Apr. 5th, 2025

COWT14

Apr. 5th, 2025 09:47 am
 

Settimana: 5

Missione: M1

Prompt: storia a bivi

Titolo: Appuntamento a Hogsmeade

Fandom: Harry Potter

Rating: sfw

Warning: /

Note: (A) è la prima parte del racconto comune, (B) e (C) sono due finali alternativi tra loro

OCs, Léon Bhatia → Grifondoro, Sebastian Doyle → Serpeverde

C’è una piccola NdA anche a fine racconto


(A)

L’aria frizzantina di novembre invogliava a starsene sotto le coperte in Sala Comune, piuttosto che uscire all’aria aperta. Detto questo, neanche una bufera invernale avrebbe impedito a Léon di farsi il suo giro a Hogsmeade. 

Adorava Hogwarts, ovviamente, e nel castello si sentiva a casa tanto quanto a Breda, ma gli mancava la libertà di poter uscire quando e come voleva. D’estate, dai suoi, impiegava la maggior parte del suo tempo in lunghe passeggiate vicino al mare. La scuola metteva a disposizione degli studenti lunghi cortili e parchi belli ampi, certo, ma non era la stessa cosa.

Le uniche occasioni per lasciare effettivamente il castello erano le rare gite a Hogsmeade. Léon non vedeva l’ora.

Si era alzato con una facilità insolita quella mattina, anticipando la sveglia. Era balzato giù dal letto, si era vestito con gli abiti con meno pieghe che avesse trovato nell’armadio ed era voltato giù in Sala Grande a fare colazione.

Aveva salutato tutti con aria baldanzosa, guadagnandosi qualche risatina e il biasimo di Sebastian. 

Dall’altra parte della sala, al tavolo degli eterni imbronciati, il suo amico aveva scosso la testa al suo saluto esuberante, ma non era riuscito a nascondere bene il sorriso, mentre il resto dei Serpeverde fulminava Léon con lo sguardo per il solo sgarbo di essere felice. Léon li aveva ignorati. Quasi niente avrebbe potuto rovinargli quella giornata.

Fu uno dei primi a presentarsi al portone d’ingresso, con l’autorizzazione firmata in bella vista tra le mani. Consegnata quella al signor Gazza, si mise a sedere sui primi gradini del portico, aspettando la sua compagna. 

Linda Portland gli aveva chiesto di uscire insieme non più di due giorni prima e, sebbene non avesse espressamente usato la parola “appuntamento”, aveva ammiccato abbastanza volte da essere esplicita. Per Léon, era stata l’opportunità di mettere la ciliegina sulla torta della giornata.

Attese, guardando sfilare uno dopo l’altro gli studenti eccitati. A cinque minuti dall’orario di partenza, cominciò a preoccuparsi: Linda non era ancora in vista. Alle nove in punto, quando Gazza annunciò la fine della finestra di tempo per le autorizzazioni, un dubbio crudele gli attanagliò lo stomaco. Poteva essere successo qualcosa a Linda. Forse stava male, o era indisposta, o anche solo non si fosse svegliata in tempo… non era suo dovere di potenziale ragazzo andare a controllare? 

Però voleva tanto scendere a Hogsmeade. La prossima uscita sarebbe stata prima di Natale, avrebbe dovuto aspettare più di un mese. 

Guardò le scale all’interno, ormai vuote. Poi, spostò lo sguardo sui cancelli all’inizio del viale, che gli altri studenti stavano già oltrepassando.


(B) → Léon va a Hogsmeade 

(C) → Léon cerca Linda a Hogwarts


(B)

Si sentì un cane, ma la voglia di libertà fu più forte del senso di colpa. Abbandonò i gradini del portico per una breve corsetta verso la strada che portava al villaggio, accodandosi alla folla di studenti.

Non aveva più tanta voglia di festeggiare. Sperava solo che la frenesia delle compere e l’odore di dolci di Mielandia gli rinfrancassero l’umore.

Dopo cinque minuti di camminata solitaria, si sentì affiancare da qualcuno. 

“Ti ha dato buca, eh?” 

Sebastian gli fece la cortesia di non guardarlo, mentre lo sfotteva. Si limitò a camminargli vicino, lo sguardo puntato in avanti e il naso affondato nella sua sciarpa verde e argento.

“Non è detto,” gli rispose Léon, che invece trovava difficile sollevare gli occhi da terra, “forse le è successo qualcosa.”

“Più probabile che ti abbia dato buca.”

“Sarei dovuto rimanere indietro per controllare.”

“Per controllare che ti abbia effettivamente dato buca?”

Léon gli tirò una gomitata. “Per favore, smettila di dire buca. Si è dichiarata lei, perché dovrebbe farlo?”

Sebastian scrollò le spalle. Aprì bocca per dire qualcosa, probabilmente fargli un elenco di tutti i motivi per cui la ragazza avrebbe potuto ripensarci, ma all’ultimo cambiò idea e la richiuse.

In un altro momento, Léon sarebbe stato orgoglioso dei progressi del suo amico.

“Meglio così, se ci pensi. Non dovrai passare tutta la nostra giornata libera a sedere nella sala da tè di Madama Piediburro,” disse alla fine Sebastian.

“Non lo avrei fatto in ogni caso.”

Forse sospinto da uno strano senso di compatimento, Sebastian non lo lasciò da solo per tutto il resto del giorno. Percorsero la strada principale di Hogsmeade un numero abbastanza alto di volte da perderne il conto, fermandosi nei negozi che più gradivano o godendosi semplicemente l’aria frizzante nei polmoni.

Erano una coppia che attirava abbastanza l’attenzione, un grifondoro e un serpeverde che conversavano amabilmente senza lanciarsi maledizioni. Se si fermavano abbastanza tempo in un angolo, potevano accorgersi delle occhiate curiose e dei commenti nascosti malamente dietro le mani guantate.

A Léon non importava più ormai, ci era abituato fin dal primo anno. Sebatsian era suo amico. Con mille difetti, certo, e non di rado si scontravano, ma era comunque suo amico. Una situazione insolita, ma non per questo sentiva che fosse sbagliata.

Saccheggiarono Mielandia come se il mondo magico stesse affrontando una carestia di zuccheri, tenendo un cestino in mezzo a entrambi e sgraffignando ogni cosa sembrasse loro appetibile, uno dagli scaffali di destra e l’altro dagli scaffali di sinistra. Quando il cesto cominciò a pesare significativamente, si diressero alla cassa e divisero il conto.

Sì fermarono anche da Mondo Mago, riempiendo la busta con lo stesso trucchetto, stavolta di piccoli oggetti magici più carini che utili e qualche regalo di Natale anticipato.

Da Tomi e Pergamene si presero il loro tempo, valutando un libro dopo l’altro con attenzione e commentando le nuove uscite.

Ad un certo punto, Sebastian insistette per entrare da Stratchy & Sons da solo. Non si prese neanche la briga di inventare una scusa ridicola, semplicemente gli disse “Va ai Tre Manici di Scopa e prendi un tavolo, ordina della burrobirra. Io ti raggiungo fra cinque minuti” con tono perentorio e spinse Léon lontano dal negozio, verso il pub.

Léon passò quei cinque minuti di attesa ridacchiando e fantasticando sul regalo che Sebastian doveva stargli comprando. Il suo compleanno, infondo, era molto vicino. Il suo amico aveva buon gusto in fatto di vestiti. La sciarpa che gli aveva regalato al primo anno era ancora la più morbida che possedesse.

Pensando ad un soffice paio di guanti, con una burrobirra in mano, aspettando il suo amico con l’assoluta certezza che, in questo caso, non avrebbe ricevuto buca, si rese conto che il suo umore era di nuovo lievitato fino alle stelle. La giornata era andata alla grande.

Sebastian entrò non più di cinque minuti più tardi, come promesso, nascondendo discretamente un pacchetto dietro la schiena. Si sedette al suo fianco e lo sfidò con lo sguardo a fare qualche commento.

Léon non diede peso né al probabile regalo, né a tutti gli studenti curiosi che li circondavano. Si slanciò verso Sebastian, gettandogli le braccia al collo. 

Con lo spigolo del tavolo tra di loro e dovendo rimanere seduti, la posizione non era delle più comode. Sebastian, poi, era diventato una statua, non sembrava neanche che respirasse più. Niente di tutto ciò importava a Léon, che strinse più che potè il suo amico, sussurrandogli un “grazie per oggi” direttamente tra le pieghe della sciarpa. 

Ci vollero qualche minuto in più e delle lente carezze la schiena, sotto il mantello, ma alla fine Sebastian si sciolse nella sua stretta, accettando l’abbraccio. Ricambiò persino, cingendogli a sua volta i fianchi con le mani. Léon sapeva che, se non fossero stati in pubblico, sarebbe potuto rimanere così per tutto il tempo che voleva.

Sebastian aveva un debole per il contatto fisico.

Purtroppo, al primo studente che allungò il proprio tragitto per passare loro vicino, Sebastian si agitò nella stretta fino a scioglierla, riacquistando una postura dignitosa sulla sedia.

“Tu avresti fatto lo stesso,” disse a bassa voce, per poi afferrare il bicchiere di burrobirra ancora intatto e mandar giù un sorso generoso.

Léon lo lasciò dissetarsi, bevendo a sua volta. A consumazione terminata, decise che voleva quella privacy che permetteva al suo amico di lasciarsi andare, così lo incitò ad alzarsi e lo guidò fuori dal pub.

Il cielo grigio di nuvole stava velocemente scurendosi, doveva mancare poco al tramonto.

