando. La voce di Fey che strepitava l’avrebbe riconosciuta tra mille. 
“Sai, in passato pensai di offrirti il principe in cambio della pace.” Disse improvvisamente il vecchio.
Gli credette. Fey ultimamente non faceva che creargli problemi. Eppure…
“Nessun principe vale tanto.” Nessuno valeva tanto. “Ma lo accetterò volentieri, ora, in cambio di una caduta dolce e misericordiosa.”
Gli arrivò alle orecchie una risata, rauca e amara.
“Non fingere di trattare con me qualcosa che ti sei già preso. Almeno, mi hai risparmiato il fardello di distruggerlo con le mie mani: lo farai tu per me.”
Un moto di protezione nei confronti del giovane lo sorprese e spinse a parlare in sua difesa. “Potrebbe sorprenderti. Non è il debole sentimentalista che credi tu. A suo modo, è ambizioso.” Non stava proprio mentendo. Le parole chiavi qui erano a suo modo.
“È mio figlio. L’ho visto venire al mondo e da quel momento non gli ho mai tolto gli occhi di dosso. Lo conosco meglio di chiunque altro. Lui considera me crudele. Te?” Il vecchio lo indicò con il bicchiere e un sorriso partecipe. “Finirà per odiarti di certo.”
Lo sospettava. Di più, la parte più lucida e distaccata del suo essere o aveva già metabolizzato come certezza. La speranza che potesse cambiare, in qualche modo imprevedibile, che potesse arrivare a comprenderlo, o che tenesse abbastanza a lui da accettarlo, era l’unica cosa che gli faceva ancora apprezzare il tempo trascorso insieme. Ma, in fondo, cambiato lo avrebbe voluto ancora? Fey era Fey, arrogante e giusto e ingenuamente idealista. Spezzato e rattoppato. 
“Vorrà dire che mi accontenterò del suo odio. Come ti ho già detto, vecchio, nessun principe vale tanto.”
 
2023-03-13 06:37 pm

COWT13

Settimana: 4
Missione:
 M4
Prompt:
 “tutti dentro” 
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Una contesa serrata

