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Missione: M3
Prompt: 02. La triade: tre persone hanno una relazione, ciascuno con gli altri due
Fandom: Originale
Rating: G
Warning: /
Note: /
L’incoerenza dei ricordi
Al volante
L’auto di Jasper era tale solo alla motorizzazione. In realtà, di sua madre, ma tant’è. All’atto pratico, Wendy era l’unica che si ricordava di metterci sempre il gasolio e la usava per andare a prendere a scuola i bambini a cui faceva da babysitter. Robin non poteva fare a meno di prenderla in prestito almeno una volta al mese per i suoi weekend fotografici. Jasper la usava più che altro per trasportare le sei taniche d’acqua che riempiva al distributore del quartiere.
Senza un vero proprietario, dunque, avevano dovuto escogitare un metodo veloce ed efficace per decidere l’assegnazione dei posti a sedere quando erano insieme. Come quella sera, per andare al cinema.
“Hai i tacchi.” Jasper puntò i piedi di Wendy con un dito. Alti e sottili, gli sembravano scomodissimi per guidare, se non proprio pericolosi.
“Guido benissimo con i tacchi.”
“Sicura?”
“Meglio di te.”
“Ok, ragazzi” Robin alzò le mani, una chiusa a pugno sull’altra aperta. “Al tre.” E cominciò a contare.
Se Wendy sui tacchi era un fenomeno al volante come diceva, non lo scoprirono quella sera.
Al secondo giro, Robin si guadagnò le chiavi dell’auto.
“Per chi sta davanti?” Chiese Jasper a Wendy. All’assenso della ragazza, contò fino a tre e calò sul palmo aperto forbici.
Wendy esultò, sventolandogli davanti alla faccia il pugno vittorioso.
Ci sono sauri e sauri
Solitamente, Robin era felice che il suo fratellino avesse ereditato la sua stessa passione per l’arte e disegnava in sua compagnia con piacere. Anzi, si poteva dire che il loro fosse proprio un rituale. Sgombravano il tavolo in cucina e sistemavano a dovere i materiali; uno tele già schizzate e acrilici, l’altro fogli A4 e colori a cera. Al momento, Nicolas stava passando un periodo artistico facilmente riassumibile in “dinosauri” e anche Robin aveva deciso di dargli una possibilità. A suo modo.
“Questo” diede l’ultima pennellata alla sagoma squadrata che aveva davanti “è un eterosauro.”
Nicolas approvò con un mugugno, mettendosi la punta del colore rosso contro la bocca.
“Assomiglia a uno peterodattilo.”
“Vero.” Prese un po’ di nero e andò a delineare meglio le ombre di un’altra figura. “Questo un demisauro.” Ne puntò un altro. “Questo è un arosauro che è finito per sbaglio tra i lesbiosauri.”
Nicolas assentì di nuovo, con gli occhietti assottigliati.
“Questi tre sono poligamosauri.”
“Come te!”
“Già, proprio come me, Wendy e Jasper. Poi ci sono i monogamosauri, che però pascolano altri campi.”
Nicolas cambiò colore e indicò con l’arancione lo sgorbietto che occupava la maggior parte del suo disegno. “Poi arriva il tirannosauro che se li mangia!”
Fu il turno di Robin di annuire. “Sì, il tirannosauro, della famiglia degli omofosauri, ordine degli imbecillosauri. Ti è venuto proprio bene.”
Nicolas sorrise a venti denti.
Ramanzina doppia
Wendy faceva fatica a far capire ai suoi fidanzati che c’era differenza tra il dimenticarsi di mangiare perché sovrappensiero e la tendenza all’anoressia. Tanta differenza. E tanta fatica.
Per loro non ci si poteva dimenticare di mangiare. Avevano sempre fame, loro. E mangiavano come se temessero che qualcuno potesse rubargli il piatto da sotto il naso, loro.
Per lei era un po’ diverso. C’erano talmente tante cose che incidevano sul suo appetito: lo stress, i turni frenetici a lavoro, i prevedibili imprevisti, il ciclo, le chiamate delle sue amiche lunghe un’ora, i Brangelina che si rimettevano insieme in diretta… Poteva capitare che saltasse un pasto. Era salutare? Non proprio. Ne era consapevole? Sì, diamine.
“Che cosa hai mangiato oggi?”
“...Del caffè.”
Ed ecco che Jasper la guardava come se gli avesse detto di aver calciato un gatto giù dalle scale. La ramanzina stava per arrivare, e non si sarebbe fermata per un bel po’.
L’entrata in salotto di Robin le diede un’inattesa speranza. “Robin, puoi…?” Gli fece cenno verso la macchinetta inceppata, ma anche questa aveva notato la new entry.
“Chiedile che cosa ha mangiato oggi.”
Un’intesa che disapprovava rimbalzò da sguardo a sguardo, e anche l'espressione di Robin si offuscò.
“Che cosa hai mangiato oggi?”
Wendy sospirò. Stava per passare dalla padella alla brace.
“... Del caffè.”
Il filo del destino
Il “lavoro a maglia” era quella cosa che riusciva benissimo a Wendy, incuriosiva terribilmente Robin e lasciava Jasper con seri dubbi sulle leggi fisiche che governavano quello strano fenomeno. Che poi la madre di quest’ultimo avesse improvvisato un corso accelerato quel pomeriggio a casa sua, era ancora da definire una cosa buona o meno.
Tra tutti e sei i genitori, era quella che meno si faceva problemi per la loro relazione. Tanto bastava ad eleggerla “Best Mom dell’anno”. Però a quel corso lui non ricordava affatto di aver acconsentito.
Eppure eccolo lì, a sfilacciare un lavoro mal riuscito, così che Robin potesse riavvolgere il filo in una matassa ordinata e a Wendy arrivasse la giusta lunghezza per portare avanti la magia. Stava venendo fuori una bella sciarpa, sebbene il suo contributo fosse il più discutibile. E il tintinnio costante dei ferri era quasi rilassante.
Sua madre tornò dalla cucina, dove era andata ad assicurarsi che i biscotti in forno cuocessero bene. Annunciata dallo squillare del cellulare, entrò con l’apparecchio telefonico incastrato tra l’orecchio e la spalla, quattro spuntoni in una mano e un vassoio con quattro bicchieri nell’altra. Si fermò a guardarli.
“Scusami Marilù, ora non posso parlare. Sono al cospetto delle Tre Parche.”
Wendy sorrise, senza fermare il proprio lavoro. “Adoro tua madre.”