“Voglio fare un ultimo giro prima di tornare a Hogwarts,” disse, distribuendo bene le buste degli acquisti tra le mani. 

Sebastian non si oppose ad un’ultima passeggiata, anche quando fu chiaro che Léon non aveva intenzione di entrare in nessun negozio, ma solo di camminare verso vie sempre più vuote.

Léon condusse entrambi sulla strada che portava alla stamberga più infame d’Inghilterra, fermandosi molto prima che il bosco lasciasse spazio ad una radura desolata. L’anno precedente aveva scoperto una catasta di legna a pochi passi dal sentiero, apparentemente dimenticata. I tronchi tagliati e impilati in una piramide incompleta erano un’ottima panchina su cui accomodarsi, sebbene po’ umida.

Si sistemò usando il mantello come trapunta e fece cenno a Sebastian di fare altrettanto. Quando anche lui si sedette, lo tirò per una manciata di stoffa finché non fu abbastanza vicino da farsi abbracciare di nuovo.

“Oggi sei particolarmente appiccicoso, vedo.”

“Ti piace, so che ti piace, non fingere il contrario.”

Sebastian non lo negò. Anzi, si rilassò di più nella sua stretta, appoggiandogli la testa su una spalla. Poi, inaspettatamente, disse: “Mi dispiace che quella ragazza ti abbia dato buca.”

Il ritorno di Linda e del suo ipotetico - probabile - fiasco prese Léon in contropiede. Si rendeva conto ora che non pensava alla ragazza da quella mattina, non ci aveva pensato per tutta la giornata. Se Sebastian non l’avesse nominata, probabilmente se ne sarebbe dimenticato e basta.

Il suo silenzio pensieroso fece voltare il suo amico a guardarlo.

Sebastian aveva un’espressione difficile da interpretare, molto seria, e con gli occhi scandagliò il suo viso come alla ricerca di qualcosa.

“Ti piaceva davvero quella Linda?” Chiese.

Léon rispose come avrebbe risposto a sè stesso. “Era carina. Mi ha fatto piacere quando mi ha chiesto di uscire. Ma era solo una ragazza carina che mi ha chiesto di uscire, non la conoscevo prima.” Scrollò le spalle. “Mi passerà presto.”

Apparentemente soddisfatto della risposta, Sebastian tornò a poggiare la testa su di lui, le mani strette al suo mantello.

Un dubbio diverso si insinuò nella mente di Léon, scalzando di prepotenza le riflessioni su Linda. Provò a figurarsi lei tra le sue braccia in quel momento, nell’esatta posizione di Sebastian. Non perché la volesse, no, ma perché si rese conto di quanto intima fosse effettivamente la situazione.

Seduto un tronco più in basso di lui, di profilo, Sebastian lo usava come schienale e, dal modo in cui era stravaccato, Léon doveva essere la poltrona più comoda del mondo. Da parte sua, gli faceva piacere avere quel peso addosso e le mani alla giusta altezza per circondargli la schiena e accarezzargli i capelli sulla nuca. Da quando li aveva tagliati corti ai lati e dietro la testa, passare le dita in quelle zone ogni volta che erano a portata di mano era diventato un tic irresistibile.

Léon spostò i polpastrelli dalla nuca alla linea della mandibola, sollevandogli appena la testa. 

A guardarlo così da vicino, era facile notare la forma dei suoi occhi, il rossore sulle guance intirizzite dal vento e le labbra screpolate.

Sebastian aprì leggermente la bocca per farci passare un respiro particolarmente impegnativo. La punta dei denti bianchi fece capolino tra le labbra e oh, ok, gli era appena venuta un’idea niente affatto male.

Léon abbassò il proprio viso, andandogli incontro, lentamente. Si fermò a metà strada. Sebastian ancora si specchiava nei suoi occhi, respirava sempre più pesantemente e rimaneva immobile con un impegno sinceramente ammirevole. Riprese la sua discesa. 

Il primo bacio fu un bussare timido, il secondo un invito. Al terzo, si fermò abbastanza da riconoscere il sapore sulla bocca di Sebastian, burrobirra e fildimenta. Lenì le sue labbra screpolate con un tocco di lingua.

Sebastian perse il controllo al quinto bacio, quando Léon aggiunse un morsetto. Si scosse dalla sua immobilità e gli afferrò la testa tra le mani, rispondendo con entusiasmo.

Non è che fu difficile separarsi, è che appena lo fecero Léon non trovò una sola ragione valida per non ricominciare subito. Baciò il suo amico ancora e ancora e ancora, finché il lampioni di Hogsmeade si accesero oltre il bosco e l’aria frizzantina divenne feroce.

Un brivido di freddo lo scosse, nonostante il mantello pesante. Prese le mani di Sebastian tra le sue e le trovò gelide. Era il momento di fare ritorno al castello.


(C)

Gli costò ogni briciolo di volontà, ma diede la spalle al parco e tornò dentro al castello.

Si diresse subito alla Sala Comune dei corvonero, salendo i gradini della torre con passo pesante. Di fronte all’indovinello si accorse che, con la maggior parte degli studenti in gita, aspettare che qualche corvonero passasse di lì avrebbe potuto richiedere anche delle ore. 

Poteva ascoltare l’indovinello e provare a risolverlo? Ma non era un corvonero. E se i corvonero erano intelligenti anche solo la metà di quello che si diceva, l’indovinello avrebbe riguardato qualcosa che solo un corvonero poteva sapere.

Scartò l’opzione dell’indovinello. Si avvicinò, invece, allo stipite della porta e cominciò a bussare, forte, sperando che qualcuno avesse pensato quella mattina di mettersi a leggere in Sala Comune.

Dopo cinque minuti di colpi martellanti, una ragazzina dall’aria stizzita venne ad aprirgli. 

“Chi è? Cosa vuoi?”

Léon si massaggiò la mano dolente con l’altra. “Scusami per il baccano. Sto cercando Linda Portland, non è ancora scesa e mi sto preoccupando.”

“Non l’ho vista.”

Léon mise la mano offesa tra lo stipite e la porta, in uno scatto instintivo, per impedire alla ragazza di chiudergliela in faccia. Fortunatamente lei era uno scricciolo, o gliel’avrebbe schiacciata e Léon avrebbe passato il resto della mattinata in infermeria.

“Puoi, per favore, chiedere un attimo in giro?” Sfoggiò il suo sorriso migliore.

La ragazzina lo valutò per un momento, poi scomparve con un sospiro.

Léon attese, ben attento che la porta non si chiudesse.

Dopo qualche minuto, venne a parlargli un’altra ragazza, più grande. Gli pareva si chiamasse Susan e era del suo anno, doveva essere un’amica di Linda. Aveva un’espressione imbarazzata che non piacque affatto a Léon.

“Ciao, mi dispiace ma Linda non può venire a parlare con te.”

“Sta male?”

“In un certo senso? Si vergogna, più che altro. Mi ha detto di dirti che le dispiace.”

“Per non avermi neanche avvisato che non voleva più uscire con me?”

Susan non riuscì più a guardarlo negli occhi. “Non è una stronza, te lo giuro. È solo che è uscita da poco da una relazione complicata, è confusa e-”

“Sì, ok, bastava davvero una parola, non me la sarei presa. Sai, la gente ha dei programmi.” Lasciò la porta e fece qualche passo indietro, “grazie per il non avviso, ora devo scappare.”

Sì voltò e corse giù per le scale, piano dopo piano dopo piano, fino all’ingresso della scuola. Ovviamente chiuso. 

Controllò l’ora sul primo orologio che trovò in giro. Le dieci in punto. La comitiva scolastica doveva essere arrivata a Hogsmeade già da un pezzo.

Non lo avrebbero fatto uscire da solo.

Passò il resto della giornata depresso in Sala Grande, giocando a scacchi magici da solo o con qualche occasionale passante, compreso il professor Lupin*. Quando sentì il vociare soddisfatto degli studenti di ritorno dalla loro gita, in corridoio, il suo umore si offuscò ancora di più. Questo finché Sebastian non lo raggiunse al tavolo, posandogli accanto una busta dall’aria pesante.

Léon occhieggiò la busta, poi il suo amico. Se era lì per pavoneggiarsi dei suoi acquisti, gli avrebbe dato un pugno.

“Ti ho comprato dei dolci,” disse invece Sebastian, che aveva l’aria di aver capito cosa gli passasse nella testa e non vedeva l’ora di dimostrargli quanto si sbagliasse, “e il set di gobbiglie a tema quidditch che abbiamo visto quest’estate da Mondo Mago, il nuovo libro di avventure di Godfridge Gudris e un mantello per l’inverno. Puoi restituirmi i soldi la prossima volta.”

Léon aveva già la testa immersa nel sacchetto. C’era effettivamente tutto quello che Sebastian aveva elencato. Era senza parole.

“Grazie.”

Sebastian fece spallucce. Poi, come se non fosse già abbastanza, “so che se parli con le giuste persone, puoi uscire da Hogwarts attraverso dei passaggi segreti. È un bel rompicapo a cui lavorare e abbiamo tutto da guadagnare dal risolverlo.”

Léon saltò in piedi e si gettò sul suo amico, ignorando i versi di protesta. Lo abbracciò stretto. Non avrebbe scommesso mezza moneta d’oro su Sebastian come salvatore della giornata, eppure eccolo là. 