Nel Palazzo di Giada non si corre. Non corrono i servitori, perché correre è un'ammissione di colpa: si è in ritardo con i propri doveri e si finisce puniti per questo. Non corrono i clienti; perché dovrebbero correre, quando hanno il denaro per tutto il tempo del mondo? E non corrono neanche i ragazzi del piacere. Correre non è elegante, né raffinato. Non accende il desiderio e non valorizza le loro figure sinuose.
Di tanto in tanto, però, si può assistere a qualche eccezione.
Mael ha abbandonato il passo veloce tre corridoi fa e ora corre sul pavimento lucido e sui tappeti a fili corti, maledicendo i sandali che porta ai piedi, sottili, lenti e scivolosi. Per niente adatti alla corsa, ma ora ha bisogno di correre. 
Si arrampica su per le scale usando il corrimano come corda salvavita, supera le sale terrazzate e finalmente eccola là, davanti a lui, la camera Crepuscolo. La più bella del palazzo. Si rilassa quasi, nel vederla. Poi, a comparire nel suo campo visivo c’è anche Keya, e l’urgenza torna a farsi sentire.
È splendido, forse persino più di lui, vestito di veli smeraldini e con la pittura applicata ad arte sulle curve del corpo.
“Sciò! Sparisci, rosso! Sono arrivato prima io.” Tiene la voce forzatamente bassa, ma le urla si intuiscono comunque nei lampi dei suoi occhi.
Mael non si fa scoraggiare. Si apposta vicino alla porta e schiva tutte le manate violente che arrivano nella sua direzione. I pendagli che ha addosso risuonano a ogni scatto, e tanto basta per scoraggiare presto Keya, troppo preoccupato che il rumore finisca per disturbare l’ospite nella camera.
“Che ci fai qui? Non dovresti essere qui!” 
Mael stringe il pugno tra sè e Keya, poi indica l’altro ragazzo e rivolta il palmo in aria: “Faccio quello che fai tu”
“Non essere ridicolo” Keya prova ancora una volta a scansarlo come un insetto fastidioso, ma a lui basta farsi un po’ più in là. La cosa lo manda ancora di più in bestia. “Questo cliente non fa per te. Nessuna abilità basterà a compensare il tuo silenzio. Non ti permetterò di scontentarlo.”
Si tocca il mento e le labbra con un indice, poi intreccia le mani e si indica un orecchio con una smorfia “Meglio il silenzio dei tuoi acuti”. Scuote la testa, agita velocemente tre dita in direzione della stanza e poi le schiocca di fronte al brutto broncio di Keya  “Non tornerà se lo renderai sordo”.
“Nessuno si è mai lamentato della mia voce!” 
Una mano sul petto “Me ne lamento io”.
“Sparisci ho detto! Sono arrivato per primo, è mio.”
Una nuova voce si intromette nella discussione. “Da quando ce li scegliamo noi i clienti? Pensavo che funzionasse al contrario.” 
Mael si sente avvolgere da dietro da un braccio caldo e morbido di lozione, appena preceduto da un profumo speziato, di cannella e chiodi di garofano. Riconosce quella pelle con una piccola scossa al basso ventre. Rodi lo ha iniziato alle arti del piacere, lì al Palazzo di Giada, ormai tre anni prima. Il suo tocco gli è tutt’altro che sconosciuto, e ancora apprezzato.
“Santi e santoni, non anche tu.” La fronte di Keya si corruccia ancora di più. Con un po’ di fortuna, gli rimarranno le rughe. “Pensavo che i clienti fissi ti avrebbero tenuto occupato fino a sera.
“Ovviamente mi sono liberato per il mercante più ricco della Marca. Se Mastro Leto mi vorrà, sarò tutto suo.”
Mael sente il sorriso che è la sua firma in quelle parole. Con un angolo più tirato dell’altro, e le labbra appena discoste, come se stesse per rivelarti il più succulento dei segreti.  Si volta nel suo abbraccio e tira il primo pendaglio che gli capita sottomano per avere la sua attenzione.
Batte sua una sua spalla “Lasciami.” Si assicura che entrambi i ragazzi possano vederlo ruotare i polsi “Non me ne vado”
Allorché Keya apre bocca e fa per dargli fiato, e lo costringe a zittirlo con un pizzico. Conclude con gesti rapidi e stizziti “Ora entriamo, prima che arrivino altri”. Ed è lui a varcare la soglia per primo. 
Ovviamente lo seguono entrambi, oltre l’uscio e i pesanti tendaggi. 
Dentro, Crepuscolo è più che fornita di leccornie, manicaretti e bevande di ogni genere, candele profumate dall’intensità piacevole e flauti a cascata che suonano una melodia di sottofondo. Il letto circolare la fa da padrone, rubando per poco il ruolo a Mastro Saorsie, il padrone del palazzo. Questi si volta al sentirli entrare e non sembra troppo felice di vederli di già, ancora impegnato nelle trattative.
Mastro Leto è meno imponente di quanto la sua nomea suggerirebbe. Non ha né il fisico di un soldato, né quello di un ricco nobile, nè tantomeno di un erudito. A vederlo così, nell’atrio tra gli altri clienti, Mael lo avrebbe classificato come un contadino arricchito e sarebbe passato oltre, verso il magistrato di turno. Ora, invece, si assicura di essere in primo piano rispetto a Keya e Rodi, prima di inchinarsi. A dispetto dei saluti affettati e delle presentazioni degli altri due, lui si accompagna solo con un sorriso, il più lieto che riesce a fare. È facile, basta pensare al compenso. 
La gara è ufficialmente iniziata.
2023-03-13 06:39 pm

COWT13

Settimana: 4
Missione:
 M4
Prompt:
 “tutti dentro” 
Fandom: Originale
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La partenza 

