![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Sequel/Spin off di “Una ricerca impegnativa”, pubblicata per il COWT12
Soulmate!Au (hai tatuato sul corpo le prime parole che ti rivolgerà la tua anima gemella)
Extra cacao, extra schiuma
Ok le frequentazioni easy, va bene il divertirsi un po’ prima di cercare l’anima gemella, ma ci mancava poco che quel tizio lo molestasse in mezzo alla strada. Oltretutto, Colin non aveva ancora accettato di fare un bel niente con lui.
“Quindi, mi dicevi, quest’estate andrai all’estero?” Provò a continuare quella conversazione, molto a senso unico in realtà, e al contempo a schivare il braccio determinato ad arpionargli il collo.
Pessima mossa, il braccio-arpione virò verso i suoi fianchi e tre dita riuscirono persino a intrufolarsi nella tasca dei jeans.
“Sì, sai, queste cose o le fai adesso o non le fai più.” Strizzata di dita. “Capisci cosa voglio dire, sì?”
No, non lo capiva e non aveva neanche voglia di farlo. “Certo,” cercò di sgusciare via dalla sua presa con un movimento di bacino che venne interpretato male, malissimo.
Andrew - si ricordava molto bene il suo nome e dubitava l’avrebbe dimenticato facilmente - lo strinse ancora più vicino, labbra a un soffio dall’orecchio e voce bassa. “Andiamo da qualche parte?”
“Volentieri!” Colin accolse la colonnina mobile all’ingresso della zona pedonale quasi commosso e si assicurò che li dividesse. “Che ne dici se ci prendiamo qualcosa in un bar?”
“Un bar?”
“Sì, offro io.” Ruotò la testa da una parte all’altra della strada in cerca del locale più affollato possibile.
C’erano un Cafè letterario e uno Starbucks nella via. Il primo aveva l’illuminazione stranamente bassa per un posto dove si dovrebbe leggere, ma il secondo… Un pizzicore familiare alla coscia lo fece rallentare e per poco acconsentire distrattamente alle parole di Andrew
“Sì, io pensavo a qualcosa di più appartato, sai…”
Lo Starbucks andava benissimo. Puntò dritto da quella parte ed Andrew, suo malgrado, gli corse dietro.
Il bar, all’interno, brulicava come un qualsiasi suo omonimo alle cinque del pomeriggio di un giorno festivo. Milkshake e bevande ghiacciate correvano sul bancone di mano in mano, mentre l’aria era carica di chiacchiere, ordinazioni e una finta sensazione di freschezza, data principalmente dai colori chiari di ogni tabellone esposto. Nella lista dell’anti-sesso, decisamente in top ten dopo i calzettoni di spugna e i pranzi della domenica.
La fila alla cassa diede loro modo di scegliere con calma cosa prendere, ma anche al braccio-arpione e alle dita-ventose di rifarsi avanti.
“Offro io.” Andrew si fece avanti, gonfiando il petto e non finendo per poco addosso alla signora di fronte.
“No, dai, avevo detto che offrivo io.” Sebbene la tentazione di ordinare la cosa più costosa sul menù e fargliela pagare era forte.
“Non c’è bisogno che offri tu.”
“Ma lo faccio con piacere.” Insomma.
“Sì, non devi dimostrare niente.”
“Benvenuto da Starbucks, cosa prende?”
“Non sto dimostrando niente.” Colin faticò tantissimo a mantenere il sorriso e un tono di voce contenuto. Si sottrasse a quelle mani moleste con tutta la stizza trattenuta in precedenza. “Facciamo che ognuno paga il suo e basta.”
“Sì, non ho bisogno che qualcuno paghi per me.”
“Non-”
“Signori? Ordinate o fate passare gli altri clienti, per piacere.”
Si voltò a guardare la faccia perplessa del barista. Oddio, sì, che figura. Ora che ci faceva caso, cominciava anche a sentire l’odio alle sue spalle.
Alzò velocemente lo sguardo, in cerca dei numerosi tabelloni che pubblicizzavano la bevanda che, in teoria, aveva già scelto.
Un dito smaltato di nero corse in suo aiuto, battendo su un poster appeso al fianco della cassa. Il barista gli sorrise - tutto efelidi e labbra strette - e si concentrò sul suo accompagnatore.
Ecco, Andrew non sembrava aver apprezzato l’interruzione, nè tantomeno il menù.
“Qual è la cosa meno dolce e zuccherosa che avete in questo posto?” Chiese, doppia dose di supponenza.
In uno sprazzo d’irrazionalità, persino quello gli diede fastidio. Senza pensarci ulteriormente, con il solo scopo di irritarlo quanto aveva fatto lui fino ad ora, Colin ordinò la cosa più banale e melensa che gli venne in mente.
“Un latte macchiato doppio” disse. Poi, siccome non era abbastanza, “extra cacao” e ancora, “extra schiuma.”
“Per favore” aggiunse infine, perché il barista - una veloce occhiata alla sua targhetta - Ian aveva cominciato a fissarlo stranito e, giustamente, nauseato.
Anche Andrew e, miracolo, non stava più provando a toccargli il culo!
A sbloccare la situazione arrivò un colpo di tosse falso quanto un Ray-ban a cinque sterline dall’uomo in fila dietro di loro.
“Un caffé senza zucchero?” Consigliò il barista, che continuava tuttavia a fissare Colin.
“Sì, sì” la risposta altrettanto distratta di Andrew.
Colin riprese la sitazione in mano e si spostò su un tavolino libero, vicino alla vetrina, in attesa del suo ordine.
Ordine che arrivò meno di cinque minuti più tardi, su un vassoio praticamente sbattuto dove un secondo prima c’era la mano audace di Andrew.
“Uhm, grazie” Colin non sapeva quanto essere effettivamente grato e quanto spaventato di quella tentata asportazione di dita. Che il barista, Ian, si fosse accorto dell’andamento disastroso di quello pseudo-appuntamento e simpatizzasse per lui?
Il latte macchiato gli fu appoggiato davanti con una delicatezza agli antipodi della rudezza appena mostrata. C’erano, una quantità imbarazzante di schiuma, e tanti cuori di polvere di cacao sul piattino, altrettanto imbarazzanti.
“Mi sono permesso” Ian gli allungò un fogliettino “di aggiungere il mio numero al conto.”
Andrew sbiancò.
Persino Colin rimase a bocca aperta.
Ian non smise di porgergli platealmente quel foglietto, ma anzi scuotè il proprio braccio finché delle linee nere sulla pelle non furono ben visibili oltre l’orlo slacciato della manica.
Colin non riuscì a staccargli gli occhi di dosso. A partire dall’incavo del gomito fino al polso, tra macchioline appena visibili e pelle d’oca, parole familiari scivolavano sulle vene e sembravano pulsare a ritmo del battito di un cuore. Il pizzicore alla coscia non era mai stato così forte.
“Chiama quando vuoi.” Ian lanciò un’occhiataccia a Andrew, ma fu il solo indizio di fastidio che mostrò. Per il resto, sembrava gli avessero appena regalato il sole. “Mi trovi sempre qui.”
E, oh, Colin non avrebbe mai osato sperare tanto, soprattutto per la fine di quell’appuntamento.