Come ogni volta che si trovavano in pubblico, si lamentò del gesto d’affetto e ci volle un bel po’ di tenacia per non farlo sgusciare via, ma Léon non mollò la presa. Prese ad accarezzargli la schiena con una mano, lenti cerchi sopra le scapole e le costole. Con il naso sepolto nella sciarpa che ancora indossava, fredda e profumata di pino, chiuse gli occhi e si permise di infilare le dita libere tra i capelli della nuca di Sebastian. Li aveva tagliati da poco, più corti del resto dei ciuffi e passarci i polpastrelli in mezzo era una voglia che lo tormentava dal primo momento che li aveva visti.

Quei piccoli massaggi furono effettivamente efficaci nel bloccare le proteste di Sebastian, che però rimase teso tra le sue mani come una tavola di quercia.

Gli parve un’ingiustizia, d’un tratto, che lui l’avesse reso talmente felice in pochi secondi, mentre Léon non riusciva a metterlo a suo agio. Lo lasciò andare, ma non prima di sussurrargli un “andiamo al loggiato?” A pochi centimetri dall’orecchio.

Il loggiato era uno dei piccoli cortili interni di Hogwarts, al primo piano, con una cinta di archi e panchine a circondarlo e una fontana spenta a forma di salice nel centro. Non sembrava essere frequentato, né da studenti né da fantasmi. Lo avevano trovato all’inizio di quell’anno e nominato il loro posto tranquillo, per quando avevano voglia di starsene da soli.

Sebastian annuì.

Léon allora prese le borse dei suoi regali e si avviò verso l’uscita della Sala Grande, voltandosi un paio di volte per assicurarsi che il suo amico lo stesse seguendo.

A metà scalinata, Sebastian smise di fare l’anatroccolo dietro la chioccia e si mise a camminargli al fianco, ciondolando di tanto in tanto per strofinare la spalla sulla sua. Non attese di essere arrivati per chiedergli cosa gli fosse preso.

“Non mi è preso niente, sono solo felice dei miei regali.”

“Non ti ho mica regalato un conto fiduciario alla Gringott.”

Léon gli diede a sua volta una spallata. “Non fingere di non sapere quanto quello che mi hai detto conti per me.” 

Non era sicuro che avesse altri amici che si sarebbero spinti a tanto. Che si sarebbero accorti della sua assenza e che gli avrebbero comprato tutto ciò che avrebbe preso lui, senza una richiesta esplicita. Che avrebbero intuito il suo malessere. Sembrava una cosa piccola, all’apparenza, ma c’era così tanto impegno dietro.

“Sebastian Doyle, sei un pessimo serpeverde.”

Sebastian scattò con la testa nella sua direzione. “Come, prego?”

“È un complimento,” rise Léon, e per poco non fu scagliato contro un muro.

“Non penso proprio, stupido grifondoro.”

Arrivare al loggiato e trovarlo vuoto come di consueto non fu una sorpresa, ma comunque piacevole. 

Léon condusse Sebastian fino a un arco dove battesse un po’ di sole e spinse entrambi ad accomodarsi lì sotto, con la schiena contro la pietra e le gambe incrociate tra di loro, uno di fronte all’altro. Dopo mezzo minuto, gli fu chiaro che quella posizione non lo soddisfaceva. Si capovolse, stendendosi con le gambe sollevate sulla parete e la testa appoggiata a quelle di Sebastian. Molto meglio.

Si accoccolò meglio, fece un paio di versi soddisfatti, simulando il suo gatto quando trovava un cuscino particolarmente di suo gusto. Presto, delle dita leggere arrivarono a giocare tra i suoi ricci, massaggiandogli timidamente il cuoio capelluto.

“C’è una particolare ragione per cui sei così affettuoso, stasera?” Chiese Sebastian.

Léon non lo stava guardando. Aveva chiuso gli occhi, un po’ per godersi le carezze, un po’ perché c’era uno strano miscuglio di emozioni in lui che, effettivamente, erano la causa del suo attuale comportamento. Non era facile sbrigliarle.

Non rispose e Sebastian ne approfittò per tirare ad indovinare.

“Ha a che fare con il motivo per cui hai saltato la gita a Hogsmeade?”

No, in realtà no. Certo, essere rifiutato non era stato piacevole, e non uscire da Hogwarts lo era stato ancora meno, ma ora quei sentimenti sembravano lontani, come se fossero passate settimane invece che ore. Il subbuglio nella sua pancia aveva un tono molto più caldo e intimo, e i colori verde e argento del suo amico.

Léon si rese conto di avere voglia di fare cose che, normalmente, avrebbe avuto vergogna di fare. Piccole trasgressioni del loro rapporto, un pungolare di confini. In altri momenti una voce nella sua testa lo avrebbe fermato, dicendogli che non era consono, opportuno, platonico. Ora quella vocina la sentiva appena, ed era facile da ignorare.

Prese la mano che ancora gli pettinava i capelli e se la poggiò su una guancia. Era tiepida e liscia, morbida come di chi non ha mai salito su una scopa. Ci immerse la faccia e lasciò un bacio appena accennato sul palmo.

Sopra di sé, sentì Sebastian respirare bruscamente.

Una scarica di eccitazione gli scosse la schiena e, ancora di prima di formularne il pensiero, lasciò un altro bacio sulla pelle.

“Léon,” disse Sebastian, con voce tirata.

Léon aprì gli occhi, trovando il coraggio di guardarlo. “Cosa c’è?”

Sebastian non sembrava passarsela bene. Aveva la faccia accartocciata di chi ha a sua volta un pungo di sensazioni nello stomaco, ma non di quelle piacevoli. “Smettila subito.”

“Vuoi davvero che mi fermi?” Perché Lèon non voleva.

Sebastian non rispose e Léon gli lasciò un altro bacio sul palmo, poi un altro, poi si spostò a baciargli le dita. Gli mordicchiò i polpastrelli. Spinto da una vampata di folle coraggio, malizia e appel du vide, gli prese l’indice tra le labbra fino alla falange intermedia.

Sebastian sussultò come se lo avesse morso violentemente e ritirò tutta la mano, stringendosela al petto. Léon non si sarebbe sorpreso a vederlo scivolare giù dalla pietra, sul pavimento.

“Perdonami,” disse subito, alzando la testa dal suo grembo per guardarlo come si deve, “perdonami, non so cosa mi sia preso.”

Tornò ad appoggiarsi alla parete di fronte, per lasciargli più spazio possibile.

Sebastian lo fissò con espressione seria, affilata, per abbastanza secondi da far fremere sul posto Léon, e farlo pentire di ogni secondo di quella giornata. Sentiva che stava per ricevere un pugno e, quando Sebastian si protese effettivamente verso di lui, si preparò all’impatto.

Sebastian, invece, gli prese il viso tra le mani, una presa prepotente.

“Se mi prendi in giro,” disse, con lo stesso tono che usava per le maledizioni, “giuro che continuerò a vendicarmi finché campo.” Dopodiché lo baciò.

Léon si sciolse completamente, mettendogli a disposizione tutto sé stesso. Fu come vivere la miglior gita a Hogsmeade della sua vita, caramelle e giochi magici e libri d’avventure e vestiti caldi. Passeggiate nel bosco e una burrobirra davanti al camino. Tutto, in un minuto di bacio.



NdA:

* È una licenza poetica che mi prendo. So che, a prescindere dal periodo in cui potrei ambientare la storia, Lupin non può essere il professore di alcunché, ma mi piaceva troppo l’immagine di lui che fa compagnia a uno studente bisognoso di qualcuno che gli tiri su il morale, magari dandogli anche qualche pezzo di cioccolata. In ogni caso, l’identità di questa comparsa non incide sulla storia.


COWT14

Apr. 5th, 2025 02:40 pm
 

Settimana: 5

Missione: M1

Prompt: storia a bivi

Titolo: Il terzo fratello

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: sottinteso, ma proprio tanto sottinteso - lo devi cercare con la lente - abuso/abbandono di minore (la storia è molto fluff in realtà)

Note: (A) è la prima parte del racconto comune, (B) e (C) sono due finali alternativi tra loro


(A)

Sir Guilliard delle Lande poteva vantare un possedimento di quindicimila acri, una vigna tutto sommato modesta, una rendita sufficiente a far vivere in tranquillità tutto il suo seguito e il favore del Lord delle Lande, cosa più unica che rara. 

Non poteva vantare una moglie, non ancora. Nessuna fanciulla di buon rango si era detta disposta a sposare un cavaliere di origini plebee - sebbene, man mano che le sue ricchezze aumentavano, gli sguardi dei padri si facevano sempre più interessati.

Poteva vantare, però, dei figli. No, in realtà non poteva vantarli, perché erano orfani raccolti dalla strada senza una sola goccia del suo sangue, ma ai suoi occhi ormai non poteva che definirli tali. Ed era orgoglioso di definirli tali: i suoi due splendidi, intelligentissimi e moralmente preoccupanti figli.

Sam e Billy lo salutarono quella mattina, come ogni mattina, al tavolo della colazione, già sporchi di marmellata di fragole e carichi di zuccheri. Nei cinque minuti che il tutore impiegò ad arrivare a prenderli, gli illustrarono con entusiasmo tutti i piani che avevano per la giornata, compresa l’esplorazione dei campi di lavanda, la caccia alle galline del vecchio Pete, la gara di corsa a dorso di pecore e la preoccupante sfida con i figli del mugnaio per il miglior scalatore di mulini. Poi vennero trascinati via per le poche ore di lezione che erano stati disposti a seguire.

Dopo che se ne furono andati, Sir Guilliard finì la sua colazione alla svelta. Doveva andare in città quel giorno, per una faccenda che non vedeva l’ora di portare a termine.