Mettere cinque sveglie di seguito era stata una buona idea. Fosse stata una sola, Liam neanche l’avrebbe sentita. La seconda e la terza le glissò subito entrambe con una secca strisciata d’indice. Cinque minuti dopo, al suono della quarta, dovette dire definitivamente addio al sonno. Continuò a rigirarsi tra le coperte nella speranza di rubare qualche altro momento di tepore e riposo. Pochi momenti che divennero inspiegabilmente altri cinque minuti, ed ecco la quinta sveglia. L’ultima.
Liam trascinò le coperte con sé fuori dal letto, cercando di rendere quel risveglio il meno traumatico possibile. Come se poi fosse possibile, alle quattro e quarantacinque del mattino. 
Dalla camera di Michael arrivava il suono di un’altra sveglia che squillava a vuoto, dunque si diresse come prima cosa da quella porta. Valutò di svegliare il coinquilino cadendogli sopra, ma non era sicuro che, una volta steso, sarebbe stato capace di tirarsi su di nuovo. Optò infine per un calcio.
“Mh…’fanculo”
“Alzati, dobbiamo andare.”
“... ‘ncora presto”
“Veramente siamo già in ritardo sulla tabella di marcia.”
“... ‘fanculo la tabe…a … marcia”
Liam sospirò. Michael stava ricominciando a russare. Fu necessario un altro calcio. “Alzati o chiamo Nadia e metto il vivavoce.”
Sapendo che la minaccia avrebbe sortito effetto, tornò in camera sua per raccattare qualche vestito, per poi dirigersi in bagno. Non ci arrivò.
Il piccolo spazio della casa, di solito libero, che avevano il lusso di chiamare salottino era stato interamente occupato la sera prima dal materasso gonfiabile di Jordan e Juls. Se ne era completamente dimenticato, e sì che aveva anche aiutato a prepararlo. 
Atterrò su una quantità preoccupante di articolazioni, principalmente sulle ginocchia e i gomiti di Juls, a giudicare da quanto erano appuntiti. 
“Ouch!” Si lamentò questi.
“Porca puttana!” Gridò Liam. 
“...Non adesso amore, fammi dormire ancora un po’.” Aggiunse Jordan, palpandogli di buon grado però una natica. 
Liam lo gettò giù dal materasso. “Sveglia!” Raccattò i vestiti e spinse anche Juls finché non furono entrambi fuori dal letto. “Siamo in ritardo. Dobbiamo andare. Non ci provare Michael! Il primo turno in bagno è mio.”
Li ritrovò dieci minuti dopo come li aveva lasciati, tutti e tre in piedi, rincoglioniti e arruffati. Almeno avevano abbozzato una parvenza di colazione. 
L’orologio del microonde segnava le cinque e un quarto. Era decisamente ora di andare. 
Liam recuperò le chiavi dell’auto. In quanto detentore del maggior numero di caffè in corpo, toccava a lui guidare. “Abbiamo preso tutto?”
Jordan, buon’anima, scosse in aria la borsa termica. Scosse anche Michael, che si era riaddormentato addosso al portone d’ingresso.
“Un momento” Juls fece fermare tutti. Guardò il materasso sgonfiato che aveva appena finito di sistemare, poi il suo ragazzo, poi Liam. Poi di nuovo in suo ragazzo. “Hai palpeggiato Liam prima?”
“Abbiamo preso tutto! Andiamo, andiamo, o facciamo tardi.” Jordan si fiondò fuori dalla porta. 
Liam si assicurò che lo seguissero tutti, guidando personalmente Michael giù dalle scale. 
“Porca puttana, Mike.” Lo rimbrottò, scuotendolo dal colletto della maglia. Come poteva ancora essere mezzo addormentato? Praticamente lo lanciava contro il muro a ogni rampa. 
Davanti all’appartamento li aspettava la fidata toyota. Era stata una buona idea anche caricare i bagagli la sera prima. 
