COWT14

Mar. 8th, 2025 07:39 pm
[personal profile] nemi23
 

Settimana: 1

Missione: M2

Prompt: 2. “Entrò nella stanza chiedendosi perché lo stesse facendo.”

Titolo: Il giusto prezzo

Fandom: Originale

Rating: sfw

Warning: /

Note: /


Ailo entrò nella stanza chiedendosi perché lo stesse facendo.

Il giardino pensile di Casa Cladia era all’aria aperta solo all’apparenza. Una cinta di mura ben nascosta dai cespugli circondava tutto il terrazzo, con una cupola di vetro a placche che li rinchiudeva tutti in una bolla dall’atmosfera intima e calda. Umida anche, a detta di Ailo, che avrebbe aperto volentieri più di una finestra per far entrare la brezza marina.

La colazione era già cominciata, con gli ospiti che si aggiravano pigri sotto agli alberi d’agrumi in fiore, piluccando dai tavoli. Le tovaglie e i cuscini candidi andavano a braccetto con i petali degli aranci e dei limoni, un bianco fresco interrotto solo dal luccicare dell’argenteria e dai colori variopinti del cibo. I dolci erano davvero invitanti, ricolmi di confetture. 

Fossero stati solo lui e i servi, sarebbe stata un’ottima mattinata. Invece la compagnia dei più abbienti abitanti di Rea Marina divenne opprimente dopo appena tre passi. Il suo ingresso in scena non era passato inosservato.

Ricordandosi la promessa che suo padre gli aveva strappato, Ailo si costrinse a sorridere, a scambiare saluti e domande di cortesia, a intrattenere due minuti di conversazione con i padroni di casa prima di approfittare del loro cibo. Ormai era troppo tardi per tornare indietro. Nonostante ciò, si pentiva di aver accettato di presentarsi ogni secondo in più che passava in quel giardino.

Si riempì la bocca di tartine, con la speranza di venir ritenuto troppo occupato per parlare. Se fosse rimasto meno di un’ora sarebbe stato considerato oltremodo villano. Due ore? Affrettato, ma con un paio di accenni ad affari urgenti ben piazzati poteva cavarsela. Se doveva resistere due ore lì, però, avrebbe fatto bene a trovare un porto sicuro in cui nascondersi.

Valutò le opzioni, guardandosi intorno. 

C’erano un paio di colleghi di suo padre, con cui avrebbe potuto parlare un po’ più liberamente. Nondimeno, avrebbe dovuto parlare.

L’alchimista da poco arrivato in città sembrava intenzionato a schivare il sociale ciarlare tanto quanto lui. Avrebbero potuto fare gli isolazionisti insieme, a patto di sopportare le occhiate imbarazzate e il silenzio pregno di disagio.

Mastro Parshi era probabilmente la scelta più saggia: preso com’era a scarabocchiare schizzi a carboncino di ciò che lo circondava, sarebbe stato un’ottima copertura. Ailo avrebbe solo dovuto avvicinarglisi abbastanza e muovere la bocca ogni sei o sette minuti.

Bene, ecco il suo porto sicuro. 

Afferrò un bicchiere di succo d’arancia speziato e aggirò il tavolo verso il venerando naturalista. 

Fu intercettato, suo malgrado, a metà tragitto e da una figura che non avrebbe potuto liquidare con due stupidaggini.

“Buongiorno, Ailo,” disse la sua matrigna, prendendolo rapida sottobraccio, in una navigata mossa da predatrice sociale.

“Lidia”. Ailo provò a continuare nel suo tragitto, ma Lidia aveva puntato i piedi e costrinse entrambi a fermarsi in mezzo al giardino. 

“Sono felice che tu sia riuscito a passare, questa mattina”.

“Felice che tu sia felice”. Ailo non provò neanche a suonare sincero, ma Lidia non badò al suo tono ironico.

Con un aggraziato gesto di ventaglio, si parò gli occhi cristallini dai raggi del sole. “Che ne dici di andare all’ombra? Mi verrà mal di testa a forza di strizzare gli occhi”.

“Tu vai pure, io ti raggiungo più tardi. Prima ho promesso a Mastro Parshi di discutere di…”

“Oh, Ailo, non provarci neanche.” Un nuovo strattone lo smosse verso i parasole in un angolo. 

Per essere una striminzita bambolina, alta non più di una botte e mezza, quella ragazza aveva una forza in corpo impressionante. 

“Ho bisogno di un interlocutore che mi tenga impegnata per un po’”.

Suo malgrado, Ailo se ne stupì, preso alla sprovvista abbastanza da farsi sfuggire altri due passi nella direzione voluta da Lidia. Non era da lei schivare le attenzioni. Anzi, solitamente era una perfetta ospite, attenta e affabile, la perfetta compagna da portare sottobraccio agli eventi mondani - uno dei tanti motivi per cui suo padre l'aveva scelta.

“Eviti la conversazione? Dove sono finite le tue buone maniere?” La canzonò, cercando di nascondere la sincera curiosità.