Partito a cavallo all’ora dei tagliaboschi, salutandoli da lontano mentre si infilavano nel bosco, si diede al galoppo sulla strada maestra fino a Grattastelle. Arrivò tre ore dopo e, senza perdere altro tempo che non fosse lasciare il cavallo in stalla, si diresse al Palazzo di Legge.

Lord Highstone fu di parola e fece sbrigare subito le pratiche, così che la richiesta di riconoscere i suoi “bastardi” - un piccola bugia a fin di bene - fosse inviata al re l’indomani.

Per il primo pomeriggio, Sir Guilliard era di nuovo a casa, molto più sereno di come era partito. Fece subito chiamare i ragazzi per dar loro la bella notizia.

“Samwell e William delle Land-”

Le parole gli morirono in gola. A fare il loro ingresso nel salotto al piano terra non erano stati due ragazzi, ma tre. 

Sam e Billy, sorridenti, stringevano una ciascuno la mano di un terzo bambino, più basso e minuto di entrambi. Indossava dei vestiti palesemente dei suoi figli, che gli pendevano su una spalla e sulla vita, arrivando a coprirgli i piedi. Della sporcizia pulita malamente gli oscurava il viso, insieme a capelli lasciati crescere troppo lunghi.

Il bambino guardava a terra e stringeva spasmodicamente le mani dei ragazzi più grandi. Sam e Billy avevano cominciato ad agitarsi sul posto.

Guilliard sospirò, chiudendo gli occhi e stringendosi la radice del naso tra due dita.


(B) → Guilliard interroga Sam e Billy sulla provenienza del bambino

(C) → Guilliard non si fa domande e adotta un terzo bambino


(B)

“Ditemi che non avete rapito un bambino.”

“Certo che no!” disse Billy, il tono offeso, “l’abbiamo trovato che vagava sui pascoli a nord, sembrava un ubriaco in miniatura.”

“Era freddo e tremava,” aggiunse Sam, con voce più conciliante, “aveva i piedi come due blocchi di marmo, sporchi e feriti. Lo abbiamo portato a casa per aiutarlo.”

Gilliard diede una nuova occhiata al trovatello.

“Avete chiesto a qualche domestico di aiutarvi?”

I ragazzi scossero la testa.

“Non ce n’era bisogno,” disse Billy, “gli abbiamo dato da bere, da mangiare e dei vestiti. Ora sta molto meglio.”

Lo indicò, come a dire “guarda quanto sta meglio!” 

Il bambino ancora fissava il pavimento e sembrava volersi rifugiare dietro ai due ragazzi.

Gilliard si sforzò di ammorbidire il viso e la voce, inginocchiandosi per nascondere la sua stazza. “Ciao, pecorella. Va tutto bene, non devi avere paura. Come ti chiami?”

“Si chiama Ally,” rispose Sam.

Gilliard gli fece cenno di tacere. Riprovò con il bambino. “È un bel nome, Ally. Io mi chiamo Guilliard. Sam e Billy sono tuoi amici?”

Ally si strinse tra i due ragazzi, per poi annuire timidamente.

“Posso essere anch’io tuo amico?”

Ally guardò Sam, che annuì, sorridendo incoraggiante. Spostò lo sguardo su Billy, che fece lo stesso. Solo a quel punto si azzardò a guardare Guilliard. Fece il più piccolo dei sì con la testa.

“Bene. Ally, vorrei presentarti una persona, può essere anche lei tua amica, se vuoi. Si chiama Rosalind, è la migliore domestica del mondo. Ti farà un bel bagno caldo.”

Con un gesto fulminio, Guilliard prese il bambino tra le braccia, alzandosi in piedi per tenerlo fuori portata dei due ragazzi più grandi, che cominciarono subito a protestare.

Ally fu per un momento troppo spiazzato per fare alcunché e Guilliard ne approfittò per cominciare a massaggiargli la schiena con una mano, sperando di prevenire un attacco isterico. Sì affacciò subito in corridoio e fermò la prima cameriera che vide passare, chiedendo di Rosalind.

“Non ha bisogno di un bagno! Lo abbiamo pulito noi, ridaccelo!” Billy sembrava pronto a scalarlo pur di riappropriarsi di Ally.

“Non è un giocattolo, Billy. È un bambino. Farà un bagno e una bella dormita e intanto noi cercheremo i suoi genitori. Saranno fuori di sé dalla paura, ormai.”

“Non è vero! Se avesse dei genitori non lo avremmo trovato a vagare sul prato. È da solo.” Sam sembrava terrorizzato che potesse tenerlo lontano da Ally per sempre e Guilliard si rese improvvisamente conto di avere ben tre ragazzini spaventati da gestire.

Controllò il primo, quello che aveva tra le braccia. Le carezze sulla schiena stavano facendo la loro magia, o era semplicemente esausto dalla sua avventura notturna, ma di fatto Ally sembrava a un passo dal cadergli a dormire su una spalla, cullato dal dondolio del suo passo frenetico. Bene.

Billy ancora gli artigliava una gamba, probabile che gli strappasse i pantaloni. Guilliard abbassò l’altra mano per accarezzargli la testa, piccoli movimenti circolari con le dita sulla nuca, mentre gli premeva la fronte sulla propria coscia. La stretta delle piccole dita si alleggerì appena.

Sam era sull’orlo delle lacrime. 

“Sammy, ehi, vieni qui. Va tutto bene. Ally farà solo un bagno e starà bene. Staremo tutti bene.”

Gli tremolò il labbro, ma da bravo ometto disse: “vado a chiamare Rosalind” e corse via.

Mezz’ora più tardi, con Ally nelle sapienti mani di Rosalind, Guilliard riportò entrambi i ragazzi e sé stesso nel salotto, optando questa volta per il divano imbottito davanti al camino. Sistemò tutti in modo che fossero accoccolati insieme, comodi e piacevolmente al caldo. Le reazioni dei suoi figli gli dicevano che si erano affezionati già troppo al piccolo pulcino, e lui stesso sentiva che sarebbe bastato un niente per innamorarsi di Ally. Però era necessario fare la cosa giusta, per quanto dolorosa, e lui doveva dare il buon esempio.

“Ascoltate, ho bisogno che mi diciate che abiti indossava Ally quando l'avete trovato. Se aveva degli oggetti con sé o se ha detto qualcosa di particolare.”

Nessuno dei due parlò, i respiri ancora pesanti e umidi.

“Sapete, domani chiederanno al re se potete diventare miei figli.” Alla sua sinistra, Sam trattenne il fiato. Billy riprese ad artigliargli la gamba - e se questa non era un’abitudine che avrebbe dovuto togliergli. “Se un giorno vi perdessi, farei di tutto per ritrovarvi.” Sospirò. “Non so perché Ally era da solo, se è successo qualcosa a lui o ai suoi genitori, ma so che se fossi suo padre, ora sarei terrorizzato. Volete proteggerlo, lo capisco, e se vi fidate di me e mi rispondete, vi prometto che in un modo o nell’altro risolveremo tutto.”

Ci volle qualche altro minuto per ottenere le informazioni che voleva: questa volta nessuno dei due ragazzi riuscì a trattenere il pianto.


(C)

“Cominciate a spiegare,” disse, alzandosi dalla scrivania per versarsi un bicchiere di vino.

“Lui è Ally,” prese la parola Sam, “lo abbiamo trovato a vagare tra le pecore, sul pascolo a nord, tremante e senza scarpe. Lo abbiamo portato a casa per aiutarlo.”

“Ha mangiato, bevuto, si è cambiato e ora è nostro fratello,” continuò Billy, soddisfatto come quando gli diceva che sì, aveva fatto i compiti assegnati dal tutore. “Può usare i miei vestiti e quelli di Sam, finché non ne avrà di suoi. E dormire nei nostri letti, in quello che preferisce, anche quando avrà una camera tutta sua.”

Guilliard prese il primo di quella che sospettava sarebbe stata una lunga serie di sorsi. Fortuna che pagava bene per avere dell’ottimo vino. “Trovato tra le pecore,” ripetè.

I ragazzi annuirono.

Infondo, non era la storia più bizzarra in cui si fosse imbattuto. Sam gli era letteralmente caduto tra le braccia mentre passava sotto un ponte.

Bevve un altro sorso. 

Si avvicinò al piccolo, chinandosi in ginocchio per dissimulare la sua stazza. “Ciao, Ally. Io mi chiamo Guilliard, sono il padre di questi due combinaguai.”

I combinaguai in questione sussultarono.

“Ti va di raccontarmi come è andata la tua giornata?”

Il piccolo Ally sollevò lo sguardo solo per guardare le due piccole torri a sua guardia e, solo dopo aver ricevuto da loro sorrisi incoraggianti, annuì. 

Guilliard gli offrì le mani, aspettò pazientemente che il bambino si avvicinasse per primo e poi lo sollevò in braccio, andandosi ad accomodare sul divano davanti al camino spento. Bloccò subito gli anatroccoli che fecero per seguirli.

“Billy, cerca Rosalind e chiederle di preparare un bagno caldo per Ally. La aiuterai a lavarlo.”

“Lo abbiamo già lavato!”

“E male. Rosalind saprà fare di meglio, è il suo lavoro. Vai.”

Billy indugiò sul posto, chiaramente non desideroso di uscire di scena. 

Guillard spostò la sua attenzione sull’altro ragazzo. “Sam, vai da Rodrick e fatti accompagnare in paese, comprate dei vestiti per Ally della taglia giusta.”

Sam annuì e uscì dalla stanza, seguito dal fratello.

Appoggiato al suo petto, Ally assistette alla scena con le piccole spalle che si tendevano al rimanere solo con lui, ma allo stesso tempo aggrappandosi alla lana spessa del suo maglione come se temesse che anche Guillard se ne sarebbe potuto andare.

