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Settimana: 3
Missione: M2
Prompt: Singolarità
Titolo: Ricerca sul campo
Fandom: Genshin Impact
Rating: sfw
Warning: /
Note: /
Picco del Drago era terrificante come promesso. Stevens non aveva problemi ad ammetterlo: non si era mai sentito tanto in soggezione in vita sua, neanche di fronte ai Cavalieri di Favonius, e l’idea di doversi inoltrare in quella montagna lo riempiva di paura al pari di un tacchino troppo farcito. Eppure l’avrebbe fatto, avrebbe scalato i sentieri innevati e impervi del picco più temuto del regno, e disceso nelle sue viscere piene di fredde spine; anche più volte se necessario. Tutto per amore della sua ricerca. Per un futuro più prospero. Per l’onore e la gloria di Mondstadt, dell’Archon e della Gilda degli Avventurieri. E per un po’ di sana notorietà e mora.
Barbatos solo sapeva se ne aveva bisogno, in particolare negli ultimi tempi. Il carrettiere che lo aveva trasportato dalla collina Primaluce fino alle pendici del Picco del Drago aveva preteso una cifra a dir poco scandalosa. Si era rifiutato, inoltre, di accompagnarlo fino all’accampamento sul Sentiero Innevato, lasciandolo a circa duemila passi – in salita – dall’insediamento. Troppo scivoloso per i cavalli e troppo stretto per il carro, aveva detto.
Come no. I materiali per tirar su l’accampamento i suoi predecessori non li avevano certo portati su a mano. Ma, per amor di quiete, Stevens aveva lasciato perdere la questione, lanciato sdegnosamente in mano al truffatore i suoi mora ed era sceso dal carro.
Gli stivali di lana di capra erano affondati fin quasi a metà polpaccio. Poco più in là, il timido e ostinato sentiero di neve compatta prometteva meno morbidezza, e anche meno stabilità. Il vento, ora libero di sferzarlo a suo piacimento, cercava di intrufolarglisi tra i vestiti in tutti i modi e, quando non ci riusciva, si accontentava di schiaffeggiarlo in faccia con tanta freddezza da fargli pizzicare gli occhi. E il Picco del Drago, dall’alto della sua incombenza, a guardarlo duro e un po’ schifato – come un guerriero enorme e piazzato, che disapprova il figlio scoordinato e paffuto che gli è toccato in sorte. O come il drago che riposa su di esso deve aver guardato ogni essere umano che abbia avuto la malaugurata sorte di finirgli tra gli artigli.
Stevens non aveva osato lanciare uno sguardo di sfida, né uno sguardo vero e proprio in effetti. Si era rimboccato la sciarpa intorno al viso e, dicendosi che indietro non si poteva tornare, si era avviato su per la montagna.
§
In realtà, il Picco del Drago non era esattamente una montagna solitaria, ma poco ci mancava. Alto com’era lui, e bassi com’erano gli altri che gli stavano intorno, sembrava un padre che veglia sulla sua prole. Pochi erano gli esploratori che negli anni si erano avventurati sulle sue pareti, tentando una scalata. Negli ultimi mesi, però, l’interesse nei suoi confronti – e il viavai - era aumentato, tanto da decidere di erigere ben due accampamenti. Tutto merito della scoperta delle grotte che portavano al cuore della montagna, sede di ricche possibilità. O possibili ricchezze, dipendeva a chi lo si chiedeva.
L’accampamento sul Cammino Innevato era il più grande per ora, nel senso che aveva cinque baracche invece che tre, un medico e avventurieri anziani e arrivavano rifornimenti quasi settimanalmente. Lo gestiva e amministrava l’avventuriere Maurice, un uomo poco sveglio e tanto superstizioso, a detta di molti. Fu proprio lui il primo ad avvistare l’arrancare di Stevens e ad accoglierlo nell’insediamento.
Nella sua passeggiata evitabile, Stevens era scivolato e caduto due volte. Sentiva i piedi e il sedere umidi, non sapeva se di sudore o d’acqua, e le cinghie dello zaino avevano scavato attraverso tre strati di vestiti fino ad irritargli la pelle delle spalle. Temeva di essere atterrato sulla sua attrezzatura e di aver fatto danni; stesso concetto per il polso destro, che gli mandava fitte per tutto il braccio.
Era sicuro di aver camminato per almeno un quarto di candela. Aveva fame. Batteva i denti. Per questo dovette macchiarsi di una maleducazione che, in altri frangenti, lo avrebbe fatto oltremodo vergognare: quando il Maresciallo B gli rivolse le sue prime parole, si suppone di benvenuto, lui non solo non capì una sillaba, ma si aggrappò alla sua persona implorando con voce rauca “Aiuto”.
Che imbarazzo.
Maurice aveva borbottato come una pentola di minestrone. E di nuovo Stevens non aveva capito una parola. L’avventuriere allora lo aveva scosso un po’ per le stesse braccia che gli aveva gettato addosso. “Come dici, giovanotto?”
Tralasciando il fatto che nessuno lo chiamava più “giovanotto” da qualche anno, e a buona ragione, forse si poteva salvare un po’ di dignità.
“B-Buongiorno signore,” spinse fuori dai polmoni tutto il fiato che riuscì a racimolare “sono il nuovo ricercatore, Stevens-”
“Oh, certo, certo! Aspettavamo il tuo arrivo, ma per la miseria, giovanotto! Non potevi prendertela comoda e arrivare l’indomani? Ho appena perso 30 mora.”
Forse il vento gli aveva temporaneamente danneggiato l’udito. “Comoda, sì… Forse avrei dovuto.” Affittare un cavallo. Finanziare la costruzione dei sentieri battuti e dei totem di fuoco fin lassù. Qualunque altra cosa.
Maurice lo invitò dentro una tenda.
Nei dieci, estenuanti, ulteriori passi che il picco del Drago richiese per arrivare al meritato riposo, Stevens deve ammettere che si guardò ben poco intorno. Registrò l’ombra di altre tende, cataste di legno e basse costruzioni, il sale gettato a manciate sui percorsi pedonali e l’assenza giustificabile di persone in giro. Poi il calore di un braciere e l’odore speziato di montone affumicato alla radice di menta lo accolse e scacciò via tutto il male del mondo.
Lì al centro, su un rialzo circolare in pietra annerita, un fuoco scoppiettante ardeva meravigliosamente allegro e lavava via dagli occhi il candore abbacinante del paesaggio innevato. Ancora più meravigliosa la carne che ci arrostiva sopra, su una graticola stracolma.
A separarlo dall’agognato tepore, un paio di file di panche che circondavano il braciere su tre lati, per lo più occupate. A trattenerlo dallo schizzare in avanti, la presa dell’avventuriere – che avrà avuto pure poco acume in dote, ma la vita aveva compensato con una stazza sufficiente a incutere rispetto.
“Vi presento l’illustre Stewart. Da oggi si unisce a questo corpo di ricerca e alle prossime spedizioni fino a… beh, fino a quando sarà soddisfatto immagino.”
Una decina di figure si voltarono simultaneamente a guardarlo. Con le fiamme danzanti dietro, ne scorgeva solo le sagome e lo scintillio degli occhi scontenti.
“Stevens. Il nome è Stevens.”
La sua avventura sul Picco del Drago era appena cominciata.