Lidia sventolò di nuovo il ventaglio, a minimizzare la faccenda. Era un linguaggio che le veniva naturale. Faceva venire voglia ad Ailo di strapparle quella bacchetta di mano e usarla per mescolare il sidro.

“L’etichetta dovrà piegarsi alla praticità, in questo caso. Sage Rialto deve credere che mio marito mi racconti tutto delle sue gaffe in tribunale, quindi sii gentile: lancia un’occhiata alle tue spalle e ridi come se ti avessi appena raccontato la più ridicola delle sentenze emesse”.

Ailo la guardò in faccia. Ogni linea impeccabile del suo viso era affilata dalla serietà. Gettò un'occhiata alle sue spalle.

C'era Sage Rialto, effettivamente, dietro di loro; mangiucchiava una crostatina e fingeva di essere sovrappensiero - come se un pensiero più pesante del "sarà saggio farmi una cliente?" gli avesse mai attraversato la testa. Appena si accorse che Ailo lo aveva notato, girò su sé così velocemente da far svolazzare la blusa.

Ailo non gli dedicò altro tempo, tornando piuttosto sulla sua matrigna. “A che ti serve tenere un giudice per le palle in questo modo? Da che ricordo, Rialto è già sul libro paga di mio padre.”

Lidia fece un piccolo sorriso, poi li trascinò entrambi giù su un divanetto.

Ailo non si era veramente accorto che erano giunti all'ombra dei parasole.

Richiamando un domestico con il ventaglio - quel maledetto ventaglio - Lidia si fece servire della frutta fresca con panna e un thè speziato, ne sorseggiò qualche goccia e si godette l'attenzione per qualche secondo ancora. Appena Ailo accennò ad alzarsi, finalmente rispose.

"Voglio che sia anche sul mio, di libro paga. O meglio, sarà lui a pagarmi in favori, se non vuole che i pezzi della sua reputazione finiscano in ogni salotto della città, nelle mani esperte delle signore annoiate di Rea Marina”.

Le chiacchiere e le donne. C'era forse a questo mondo un'altra accoppiata apparentemente così innocua, in grado di distruggere un uomo con così poco sforzo? 

“Sai," disse Ailo, fregando una fragola dalla ciotola più vicina, "in momenti come questo quasi ti stimo. Poi ricordo che hai sposato un uomo con il doppio della tua età, che ti tratta come una vacca da fiera, per sicurezza economica e posizione sociale.”

Il piccolo naso di Lidia si arricciò in un'espressione davvero poco signorile. Arrivò persino a lanciargli un'occhiataccia. “Solo chi non ha mai conosciuto altro, parla della sicurezza economica con tanto disprezzo.”

Una risata sincera risalì il petto di Ailo, che non fece nulla per trattenerla. “Sei la figlia del proprietario di una modesta gioielleria, mia cara, non una lavandaia che dorme nella cesta dei panni. Io non avrò mai conosciuto la fame, ma non fingere che tu l’abbia fatto.”

Ecco la vera differenza tra loro due, si disse. Lui non fingeva di essere migliore di ciò che era. Ne si sarebbe mai svenduto per meno di quel che valeva. 

“Non mi scuserò per aver cercato di ottenere di più di quello che la vita mi offriva,” disse Lidia. 

Come se il vero problema fosse l'obbiettivo e non la maniera di raggiungerlo.

Ailo si mise la fragola in bocca. “Nessuno te lo chiede," disse, per poi gettare un'altra occhiata alle sue spalle.

Sage Rialto zampettava sul posto come se avesse un prurito in parti scomode e non potesse grattarsi in pubblico..

"Ecco, il tuo pollo è cotto a puntino." Si alzò in piedi. "Sono sicuro che ti darà ciò che vuoi."

Lidia provò a fermarlo con una mano, a parlare, ma Ailo fu più veloce di lei e "accidentalmente" le colpì il ventaglio con una mano, facendolo finire tra i suoi piedi. Il tempo che lei impiegò a chinarsi a raccoglierlo e lui era già sgattaiolato via. 

Girò intorno ai tavoli un paio di volte, senza mai fermarsi. Se continuava a camminare poteva dare l'impressione di starsi dirigendo da qualche parte e che non poteva fermarsi a parlare. Due giri di tavoli per pensare al fatto che interagire con la sua matrigna non faceva parte del patto con suo padre. Che, nel gergo del vecchio, questo era violazione di contratto e invalidava tutta la trattativa. Che non era più tenuto a star lì un'altra ora.

Si fermò di colpo, convinto e più rilassato di quanto non fosse stato in tutta la mattina. Prese un ultimo bicchiere di succo e un biscotto alle mandorle. Infine, puntò la porta da cui era entrato.

"Oh, Ailo Hannover! C'è giusto una persona che-"

"Sono spiacente, signora Varizia," stoppò la donna che si frappose tra lui e l'uscita, "non posso fermarmi a parlare. Mio padre mi attende. Vi spiegherà lui in un'occasione futura, ne sono certo."

Superò la matrona e le tre fanciulle al seguito. "Vi auguro una buona giornata!"

Con tre passi baldanzosi su per gli scalini del portico, si lasciò la bolla di cristallo alle spalle.


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