Bastava un’occhiata per capire che ci sarebbe stato tanto lavoro da fare.

Senza costringerlo in nessun modo e assicurandosi che avesse sempre una “via di fuga”, cominciò ad accarezzargli la schiena, sperando che una bella dose di coccole lo avrebbe aiutato a tranquillizzarsi.

“Come sei finito qua?”

Non ricevette risposta, allora provò con una domanda più semplice, qualcosa a cui il bambino avrebbe potuto rispondere con un semplice sì o no.

“È vero quello che Billy e Sam hanno raccontato di te?”

Ally annuì, strusciando la testa sul suo petto. 

“Sono dei bravi fratelli maggiori, vero?”

Questa volta, il movimento della testa fu più deciso. I ragazzi sembravano un buon argomento.

“Va bene se ti parlo un po’ di loro e poi tu mi parli un po’ di te?”

Ally annuì ancora una volta e per Guillard fu semplice parlare con il cuore in mano a quel piccolo, strano confessore dei suoi due più importanti tesori. Partì dai racconti di marachelle non troppo pericolose, per poi passare ai suoi momenti preferiti con i due ragazzi. Quando Sam gli aveva chiesto per la prima volta aiuto a far di conto e si erano stesi davanti al fuoco, circondati di fogli e inchiostro, per poi addormentarsi uno sull’altro. Quando Billy era riuscito a stare in groppa per un giro intero del recinto e, entusiasta, gli era venuto incontro con tutto il cavallo. Quando entrambi avevano dichiarato di voler diventare cavalieri come lui.

Infine, gli sfuggì di bocca l’incontro di quella mattina, la richiesta ufficiale di riconoscimento. Detestava che tutta quella manfrina legale fosse necessaria e allo stesso tempo era più che felice di avere qualcosa di scritto, immortale, che attestasse il loro legame.

“La richiesta è davvero breve, neanche una pagina di pergamena, e la risposta lo sarà ancora di più. Ma deve leggerla il re e non è tra le sue priorità più urgenti, quindi ci vorrà almeno una settimana prima che possa avere i documenti.” Gli venne un dubbio. “Sai cos’è una settimana, Ally?”

Ally annuì, poi sollevò sei dita. 

Molto delicatamente, Guillard gliene fece stendere un settimo.

Quando arrivarono Rosalind e Billy a prendere il piccolo, Guillard non aveva ancora cominciato a fargli delle domande, ma lo sentiva addosso molto più rilassato e sereno, quasi appisolato. Senza dubbio, dopo il bagno caldo avrebbe dormito, se non durante. Invece che lasciare che la domestica lo prendesse, se lo tenne in braccio e li accompagnò. 

Un pensiero curioso gli passò per la testa: non prendeva in braccio un bambino da un po’ di tempo. Billy e Sam erano ormai abbastanza grandi da considerarlo un segno di debolezza e un affronto alla loro età “non adulta ma quasi”, quindi non si erano lasciati più prendere in braccio, se non per situazioni straordinarie.

Non gli sarebbe dispiaciuto ricominciare. Con un’altra carezza lungo la schiena di Ally, Guillard considerò che no, non gli sarebbe dispiaciuto affatto.


COWT14

Apr. 5th, 2025 08:05 pm
 

Settimana: 5

Missione: M2

Prompt: 05 Three Headed Dragon

Titolo: Ostilità e Gentilezza

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: a fine racconto il meme che lo ha ispirato


Se c’era un periodo che metteva alla prova la pazienza del proprietario e dei ragazzi del Giglio Rosso, quello era il Festival del Pesce Luna. 

Non biasimavano il povero pesce, anzi gli erano inconsciamente grati che, nel suo cerchio di migrazioni, passasse nella baia di Rea Marina solo una volta l’anno, per non più di una settimana. Sfortunatamente, era un pesce che i Seguaci della Luna consideravano sacro. 

I fanatici religiosi scendevano nella città portuale ogni anno, puntuali, solo per cercare di catturare quei poveri animali e portarli alla loro fontana sacra - o qualsiasi cosa fosse quella vasca enorme intorno alla quale era stato costruito il Tempio Calante. Alloggiavano nelle locande di Rea Marina e infestavano il porto. Saturavano le strade dei loro sermoni e delle loro paternali sulla magnificenza della Via della Luna e sul degrado di qualsiasi altro stile di vita. Sfortunatamente, erano più attivi di notte, quando anche il Giglio Rosso era in pieno fermento. 

A detta dei Seguaci, la violenza era un male, il denaro era un male, la bellezza esteriore era un male, l’agiatezza era un male, la non castità era un male. C’erano un sacco di mali in giro.

E se c’era anche una sola cosa su cui Kiro e Yalo erano d’accordo, quella era il fastidio viscerale di essere trattati come ratti fetidi da degli zeloti repressi e ottusi, scheletrici e pallidi come morti.

Nei momenti di pausa tra un cliente e l’altro, non era raro che Kiro uscisse per farsi una passeggiata nei dintorni, o che Yalo bevesse un po’ di tè all'aria aperta, sul balcone, per godere del panorama della città. Nelle ultime notti, però, invece di sollievo trovavano Fratello Risse a infastidirli, proprio all’angolo della strada su cui si trovava il Giglio Rosso.

Fratello Risse li additava come traviati da compatire, figli perduti del peccato, e Kiro gli ringhiava contro, cambiando strada, mentre Yalo gettava dal terrazzo tè ancora caldo, che per sbadataggine sfuggiva dalla sua tazza - e quanto era sbadato, quelle sere. Fratello Risse rispondeva con sermoni più sentiti, a voce più alta, parole più dure. Kiro faceva marcia indietro e cominciava a insultarlo senza riserve. Yalo lanciava anche le tazze insieme al tè.

Nessuno degli altri ragazzi, più maturi, aveva reazioni così accese, ma nessuno negava che i Seguaci della Luna fossero una spina nel sedere. 

E poi c’era Hinni, l’angelico, dolce e pacifico Hinni, che ad ogni “traviato!” Rispondeva con un “buonasera” e “buon lavoro”.

La quarta notte uscì dal Giglio Rosso portando con sé una brocca d’acqua, chiedendo persino se il Seguace fosse assetato, visto il suo tanto parlare.

Kiro era corso da loro fuori di sé dallo sconvolgimento, mentre Yalo per poco non cadeva dal bancone, per quanto si era sporto - e se non cadeva lui, lo avrebbero fatto i suoi occhi, tanto li aveva spalancati. Anche Fratelo Risse si era ammutolito.

“Hinni!” Lo aveva chiamato Kiro, agguantandolo da un gomito, “cosa fai, mio tesoro?” 

Hinni era sembrato genuinamente perplesso dalla domanda. “Offro dell’acqua a Fratello Risse, è qui da molto.”

Fratello Risse che intanto si era scosso e li guardava ora in cagnesco. Kiro contraccambiò con tutto il suo astio.

“Vieni via, Hinni. Torniamo dentro.” Istintivamente, sospinse Hinni dietro di sé, proteggendolo dallo zelota.

Fratello Risse riprese le ingiurie, mentre Kiro si trattenne dal saltargli addosso verbalmente solo perché non avrebbe mai dato priorità a quell’individuo piuttosto che a Hinni.

“Hinni, porta l’acqua quassù! Vieni a bere un po’ di tè!” Arrivò dall’alto, dove Yalo ancora giocava all’equilibrista sul balcone.

Di fronte alla richiesta di entrambi, Hinni non si fece pregare e si lasciò trascinare da Kiro fino alla terrazza, dove Yalo li accolse con modi ben differenti.

Hinni fu fatto sedere tra i cuscini, una tazza piazzata subito in mano e una carezza tra i capelli biondi. Kiro venne fulminato sul posto da un “l’invito non era anche per te” per cui si rifiutò di sentirsi in errore.

I due ragazzi si guardarono, un tiro alla fune immaginario che durava da mesi. Eppure la tensione dovette piegarsi al fatto che, in quel caso, avevano sia un obiettivo che un nemico comune. Potevano seppellire l’ascia di guerra per una notte.

Annuirono e si voltarono verso Hinni.

Fu Kiro il primo a prendere parola. “Mio tesoro, perché continui a essere gentile verso i Seguaci della Luna?” 

Facendo una pausa dal sorseggiare il suo tè, Hinni lo guardo rispecchiando la sua stessa confusione. “Perché non dovrei essere gentile?”

“Perché sono cani bastardi con la rabbia da sopprimere.”

Yalo gli tirò un calcio sul polpaccio, facendolo sobbalzare, e anche Hinni lo guardò con disappunto.

“Sono persone,” disse quest’ultimo.

“Sono cattive persone,” puntualizzò Yalo. Sollevò le mani. “Sì, magari non tutti sono così, e c’è qualcuno di buono, ma la maggior parte è crudele e ci tratta come se fossimo inferiori a loro. Quello qua sotto in particolare. Non ti dà fastidio?”

Hinni prese un altro sorso di tè, gli occhi che sondavano la bevanda scura. “Non ascolto le loro parole. E in passato conoscevo un Seguace, Fratello Miran, che ha creduto in me quando nessuno lo faceva e mi ha dato un’opportunità. Gli devo, se non la vita, almeno il rispetto verso i suoi Fratelli.”

Kiro non si trattenne oltre. “Farsi insultare non è portare rispetto,” disse e si avvicinò per potersi sedere di fianco a Hinni. Prese una mano tra le sue, il sollievo di non vedersi rifiutare fu corroborante. “Se Fratello Miran fosse qui, probabilmente si vergognerebbe di suo Fratello.”

