COWT14

Apr. 11th, 2025 11:14 am
[personal profile] nemi23
 

Settimana: 6

Missione: M1

Prompt: 1° o 2° persona, chiaroveggente

Titolo: Un insolito posto di lavoro

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: /


Lessi l’indirizzo sul post-it. Guardai l’edificio di fronte a me. Lessi di nuovo il post-it. Guardai l’edificio, i numeri civici sulle colonne all’ingresso, la targa con l’indirizzo della via all’angolo di strada appena superato. Controllai anche google maps, se avessi inserito l’indirizzo correttamente. Tornai a guardare l’edificio, il post-it, l’edificio.

Un palazzone di quelli classici, imponenti e regali, che alle grandi aziende piaceva rimodernare e usare come sede centrale. Già attraverso le finestre e le porte girevoli all’ingresso si potevano intravedere uffici ultramoderni e una hall che trasudava “finanza” da ogni quadratino d’intonaco. 

Nella top ten dei posti dove non avrei cercato una chiaroveggente, quello era sicuramente tra i primi tre, forse persino più in alto del palazzo del governo. 

Eppure l’indirizzo sembrava corretto.

Tentai un primo approccio vago, ciondolando davanti l’ingresso. La guardia - l’usciere? il pinguino? - mi squadrò subito come un insetto indesiderato nell’orto. I jeans strappati e la felpa larga non dovevano avergli fatto una buona impressione, abituato come doveva essere alle camicie e ai tailleur.

Entrai solo per evitare di rimanere sotto quello sguardo indagatore più a lungo del necessario.

Nella hall c’erano tappeti, divanetti dall’aria costosa, lampadari di cristallo in stile art déco e una scalinata in marmo a dir poco eccessiva. C’erano anche una fila di receptionist dietro un lungo bancone che mi guardavano con il punto interrogativo negli occhi.

Mi avvicinai ad una di loro, provando un sorriso educato. 

“Buongiorno,” dissi, “è questa-” per fortuna notai in tempo il nome dell’azienda scritto a caratteri cubitali dietro la signorina e mi corressi, “ho un appuntamento con Diana Altea.” 

Ero pronto a sentirmi dire di aver sbagliato posto, girare i tacchi e uscire, invece la receptionist annuì, smanettò sulla tastiera per qualche secondo e annuì di nuovo.

“Prenda l’ascensore da quella parte,” indicò un lato della hall, da dove cominciava un corridoio, “salga all’ottavo piano. L’ufficio della signora Diana si trova sul lato nord, corridoio B.”

Ringraziai, ancora perplesso di essere nel posto giusto, e seguii le istruzioni. Le occhiatacce continuarono per tutto il tragitto, praticamente ogni persona che incrociai si fece la mia stessa domanda: “Cosa ci facevo lì?” Ma nessuno mi fermò.

Vagai nel corridoio fino a trovare apparentemente la giusta targa. Lessi il nome inciso sulla lastra di vetro opaco. Guardai l’ufficio. Era il più grande del piano, faceva angolo. Lessi di nuovo la targa.

Sarei rimasto ad interrogarmi lì fuori per altri dieci minuti, scosso dal dubbio viscerale di bussare o meno, se nonché la porta si spalancò per lasciare affacciare una donna.

Era alta nei suoi tacchi, elegante in un tailleur color crema e stupenda con i lunghi capelli mossi lasciati liberi sulle spalle. Era ben diversa dalla prima e ultima volta in cui l’avevo vista, rannicchiata sull’ambulanza e avvolta da una coperta anti-panico.

“Jo, sei in ritardo,” disse Diana e mi tirò dentro all’ufficio per un braccio.

Farfugliai un saluto, forse anche una mezza spiegazione, mentre ancora tentavo di accostare le due immagini che avevo di lei.

Diana si sedette sulla poltrona girevole dietro l’ampia scrivania di vetro, facendomi segno di accomodarmi su una poltroncina di fronte a lei. Spostò documenti, faldoni e tastiera per lasciare dello spazio libero sul tavolo tra di noi, poi aprì un cassetto e ne tirò fuori un mazzo di carte. Lo appoggiò sulla scrivania.

Erano carte usurate dall’utilizzo, in uno stile arzigogolato e dai colori intensi, scuri. In quel luogo, stonava tanto quanto me.

“Facciamo in fretta, ho un meeting fra dieci minuti.”

Certo, un meeting. 

“Che lavoro hai detto che fai?”

Diana mi guardò male, intimandomi con un gesto secco di sedermi, così da cominciare la lettura.

Cinque minuti dopo, uscii dall’ufficio più confuso di come ci ero entrato, con un nuovo appuntamento per approfondire la questione: a detta di Diana, le carte non si erano mai state così poco chiare prima e voleva andare in fondo alla questione. Non ero sicuro di volere la stessa cosa. Le prove che ero stato morto in passato cominciavano ad accumularsi e non avrei potuto chiamarle coincidenze o errori ancora per molto.


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