“Tutti dentro” Liam si mise al posto di guida, lasciando che Michael si sedesse per ora al suo fianco. In quattro ci stavano precisi, ma presto si sarebbero dovuti stringere, e non poco.
La prima tappa fu l’appartamento di Nadia in centro, miracolosamente poco trafficato a quell’ora indecente. La loro amica venne fuori dal portone d’epoca come un’erinni dal suo covo, zaino in spalla e malumore mattutino dipinto in faccia. 
Era struccata, e questo Liam se lo aspettava. Il completino da notte in pizzo? No, decisamente no. 
“Mi cambio quando arriviamo” Uccise sul nascere le domande di tutti. 
Si stipò dietro con Juls e Jordan, allungando l’occhio davanti per controllare Michael. Non so cosa si aspettasse, un saluto, un bacio o un almeno un’occhiata d’apprezzamento, ma tutto quello che ottenne fu un russare di trattore. Si premurò, dunque, di puntare ben bene le ginocchia nello schienale del sedile.
Liam ripartì. Era il turno di Alex. Ci mise cinque minuti a scendere, per lo più passati guardando l’orologio sul cruscotto e battendo il piede a tempo del russare di Michael. 
“Mike” gli infilò due dita sotto le costole “va dietro, ora arriva Alex. Mike. Mike. Mike, c’è Nadia qua dietro e ti infilerà ben altro in altri posti se non muovi subito il culo!”
Juls fu costretto a salire in braccio a Jordan e per un terribile, terrificante momento Michael sembrò voler chiedere la stessa cosa a Nadia.
Alex comparve finalmente in strada. Aveva i capelli persino più spettinati di quelli della ragazza, ma almeno aveva avuto la decenza di cambiarsi. Ora che ci faceva caso, però, doveva essersi dimenticato di indossare il binder. Era forse la prima volta che capitava da quando lo conosceva. 
Aprì la portiera e si accomodò al suo fianco, portandosi dietro il proprio borsone. “... ‘Giorno” 
Risposero tutti con un lamento più o meno articolato.
Infine, toccò a Martha. Lei li aspettava già fuori di casa e - Liam dovette sbattere le palpebre per essere certo di non star sognando - con un vassoio di pasticceria in mano. Vestita di tutto punto, truccata e sorridente come una dannata pubblicità.
“Ma come diavolo fa?” Chiese Juls, a nessuno in particolare, quello che probabilmente stavano pensando tutti.
“Buongiorno!” Trillò Martha, mollando le paste in mano a Michael. L’odore bastò a rianimarlo meglio di qualsiasi sveglia. Mentre lui e Nadia si cambiavano di posto, Martha provò a infilare il proprio bagaglio dietro.
“Non ci entra, ragazzi.”
“Faccelo entrare.”
“Non ci va proprio, Liam, da nessuna parte.”
“Mettilo sopra il divisorio.”
Jordan protestò. “Ostruisce la visibilità!”
“Perché pensi che, se ci ferma la polizia, sarà quello che ci causerà problemi?” Lo sfottè Nadia.
Alex aprì lo sportello. “Dallo a me, te lo tengo qua davanti.”
Un trillo di ringraziamento, e Martha andò ad accomodarsi come meglio poté sopra Nadia. 
Prima di partire definitivamente, Liam si girò a controllare la situazione. Troppe teste gli impedivano comunque di vedere il lunotto. Juls e Jordan erano più abbarbicati che mai, ma non sembravano volersene lamentare. Martha sciorinava complimenti alla sua poco vestita amica, liberando dell’onere il fidanzato. Mike, al centro, era troppo impegnato a spazzolarsi un cornetto alla marmellata per ricambiare il suo sguardo.
Tornò a osservare la strada davanti. 
“Dunque, si parte.”
“Si parte.” Ripeté Alex, da sotto i borsoni. Provò a sorridere rassicurante, ma non era mai stato bravo a dissimulare la preoccupazione.
Liam ingranò la prima marcia e partì.