Yalo annuì. 

Hinni strinse la mano di Kiro, concedendogli un sorriso dolce che valeva più di mille “ti capisco”. Però, poi, disse: “Io non giudico la loro fede. Non mi piacciono le parole che dicono, ma mi basta non ascoltarle. Per il resto, Fratello Risse mi ricorda Fratello Miran e la sua gentilezza nei miei confronti, così mi viene naturale essere gentile a mia volta.”

In quel momento, dalla strada, la voce di Fratello Risse si sollevò in commenti davvero poco gentili.

Guardarono tutti e tre di sotto, Yalo con espressione fredda e ostile, Kiro con una smorfia disgustata e Hinni sorridente e persino agitando la mano in un saluto.

“Non so come tu faccia a non ascoltare le sue parole, ma io non ci riesco,” disse Yalo, alzandosi in piedi. “Andiamo a finire il tè nel soggiorno ovest?”

Il soggiorno ovest era dall’altra parte dell’edificio. Nessuno degli altri due trovò nulla da obbiettare.


COWT14

Apr. 5th, 2025 08:07 pm
 

Settimana: 5

Missione: M2

Prompt: 14 Exit 12

Titolo: Segreti in equilibrio

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: a fine racconto il meme che lo ha ispirato


Il brutto di avere una cotta stratosferica è che se tale cotta ti dice “sali e guida”, tu sali e guidi. Sam non ha chiesto cosa ci faceva Cas nel suo vialetto di casa, dove dovevano andare, perché dovesse essere proprio lui a guidare, che anno fosse e altre inezie simili, sebbene l’essere stato buttato giù dal letto alle cinque del mattino non lo ha reso abbastanza lucido da perorare la causa. 

Cas lo ha svegliato con un’energica scrollata e un sorriso abbacinante, lo ha fatto alzare, lo ha aiutato a vestirsi - e per un terrificante momento Sam ha creduto di stare ancora sognando e che gli fosse permesso allungare le mani - e gli ha ficcato un muffin in bocca. Poi lo ha abbracciato, caldo e morbido e profumato di ammorbidente, mormorando “buongiorno” nel suo orecchio e lasciandogli un bacio sulla tempia. Quando si è ritratto dall’abbraccio, Sam aveva in mano le chiavi della sua station wagon.

Cosa avrebbe dovuto fare? (chied) Si è messo in auto e ha guidato.

Cas gli ha fornito come indicazione un generico “vai verso l’autostrada” e, seduto sul sedile del passeggero, ha tirato fuori dallo zaino il proprio pc.

Il pc di Cas ha la straordinaria capacità di funzionare in qualsiasi condizione, nonostante abbia più bozze e graffi della station wagon e Sam non l’abbia visto in carica una volta sola in vita sua. Deve ricavare energia dall’etere e dagli sticker dei Pokémon attaccati sul dorso, un po’ come il suo proprietario.

Cas si è messo subito a smanettare alla tastiera, finestre e righe di codice che comparivano una dietro l’altra sul desktop.

Dopo una decina di minuti di guida, Sam è abbastanza sveglio da cominciare ad avere bisogno di qualche risposta.

“Dove stiamo andando?”

“In autostrada, verso la A34.” 

“Cas, cosa sta succedendo?”

Cas mette la mano sopra la sua sul cambio manuale, una stretta delicata. Si sporge verso di lui e gli lascia un altro bacio, questa volta sulla guancia. “Va tutto bene, non è successo niente di grave. Voglio solo farti una piccola sorpresa.”

Per quanto Sam vorrebbe che fosse la normalità, non sono da lui, da loro, quelle effusioni. C’è effettivamente un campanellino d’allarme che risuona nella sua testa. è solo che la baraonda di festa per il bacio è molto più forte, quindi sta zitto e continua a guidare.

Quando entrano in autostrada e Cas lo istruisce di rimanerci per almeno cinquanta chilometri, Sam riprova a chiedere dove sono diretti. Riceve un altro bacio come risposta e si zittisce.

Alla terza volta, comincia a intravedere uno schema. Il desktop di Cas lo inquieta sempre di più, con file criptati e una pipeline di sicurezza alquanto lunga. Accetta il bacio sulla guancia e la carezza sulla mano, ricambiando persino, ma poi passa al contrattacco.

“Cas, ho bisogno che mi dici qualcosa di più, sorpresa o non sorpresa.”

“Ti fidi di me?”

“Mi fido che non mi stai facendo guidare fino al posto dove mi ucciderai e seppellirai, non è questo che mi spaventa. Ma ho comunque paura di te. Dimmi qualcosa o accosto su una piazzola d’emergenza.”

Cas tenta un’ultima disperata coccola. 

Sam si sforza di non impanicarsi per quella questione, per la sua cotta che probabilmente è stata scoperta e viene usata come strumento di manipolazione - o, se non la sua cotta, certamente il suo debole per un Cas affettuoso e propenso al contatto fisico. È un problema per dopo.

Fortunatamente, basta che faccia segno di accendere una freccia per sbloccare Cas.

“Ok! Ok! Ti dico dove andiamo, ma prima promettimi che non inchioderai in mezzo all’autostrada.”

Preoccupante. Sam fa appello all’autocontrollo di cui non di rado si vanta e promette.

“Stiamo andando alla base segreta della Lega dei Supereroi.”

A favore di Sam, effettivamente non inchioda. Per contro, si lancia sulla prima rampa di uscita che vede, tagliando due corsie e rischiando un incidente stradale di proporzioni gravissime. I rumori dei clacson e l’urlo di Cas è un sottofondo flebile paragonato alla sua voce interiore che urla “la base segreta!”. 

La sua voce interiore è quella di suo padre, Dark Shadow, e suona vittoriosa più che mai.

“Hey! Sam! Ma sei impazzito?”

Sam stringe con forza il volante cercando di calmarsi mentre si avvicina al casello. “Sei tu impazzito? Come ti viene in mente di portarmi a…” non riesce neanche a dirlo, “... in un posto del genere.”

Cas sta ancora arpionando lo sportello con una mano, l’altra stringe a sé il computer. Computer che ancora va tranquillo, nonostante l’ennesima botta che deve aver preso.

“Te ne ho parlato. Ti avevo detto che, ora che conosci il mio alias, gli altri supereroi avrebbero voluto fare un controllo su di te e conoscerti di persona.”

Sì, certo, ed era stato un colpo. Cas era Little Giant. Il suo amore era un vigilante mascherato. Peggio di tutto, i suoi amici in calzamaglia avrebbero passato i suoi files al setaccio, con un rischio potenziale di scoprire la sua di identità segreta da capogiro e nausea costante.

Sam si era aspettato una visita in casa sua, magari nel cuore della notte, e aveva eliminato qualsiasi dispositivo compromettente. Non si era aspettato di certo di venir portato direttamente nel cuore del territorio nemico.

“Non devi essere preoccupato, vogliono solo conoscerti.” 

Cas non poteva capire: la parte analitica di Sam, indipendentemente dalla sua bussola morale, aveva già ristretto l’area in cui la base segreta si potesse trovare. I vari frames che aveva visto passare sul desktop di Cas? Livelli di sicurezza, appuntati. Password e requisiti d’accesso, appuntati. Tutte informazioni catalogate con cura. E se solo suo padre lo avesse scoperto…

Cas gli intimò di rientrare in autostrada. Sam lo fece solo per poter fare marcia indietro.

“No, dobbiamo andare verso-”

“Non mi dare altre informazioni!” Avrebbe voluto urlare Sam, che invece dovette ripiegare su un semplice “torniamo a casa.”

“Sam…”

“No, Cas, non voglio incontrarli.”

“Ma perché? Succederà comunque, in un modo o nell’altro. Così ci sarò anch’io e non permetterò che-”

Sam sentiva di poter schizzare fuori dalla propria pelle e non riusciva a concepire come Cas non sospettasse il pericolo. “Davvero puoi portare chiunque nella base segreta della Lega dei Supereroi? E se fossi una minaccia?”

Cas cambiò tono, scendendo a una serietà solenne. “Non sei chiunque, sei Sam. Mi fido di te. Non affiderei questo segreto a nessun altro.”

Altro che capogiri e nausea costante. Sam meritava di venir preso in pieno da un’auto-cisterna. 

Si prese il tempo di un respiro, un lungo respiro a pieni polmoni per fare chiarezza nella propria testa. Non poteva farsi portare alla base segreta, dire il motivo per cui non voleva andarci,rivelare la propria identità segreta e tradire la fiducia di Cas. Poteva invece guidare fino a casa, dimenticarsi di quella mattina e ripagare la fiducia di Cas con qualsiasi cosa volesse. E poteva mettere la coscienza a tacere mentre gli raccontava balle, per non perderlo.

“Io non me la sento, Cas. Già ho il terrore di metterti in pericolo solo dicendo una parola sbagliata alla persona sbagliata, in un momento di distrazione. Conoscere anche altre informazioni sulla Lega dei Supereroi? Già mi immagino gli incubi, io che commento il colore di una action figure con quello del costume vero e parte una catena che porta allo smascheramento universale.”

Cas aveva cambiato espressione, con gli occhi bassi e le spalle arrese sul sedile. Tirò su un solo angolo della bocca, in un sorriso dispiaciuto. “Ora stai esagerando.”

Sam sapeva di aver già vinto. “Per favore, non c’è un altro modo? Immagino che l’agenda di un supereroe sia pienissima, ma non possono trovare cinque minuti per farmi visita loro?”

