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2. lettera
Meraki dice che nel Mondo Profondo non si utilizzano carta e penna - ovviamente.
“E come scrivete?”
“Cosa è ‘scrivete’?”
La scrittura è una cosa di superficie, un modo per rendere immortali le parole, per ingannare il tempo e aiutare la memoria. Ma il popolo del Mondo Profondo sa che non esiste niente di immutabile e lo accetta. Tutto va e viene, come le correnti. La parola. La memoria.
“Ma senza scrivere, come comunicate a distanza?”
“Facciamo distanza più corta. E comunichiamo.”
Ed è davvero semplice come Meraki lo fa sembrare: niente connessione internet o cellulari, niente posta o giornali, niente radio; finché il messaggio può portarlo il mare, lo porta il mare, altrimenti ti avvicini tu.
“E se è urgente?”
Alexis si rende conto di quanto sia sciocca la domanda subito dopo averla posta. Non esiste ‘urgente’ nel Mondo Profondo, dove tutto si sposta e muta con lentezza, inesorabilmente ma senza fretta. I fondali si rimodellano alla velocità di un sassolino che si sposta. Le alghe crescono al ritmo delle foglie sugli alberi. Persino i vulcani danno in escandescenza con prevedibile costanza. E il popolo del Mondo Profondo segue quel ritmo placido e lo apprezza.
“Urgente significa… che richiede subito attenzione, che ti devi sbrigare, lasciare tutto e fare quello per primo” Alexis prova a spiegare e, come suo solito, cerca degli esempi per aiutare l’altro a capire “urgente è quando… quando un peschereccio cala la rete ed è urgente allontanarsi. Se mi chiamano e dicono ‘è urgente!’ Devo correre perché è importante.”
Meraki assapora la nuova parola sulle labbra, insieme alle goccioline salate rimaste lì aggrappate.
Alexis prova l’urgenza di leccarle via, ma è meglio se questo esempio lo tiene per sè. Un’altra ide, invece, comincia a formarsi nella sua mente.
“Quindi se è ‘urgente’” Meraki usa le parole nuove come se potessero scottargli sulla lingua, o come se credesse che Alexis potrebbe offendersi se commettesse un errore “tu lo ‘scrivete’?”
“Scrivi.”
“Scrivi. Tu lo scrivi?”
“Non sempre. Se è urgente e non può aspettare di essere detto a voce, allora lo scrivo. Scrivo un messaggio o una lettera, qualcosa che arriverà prima di me” e, poi “vuoi imparare a scrivere?”
Alexis spera dica di sì. Potrebbe essere un modo per iniziare a sdebitarsi, un altro piccolo laccio teso tra loro due. “Potrebbe tornarti utile, per leggere le scritte sulle navi o sui rifiuti finiti in mare, per evitare il pericolo.”
Un altro pensiero sciocco. Qualcuno come Meraki non ha bisogno di essere protetto da una nave o da una bottiglia di plastica vuota.
Eppure lui sorride, lento e pacato come il mondo da cui proviene, e si compiace della preoccupazione di Alexis.
“Mi insegni a scrivere? È difficile?”
“Non molto.” Alexis asseconda l’impulso entusiasta del momento e si mette a cercare una penna nello zaino di gomma. Non ha quaderni o carta con sè. Riesce a trovare uno scontrino di un buono scaduto del portafogli. Non ha neanche una penna però.
Frustrato, rigetta tutto nello zaino e stringe la chiusura impermeabile. Si guarda intorno, sulla spiaggia deserta all’ombra di una scogliera frastagliata. Dannatamente non inquinata, non ci troverà niente di utile.
Una mano fresca, umida richiama la sua attenzione poggiandosi sulla pelle nuda del polso, appena sotto la manica della muta - a Meraki non piace, non gradisce i tessuti di nessun genere, vorrebbe che la togliesse e Alexis sarebbe ben felice di accontentarlo, ma non è sicuro di poter rimanere a mollo in mare a novembre senza morire di freddo.
“Dimmi cosa cerchi.”
“Una pen-” inutile, probabilmente non sa com’è fatta. Con cosa può scrivere? “... Due sassi, uno appuntito e uno dalla superficie liscia.”
Meraki abbandona la spiaggia un momento dopo. Scompare con un guizzo argentato sotto la superficie, una nuvola che si getta in mare nel più silenzioso dei tuffi. Riemerge meno di un minuto dopo, trascinandosi di nuovo a riva e porgendo ad Alexis ciò che ha chiesto.
Alexis asciuga meglio che può i due sassi e prova a tracciare le prime linee. Sono chiare, ma si vedono.
“Questa” mostra il sasso a Meraki “è la lettera ‘a’. È la prima dell’alfabeto - l’alfabeto è l’insieme di tutte le lettere, serve per scrivere.”
“A” ripete Meraki, e un altro piccolo sorriso gli distende le labbra “Alexis.”
“Alexis, sì, è l’iniziale del mio nome.” E, in barba all’alfabeto, gira il sasso per disegnare una ‘m’. “Questa è l’iniziale del tuo.”
Meraki accarezza le lettere con lo sguardo, con la stessa curiosità con cui accarezzava lui i primi tempi. Poi tende una mano. “Voglio provare.”