Settimana: 2
Missione: M2
Prompt: 3. Libertà
Titolo: Tubature
Fandom: Genshin Impact
Rating: sfw
Warning: /
Note: /
Da quando Wriothesley era al Forte Meropide, come prigioniero prima e come Duca poi, non era mai successo che qualcuno rimanesse incastrato nelle tubature. I canali del forte erano semplicemente o troppo ampi, o troppo stretti, o troppo sigillati. Si, ogni tanto qualcuno si perdeva. Ogni tanto un addetto alla manutenzione scambiava le condutture per l'acqua calda con quella fredda. E almeno una volta all'anno qualcuno girava la valvola sbagliata e un'intera sala finiva a mollo con i pesci. Ma incastrato? Dove?
"Su un nastro trasportatore al piano inferiore, sua eccellenza."
Wriothesley annui per indicare che stava ascoltando. "Fai strada.”
La guardia, un giovane uomo tanto perplesso quanto curioso, non se lo fece ripetere e marció a passo sostenuto fino all'ascensore. Lo condusse fino all'area nord-ovest del piano di produzione, dove quella settimana mezza dozzina di nastri trasportatori lasciavano agli operai ruote dentate e si riprendevano motori per scafi quasi del tutto assemblati. Erano fermi, al momento. Intorno a uno dei più grandi, in fondo alla sala, si era radunata un po' di gente.
La folla si aprì al passaggio del Duca. Dalla bocca della conduttura uscivano gli ingranaggi di un motore, accavallati a dei cavi, accavallati ad altri ingranaggi. Se c'era qualcuno di vivo dietro quella frana di metallo, non era a vista d'occhio.
Wriothesley alzó una mano per fare cenno alla folla di zittirsi. Un momento dopo, un'altra guardia si fece avanti senza ulteriori istruzioni - per spiegargli la situazione, voleva sperare. Fu preceduta da un eco proveniente da dentro la conduttura.
“Ehilà? C'è ancora qualcuno?”
Quindi c’era davvero una persona incastrata.
“Gente? Per favore, ho bisogno di aiuto per uscire!”
Giovane. La voce di un ragazzino. Che uno dei pochi teppistelli di strada rinchiusi laggiù si fosse perso, per poi rimanere intrappolato?
“Sta calmo, non sei solo,” cercò di usare il suo tono più rassicurante, come quello riservato agli altri orfani, più di una vita fa. “Siamo qua fuori e ti libereremo presto.”
“D’accordo, solo… co-continuate a parlare?”
Wriothesley si rivolse alla guardia al suo fianco. “Hai sentito, Farlan? Parla e dimmi chi c’è là dentro, come ci è finito e soprattutto come lo tiriamo fuori.”
“È un visitatore eterno, vostra eccellenza. non sappiamo perché si sia avventurato quaggiù, Clarisse è corsa a prendere il registro delle visite e a chiamare i meccanici e-”
Il Duca lo interruppe per gridare dentro la conduttura. “Ragazzo! Come ti chiami?”
La risposta arrivò con un secondo di ritardo e, vuoi per l’eco o vuoi per lo spavento, tremava. “Mi chiamo Bennett, signore.”
“Sei ferito, Bennett?”
“Non credo, signore. Sono solo un po’ indolenzito per la posizione. E credo di essermi graffiato i palmi cadendo, e forse anche le ginocchia, ma sto bene!”
In qualche modo, Wriothesley ne dubitava. Cercò di analizzare la situazione il più velocemente possibile.
La tubatura era troppo piccola per un adulto, persino per una donna. Forse Sigewine sarebbe riuscita a entrare, ma non potevano rischiare la sicurezza dell’unica là sotto in grado di eseguire manovre salva-vita, soprattutto se c’era la reale possibilità che avessero bisogno di lei - e il suo istinto gli diceva che ne avrebbero avuto bisogno.
Cercare di rimuovere gli ingranaggi instabili avrebbe potuto fare del male al ragazzo; congelare la struttura per mantenerli in posizione lo avrebbe reso un ghiacciolo; invertire il nastro trasportatore avrebbe fatto di lui una frittella bucherellata.
Aspettare i meccanici era probabilmente l’opzione migliore.
“Ascolta, Bennett, ora le guardie faranno sgombrare la folla", lanciò un’occhiata eloquente a Farlan e ai suoi colleghi, “così i meccanici avranno tutto lo spazio che gli occorre per lavorare. Resterò io a parlare con te. Voglio che resti calmo e mi racconti come sei finito così. Va bene, ragazzo?”
“Sì, signore.”
“Wriothesley.”
“Come?”
“È il mio nome. Sono il responsabile di Forte Meropide.”
“...Mi dispiace di averla scomodata, signore.”
Wriothesley sorrise al tono sconsolato percepibile anche attraverso l’eco. “Non ti dispiacere, il mio lavoro comprende anche gestire questi casi. Gli incidenti capitano.”
Questa volta ad arrivare fu un verso disarticolato e persino più sconsolato del precedente.
Ci volle più di un’ora per tirare Bennett fuori dal suo groviglio di metallo. I meccanici furono meticolosi, ma davvero lenti, tant’è che a un certo punto non ci fu più bisogno di tenere lontani i curiosi: la curiosità svanì, soppiantata dalla noia. I prigionieri tornarono ai loro incarichi, le guardie alle ronde.
Wriothesley rimase, come promesso, accanto al ragazzo. Lo fece parlare della sua terra d’origine, Mondstadt, e dei suoi amici, un ragazzo-lupo e una giovane suora. Gli chiese della sua famiglia, per poi dirottare subito altrove, non appena capito che l’essere orfani li accomunava.
Dopo un’ora di parlantina, Bennett aveva la voce gracchiante degli assetati e Wriothesley avrebbe potuto scrivere una biografia su quel piccolo, sfortunato meccanico. Dopo un’ora di parlantina, l’ultimo ingranaggio cadde a terra con un tonfo definitivo e Bennett tacque.
“Ci sei, ragazzo. Ora puoi venire fuori.”
Dalla conduttura squartata spuntò una mano, seguita da un braccio, seguito da tutto il corpo. Un ragazzino unto e traballante sulle proprie gambe si issò dallo scheletro di metallo direttamente tra le braccia dei meccanici, che lo agguantarono giusto in tempo per non farlo finire con il sedere per terra.
Sigewine, arrivata cinque minuti prima, corse da lui. Anche Wriothesley si avvicinò.
Lo sguardo di Bennett sorvolò la capo-sala per soffermarsi su di lui, un luccichio consapevole ad accenderlo. Con un po’ di fatica, sollevò gli angoli della bocca. “Finalmente libero!” Gracchiò, per poi chinare il capo. “Signore.”
Wriothesley gli scompigliò la zazzera bianca. “Benvenuto a Forte Meropide, Bennett. Vieni a prendere una tazza di tè con me.”