Cas sospirò. “Mi dispiace averti forzato in questo modo. Hai ragione, possiamo trovare un’altra soluzione. È solo che… l’idea di mostrarti dove lavoro, tutti i gadget fighi che posso usare, mi piaceva. Ma non a costo di farti vivere con più ansia di quella che ti ho già messo addosso.”

Sam detestava che si autoincolpasse della situazione, ma non c’era altro modo.

Viaggiarono per qualche momento in un silenzio pregno di biasimo verso sé stessi, poi Cas si sporse verso di lui, ancora una volta, per lasciargli un bacio all’angolo delle labbra. Fu il più lungo di tutti e il più delicato.

“Posso offrirti la colazione per farmi perdonare?”

“È per questo che lo faccio,” si disse Sam. Per quel piccolo ritaglio di deliziosa normalità nel buco nero che era la sua vita.

“Abbiamo già fatto colazione,” gli ricordò, ma mentalmente stava già vagliando la mappa in cerca del diner più vicino.

“Non come si deve. Parlo di torri di pancakes e milkshake alla frutta.”

Sorrise. “Se proprio insisti,” disse e guidò entrambi verso una più rassicurante e superhero-free quotidianità.


COWT14

Apr. 5th, 2025 08:09 pm
 

Settimana: 5

Missione: M2

Prompt: 15 Uno Card

Titolo: Ritirate strategiche

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: a fine racconto il meme che lo ha ispirato


I musei seri, quelli che davvero tenevano alle proprie opere d’arte, avevano porte blindate. Non importava il costo.

Anche il sistema d’allarme più sensibile al mondo, una volta scattato, non può fare niente sul piano pratico per fermare un ladro che si porta via quadri da mezzo milione d’euro l’uno. Soprattutto se quel ladro è anche telecineta. Una porta chiusa? Ridicola. Una saracinesca? Cinque per l’impegno, ma comunque insufficiente. Una porta blindata con acciaio rinforzato? Quella sì che era una sfida.

Domino si stava giusto impegnando nel piegare il metallo dei cardini, quando questa esplose verso l’interno con un boato perfora-timpani. Sfortunatamente, non ne era stato lui il responsabile.

Little Giant superò la porta divelta piegandosi sotto l’arco, per poi ergersi in tutti i suoi tre metri e mezzo di altezza.

Il tempo era scaduto.

Domino avrebbe potuto scagliargli contro i resti della porta, i vetri delle bacheche o anche le opere d’arte stesse, sperando di infilzarlo da qualche parte. Non era un bersaglio difficile da prendere. Alla luce delle sue recenti scoperte, però, dovette mollare la refurtiva e darsi alla fuga verso il lucernario.

Una scarica di detriti invece seguì lui, scagliati alla stregua di una palla da baseball e, purtroppo, facendo strike.

§

Durante un scontro nella rete metropolitana della città, Little Giant non era la risorsa migliore da chiamare, visto il poco spazio a disposizione. Evidentemente, quella volta la Lega dei Supereroi doveva essere a corto di personale disponibile.

Domino imprecò tra i denti, mentre fu costretto almeno a simulare un attacco nei confronti dell’eroe, incastrato nella galleria di uno dei binari. Sia per evitare l’attacco, che per liberarsi della sua condizione, Little Giant dovette tornare a misura d’uomo, parandoglisi davanti in posizione di guardia. 

No, davvero, non c’era nessun altro con cui poteva combattere? Domino schivò un paio di colpi, ma dovette incassarne molti di più, soprattutto quando alla battaglia si unirono Ravage e la polizia. Durò dieci secondi buoni, nel precario equilibrio di non colpire troppo forte Little Giant, difendersi, dissimulare il fatto che non si stesse davvero impegnando nel colpire Little Giant, difenderlo dai colpi di Ravage, non far capire a Ragave che lo stava difendendo e schivare ogni maledetto proiettile che quegli idioti in divisa stavano sparando dentro una galleria. Dieci secondi, poi Little Giant lo colpì con un pungo al petto, probabilmente incidendogli la forma delle nocche nello sterno a vita. Dolorante, si ritirò nei tunnel.

§

La Mild Tower era alta più di duecento metri e il suo tetto non era agibile per elicotteri con un peso superiore alle tre tonnellate. Domino lo sapeva bene, aveva controllato. Nessun peso oltre le tre tonnellate o la sicurezza di tutte le persone sotto di loro sarebbe stata a rischio. 

E allora perché, in nome di tutto ciò che era giusto, Little Giant era stato mandato lì? 

Domino guardò Dark Shadow dietro la console dell’antenna parassita, che faceva gesto furiosamente di spingere il supereroe giù dalla Mild Tower. Poi guardò Little Giant, il cui petto si alzava e abbassava furiosamente per la corsa su per le scale che doveva essersi fatto. Raggiungeva i due metri pieni, ma non sembrava voler crescere più di così, timoroso forse di perdere ancora più energie o di essere un bersaglio più facile da scaraventare giù.

Domino contemplò per un solo, serio momento, di gettarsi lui di sotto. I suoi poteri lo avrebbero salvato. Poi, con un sospiro, si scagliò contro a Little Giant come un martire suicida su una bomba.

§

Sam si tolse la canotta con una lentezza ridicola e, anche così, dovette fermarsi più volte e soffocare i gemiti nel cotone. Si guardò allo specchio. Aveva il torso puntellato di contusioni e lividi, sembrava un maledetto gioco di “collega i puntini”.

Si voltò di schiena. Da dietro era anche peggio. 

Prima che potesse recuperare il barattolino d’arnica e pensare di spalmarsela addosso con il numero minimo necessario di movimenti, la porta di camera sua si spalancò.

Suo padre comparve sull’uscio e non si fece problemi ad entrare. Non lo vedeva così incazzato da quando i vicini, i Gallagher, avevano prestato loro per sbaglio delle pasticche di colorante alimentare invece che di cloro per la loro piscina, e lui era diventato blu. 

Gli guardò la schiena. Si fece ancora più scuro in volto. Tornò a fissare lui attraverso il riflesso dello specchio, assolutamente oltraggiato.

“Si può sapere cosa diavolo ti prende?”

Sam sospirò. Sentiva di non avere le forze per quella battaglia, ora.

“Di cosa parli, papà?”

Suo padre gesticolò verso i suoi lividi, incredulo. “Sono due settimane che ti fai bastonare come un cane!”

“Capita di ferirsi sul campo.”

“Non prendermi in giro, ragazzo! Ti ho addestrato io, conosco i tuoi limiti. Non è da te farti battere così e, da quel poco che ho visto di persona, non ci stai neanche provando! Che cosa succede?”

“Succede che il mio ragazzo è Little Giant, papà,” considerò di rispondergli, “lui non lo sa che io sono Domino, ma io so che lui è Little Giant. Come faccio a fargli male, ora?” Sarebbe stato molto liberatorio. La faccia di suo padre sarebbe stata esilarante. Ma sarebbe stato anche un disastro di proporzioni epiche, e la fine della sua relazione probabilmente.

Così, disse la prima scusa che gli venne in mente.

“È la sindrome premestruale.”

Si chiuse in bagno con le urla di suo padre che ancora facevano tremare le pareti.


COWT14

Apr. 5th, 2025 10:25 pm
 

Settimana: 5

Missione: M3

Prompt: Viaggio

Titolo: Verso Pianpane

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: Drabble


Il treno correva sui binari ad una velocità pigra, senza fretta. Doveva essere mezzo vuoto, o almeno non ospitare nessuna figura di spicco, prepotente nel suo voler risparmiare tempo. 

Non-ti-scordar-di-me guardò fuori dal finestrino. A lui non dispiaceva viaggiare con lentezza, apprezzava del tempo per sé, per stare fermi, pensare o solo godersi il panorama.

Fuori da finestrino, la campagna di Sogno veniva accarezzata dal vento con dolcezza, facendo oscillare l'erba in un effetti ipnotico affascinante. In lontananza, sulla cima di una bassa collina, la stazione di Pianpiane attendeva di accoglierlo appoggiata ad una collina come una madre paziente.


COWT14

Apr. 5th, 2025 10:26 pm
 

Settimana: 5

Missione: M3

Prompt: Viaggio

Titolo: Miraggio

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: Drabble


Miraggio non spegneva mai le sue luci, il Luna Park era sempre ben visibile a chi si avventurasse verso la sua stazione. Mentre il treno procedeva su binari senza lampioni e tutt'intorno si poteva scorgere solo una vaga forma della campagna, con il mare di stelle sopra di loro che si facevano timide in quel punto di cielo, Miraggio era il più terribile faro nell'oscurità che Non-ti-scordar-di-me avrebbe mai visto in vita sua.

Tirò le tende nella sua carrozza, chiudendo quell'incubo abbacinante fuori dalla sua piccola bolla. Mancavano ancora trenta minuti all'arrivo e li avrebbe sfruttati.


COWT14

Apr. 5th, 2025 10:26 pm
 

Settimana: 5

Missione: M3

Prompt: Viaggio

Titolo: Valle Ombra

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: Drabble


Prendere il treno verso Valle Ombra poteva voler dire solo tre cose: avevi un forte desiderio di morte, eri la Regina di Spade in persona o eri invischiato con la Magia delle Ombre - che poi era la stessa cosa di avere un forte desiderio di morte, se non peggio.

Non-ti-scordar-di-me avrebbe voluto essere l'eccezione: non era la Regina di Spade, né voleva morire. Purtroppo non poteva negare anche la terza opzione.

Seduto nella carrozza vuota, di un treno altrettanto vuoto, sentì di essere ad un passo dal perdere sé stesso. Quando cominciarono a perdere velocità, disse addio al mondo.


COWT14

Apr. 5th, 2025 10:27 pm
 

Settimana: 5

Missione: M3

Prompt: Viaggio

Titolo: Un salto nel vuoto

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: Drabble


Arrivare a Sogno era sempre un'esperienza particolare, un viaggio breve ma intenso. Per quante volte si infilasse in quel tombino, Mattia non aveva ancora smesso di sentirsi a disagio. Spiacevole era anche la caduta, paradossalmente lunghissima, immersa nel buio più assoluto e in assenza di rumori. Si era davvero soli, con i propri pensieri in testa e la gravità. E proprio quando eri sicuro che saresti potuto impazzire là sotto, la caduta si fermava. L'oscurità si diradava in un fumo pesante, poi in un nebbia leggera. Infine, dalla nebbia spuntavano le forme della stazione di Valle Ombra, deserta.


COWT14

Apr. 5th, 2025 10:27 pm
 

Settimana: 5

Missione: M3

Prompt: Viaggio

Titolo: Verso il deserto

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: Drabble


Non si poteva soffrire il caldo come un cucciolo di volpe invernale e decidere allo stesso tempo di intraprendere un viaggio per le Rive Meridionali. Erano proprio due cose inconciliabili. Ailo lo sapeva bene. Eppure eccolo lì, a bordo dell'Avventurosa attraccata al porto di Sicca, ad imbarcare sabbia invece che acqua. Il vento era forte, torrido e sollevava mucchi di polvere come se si divertisse. Il raggi del sole erano talmente forti da poterli sentire sulla pelle. come se fossero materiali. 

La carovana li attendeva.

Nell'entroterra era peggio, gli avevano detto. Nell'entroterra, Ailo era sicuro sarebbe morto.


COWT14

Apr. 5th, 2025 10:28 pm
 

Settimana: 5

Missione: M3

Prompt: Viaggio

Titolo: Biblioteche tra i ghiacci

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: Drabble


Il prodotto più esportato delle Rive Settentrionali era il ghiaccio, e questa informazione bastava a inquadrare la regione. Ghiaccio, neve, freddo viscerale. Ne avevano in abbondanza, al nord. Peccato avessero anche le biblioteche più fornite di tutto il mondo conosciuto, con un conoscenza vasta quanto le loro tundre, cosa che li costringeva a intraprendere quel viaggio.

Ailo avrebbe di gran lunga preferito farsi spedire i libri, ma Kiro aveva insistito per poter vedere le biblioteche di persona. Dopo due settimane a bordo dell'Avventurosa, di cui una passata incagliati nei ghiacci, il suo amico non era stato più così entusiasta.


COWT14

Apr. 5th, 2025 10:28 pm
 

Settimana: 5

Missione: M3

Prompt: Viaggio

Titolo: Viaggio in nave

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: Drabble


Viaggiare per nave non era un'esperienza piacevole, non importava quanti agi riuscissi a infilare nella tua cabina personale. I capitani mentivano e i marinai avevano dimenticato cosa significasse "comodità" per quanta acqua di mare avevano ingerito nella loro vita.

Ailo si aggrappò ancor più stretto alle corde sulle pareti della sua cabina, mentre la nave rollava da una parte e dall'altra. Riuscire a spostarsi era un'impresa quasi più ardua di non vomitare. 

Un piccolo schianto di vetro lo fece guardare verso la sua scrivania. Un'altra delle sue boccette di profumo preferito, sacrificata per quella stupida ricerca.


COWT14

Apr. 5th, 2025 10:29 pm
 

Settimana: 5

Missione: M3

Prompt: Viaggio 

Titolo: Per tornare da te

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: Drabble


Kasar era ancora solo una macchietta appena più alta della costa, all'orizzonte, ma Ailo poteva già sentire il calore della pelle di Koa contro la sua, le sue braccia forti a circondarlo e il suo odore di erbe aromatiche. 

La nave sembrava improvvisamente così lenta, il vento pigro sulle vele afflosciate. 

Percorse il ponte superiore in lungo e in largo per tutta la mattina, occhieggiando la costa incessantemente. I marinai lo guardavano male, malissimo, se non fosse stato l'ospite di rango elevato qual era, sicuramente lo avrebbero gettato in mare. Che continuassero pure, lui stava per rivedere Koa.


COWT14

Apr. 5th, 2025 10:47 pm
 

Settimana: 5

Missione: M3

Prompt: Viaggio 

Titolo: Il Mare Stellato

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: Drabble


Il Mare Stellato aveva il particolare pregio di essere poco agitato. Il fatto che fosse sostanzialmente una conca rinchiusa tra le Rive sicuramente aveva la sua parte di contributo. Non di meno, i viaggi in mare erano particolarmente piacevoli e di rado succedevano incidenti. Viaggiare di notte, poi, aveva un fascino tutto suo: potersi specchiare sulle acque limpide e calme, uno specchio di stelle, era spettacolare. 

I Viandanti erano i suoi veri figli e di solcarne le acque ne avevano fatto uno stile di vita. Mai a riva per troppo tempo. Mai una dimora fissa. Mai qualcuno da chiamare casa.


COWT14

Apr. 5th, 2025 10:58 pm
 

Settimana: 5

Missione: M3

Prompt: Viaggio 

Titolo: Un modo di viaggiare inusuale

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: Drabble


Un viaggio a dorso di sirena. Quante persone potevano vantarsene nella storia dell'umanità? Quello era davvero l'unico motivo che aveva spinto Alexis ad accettare l'offerta di Meraki. 

Vestito con la muta, bombola dell'ossigeno in spalla, maschera e boccaglio al loro posto, Alexis si era lasciato guidare in una posizione comoda per Meraki, alle sue spalle. Aveva le braccia avvolte attorno al suo collo e le ginocchia premute contro le ossa del bacino.

Meraki gli aveva assicurato che non sarebbe stato un peso - eccessivo. 

Alexis non poteva fare a meno, comunque, di sentirsi un po' uno zainetto.


COWT14

Apr. 5th, 2025 11:09 pm
 

Settimana: 5

Missione: M3

Prompt: Viaggio 

Titolo: Lo zaino da viaggio

Fandom: Genshin Impact

Rating: sfw

Warning: /

Note: Drabble


Inserite nello zaino anche le ultime cose, Bennett valutò che forse si era caricato troppo. Le cerniere erano in evidente fatica e lo zaino sembrava avere proprio intenzione di esplodere, come se a prepararlo fosse stata Klee. Ne saggiò il pesò sulle spalle. Sì, decisamente troppo carico. Non sarebbe riuscito ad uscire da Mondstadt, figurarsi arrivare alla città di Liyue. 

Selezionare cosa fosse davvero essenziale per il viaggio gli richiese un'altra ora, ma alla fine fu soddisfatto del risultato - e le sue spalle, soprattutto, gli furono grate. Poteva partire. 

Non vedeva l'ora di imbarcarsi in quella nuova avventura.


COWT14

Apr. 5th, 2025 11:26 pm
 

Settimana: 5

Missione: M3

Prompt: Viaggio 

Titolo: Viaggio di gruppo

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: Drabble


Cosa c'era di peggio che andare in viaggio con la tua famiglia, la tua cotta e la famiglia della tua cotta? Immaginatevi di aggiungere un pentolone di superpoteri e, soprattutto, bussole morali che puntano in direzioni opposte.

La tua famiglia di criminali geneticamente avanzati, la tua cotta che è un angelo sceso in terra in spandex e volto mascherato e la sua famiglia di supereroi abbonati alla Lega.

Sam dubitava sarebbe tornato a casa con le coronarie ancora intatte. 

Tutti quegli strati di segreti lo avrebbero fatto diventare matto. Aveva accettato di morire così solo per vedere Cas in bermuda.


COWT14

Apr. 5th, 2025 11:36 pm
 

Settimana: 5

Missione: M3

Prompt: Viaggio 

Titolo: Viaggio nello spazio (di una dormita)

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: Drabble


"Siete pronti a viaggiare nello spazio?"

Sam guardò lo stuart all'ingresso del planetario con caustica neutralità.

"Sono pronto a dormire per un'ora," disse a voce bassa, per non farsi sentire dal personale. Cas, invece, al suo fianco, sentì tutto e rise sotto i baffi. 

I gemelli erano già scattati all'interno e si erano impadroniti di due poltrone. Avevano un aspetto davvero invitante, quelle poltrone. Sam ci affondò con un sospiro, apprezzandone la morbidezza.

Le luci in sala calarono del tutto, una voce registrata partì insieme alla proiezione della volta celeste.

Il suo viaggio nel sonno poteva cominciare.


COWT14

Apr. 5th, 2025 11:50 pm
 

Settimana: 5

Missione: M3

Prompt: Viaggio 

Titolo: Compagno di viaggio

Fandom: Genshin Impact

Rating: sfw

Warning: /

Note: Drabble


Per quanto i Cavalieri di Favonius garantissero una certa sicurezza in tutte le terre di Mondstadt, viaggiare attraverso la Foresta del Lupo poteva essere pericoloso se non si aveva rispetto del padrone di casa e dei suoi discendenti. Bennett lo aveva imparato a sue spese, purtroppo.

Questa volta, però, si era premunito di una guida d'eccellenza. 

Razor era un compagno di viaggio silenzioso ma interessante, e metteva Bennett di buon umore. Ancora meglio, lo faceva sentire realmente al sicuro. 

Si muoveva con una naturalezza impressionante.

Bennett non poteva dirsi un lupo, ma forse un amico di un lupo sì.


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